La straordinaria scoperta è stata fatta per caso durante i lavori di manutenzione sul laghetto presso il campo da golf al Tetney Club nel luglio 2018.
Un personaggio di alto rango
La tomba, sostengono gli studiosi, mostra numerose prove che si trattava della sepoltura di una persona molto apprezzata all’interno della società o di alto rango.
La bara, lunga tre metri e larga un metro è ricavata scavando un unico tronco d’albero. Sono stati usati rami di tasso e di ginepro per avvolgere e proteggere il corpo, un coperchio, ricavato sempre da un tronco, sigillava il prezioso corpo e il tutto fu ricoperto da un tumulo di ghiaia.
Queste attenzioni erano concesse, nell’Età del Bronzo, solo a persone con uno status elevato all’interno della società.
L’ascia trovata all’interno in perfette condizioni, secondo gli archeologi, ha caratteristiche molto particolari, sembra più un simbolo di autorità che uno strumento pratico, viene perciò definita “ascia cerimoniale”; in Gran Bretagna ne sono state rinvenute solo 12 di simili!!
Qui si esaurisce la cronaca del ritrovamento secondo le fonti della BBC NEWS o The Guardian, ora permetteteci di fare qualche osservazione personale.
Similitudini – tutte con il martello
Il «viandante» di Carpene
Tra le numerose incisioni rupestri della Val Camonica troviamo il cosiddetto «viandante», inciso sulla roccia tra ben oltre settecento altre raffigurazioni.
È una figura di grandi dimensioni. Il corpo è un rettangolo dai cui angoli si diramano quattro arti monolinei, con mani e piedi risolti con dei circoletti. La testa, sproporzionatamente piccola, si sorregge sopra un curioso scollo a V. Il pene è indicato da una breve linea tra le gambe. La figura impugna nella destra un oggetto che potrebbe ricordare, appunto, il maglio impugnato dal «dio col mazzuolo».
Charun e Vanth
Nella mitologia etrusca, Charun (o Charu) era uno psicopompo del mondo sotterrano chiamato Ade Charun (il nome si ricava da alcune iscrizioni etrusche) si trova riprodotto su pitture tombali, sarcofagi, urne, stele sepolcrali e vasi.
È il nome equivalente della figura della mitologia greca Caronte. Nell’illustrazione tipica appare però molto differente da Caronte, rappresentato, di solito, alla guida di una barca, munito di remo, con funzione di traghettatore di anime. Il demone della morte degli Etruschi è, invece, una figura che accompagna i defunti nell’ultimo viaggio, a piedi, a cavallo o su carro, verso l’oltretomba, strappandoli al saluto dei propri cari e scortandoli verso la loro meta finale.
Talvolta viene rappresentato a protezione delle porte dell’Ade (come, ad esempio, nella Tomba dei Caronti e nella Tomba degli Anina a Tarquinia) o comunque in connessione con la morte (come, ad esempio, nella Tomba François a Vulci).
Si presenta con barba, naso d’avvoltoio ed orecchie aguzze ed indossa corta tunica ed alti calzari.
Nelle pitture funerarie viene raffigurato con un colore bluastro.
Talvolta ha dei serpenti attorno alle braccia ed ali enormi (come, ad esempio, nella Tomba dell’Orco a Tarquinia).
Regge in mano un martello, il suo simbolo religioso, simile all’ascia bipenne romana. Talvolta è munito anche di spada.
È spesso accompagnato dalla dea Vanth (come, ad esempio, nella Tomba degli Anina a Tarquinia e nella Tomba François a Vulci), una dea alata anch’essa associata al mondo sotterraneo.
Relativamente al significato del martello si è pensato che lo stesso servisse per chiudere i chiavistelli delle porte dell’Ade, impedendo così ai defunti di tornare indietro o per colpire le sue vittime.
Alcuni autori (Franz. De Ruyt) lo comparano al dio celtico Sucellos, poiché anche quest’ultimo ha in mano un martello ed ha la stessa funzione di dio della morte.
Sucellus: il dio-martello
Sucello era il dio con il grande martello e la canna, presumibilmente un dio dell’abbondanza.
In alcune immagini appare sempre con un Mazzuolo talvolta anche molto grande. Due immagini di lui includono, oltre il martello, un corvo e un cane a tre teste. Il corvo e il cane erano entrambi animali ctoni nella mitologia celtica.
.
Silvanus
Silvanus è un dio celtico mascherato da un nome romano. Appare spesso come una variante del “dio martello celtico”, con il suo mazzuolo e la sua pentola, una corona di foglie sulla testa e un mantello di pelle di lupo.
Sotto forma di Sucellos Silvanus proteggeva i luoghi selvaggi, oltre a vigneti e pascoli. Gli venivano offerti minuscoli martelli di legno, che ricordano i martelli indossati dai seguaci di Thor.
Dis Pater
Dis era originariamente il dio romano della ricchezza, del suolo fertile e delle ricchezze sotterranee, che venne equiparato a Plutone, Orco e Sorano.
Dis era originariamente associato a fertili terreni agricoli e ricchezze minerarie e, poiché quei minerali provenivano dal sottosuolo, in seguito fu identificato con le divinità ctonie Plutone (Ade) e Orco.
Dis Pater non veniva sempre utilizzato per usi così elevati. Tertulliano, un padre della Chiesa primitiva, scrive:
Abbiamo riso dello spettacolo del tuo gioco degli dei di mezzogiorno, quando padre Plutone, fratello dello stesso Giove, trascina via, martello in mano, i resti dei gladiatori; quando Mercurio, con il suo berretto alato e la bacchetta riscaldata, prova con il suo cauterio se i corpi erano davvero senza vita, o fingevano solo la morte.
Ad Nations I:10:47
Due schiavi vestiti da Dis Pater e Mercurio assistevano i gladiatori caduti: “Mercurio” li pungolava con il suo caduceo infuocato per testare se fossero davvero morti, e poi “Dis Pater” li trascinava via, e il loro sangue veniva offerto a Giove Latiaris .
(Guttman: 13)
Possiamo perciò affermare che i Gladiatori gravemente feriti venissero “terminati“ da un boia travestito da Dite.
Giulio Cesare scrisse che i Galli credevano di discendere da Dis Pater.
Le parole esatte di Cesare furono:
Tutti i Galli affermano di discendere dal dio Dis, e dicono che questa tradizione sia stata tramandata dai Druidi. Per questo motivo calcolano la divisione di ogni stagione, non per il numero dei giorni, ma delle notti; tengono i compleanni e l’inizio dei mesi e degli anni in un ordine tale che il giorno segue la notte.
(De Bello Gallico VI: 18, trad. WA McDevitte e WS Bohn
Molto probabilmente Dis Pater e Sucellus erano dei simili, o almeno soddisfacevano bisogni simili.
Ipotesi
Abbiamo visto qualche esempio ma nella lunga lista degli dei “legati alla morte” il mazzuolo o il martello è ricorrente.
Possiamo perciò ipotizzare che “il mazzuolo” fosse legato al passaggio dalla vita alla morte. Esiste qualche precedente?
Dalla Scozia una interessante pietra
Tap o’ Noth – Rhynie in Aberdeenshire, Scozia, un sito dal nome derivato dalla prima parola celtica rīg, che significa “re“, per gli archeologi che lo stanno studiando era un importante insediamento dei Pitti.
Nel 1978, un contadino locale ha arato una spettacolare pietra pitta scolpita a sud del villaggio. Conosciuto come Rhynie Man, raffigura una figura barbuta con denti appuntiti che trasporta un’ascia distintiva.
“Pensiamo che questa ascia potrebbe essere stata una versione simbolica di un martello che veniva usato per uccidere mucche e buoi, forse come parte di un rituale“, afferma Evans, il direttore degli scavi.
I reperti archeologici del sito includono una testa di ascia in pietra datata circa 2000 a.C. e uno “spillone” in lega di rame a forma d’ascia che potrebbe essere stato un fissaggio per un mantello.
S’accabadora una figura temuta ma necessaria
In tempi remoti, e forse anche relativamente recenti, la femina accabadora era una figura presente in alcune aree della Sardegna: una donna vestita di nero che aveva la funzione di “finire”, di porre termine alle sofferenze di un moribondo, o di un anziano bisognoso di cure troppo impegnative, che in una società rurale potevano significare un problema per la sussistenza dell’intero nucleo familiare.
In Gallura, nel Museo etnografico di Luras è conservato proprio l’unico “mazzolu” , un martello di legno di olivo selvatico, che apparteneva ad una donna che operava come levatrice e come accabadora fino agli anni ’40 del secolo scorso.
Non deve stupire che in diversi racconti la figura dell’accabadora coincida con quella della levatrice, perché in passato la nascita e la morte venivano considerati momenti naturali del ciclo della vita.
La studiosa di antropologia Dolores Turchi, ha scritto un libro, Ho visto agire s’accabadora, dove raccoglie la testimonianza di un’anziana donna che racconta del suo incontro con una accabadora.
Qui il video
Dimenticavo le Civiltà Megalitiche, quasi totalmente ignorate dall’archeologia ufficiale e che invece rappresentano una parte fondamentale della storia europea. Oltre a voi, al signor Vinci e a qualche appassionato, in pochi le indagano, perlomeno in Italia
Interessandomi ai miti del passato e seguendo l’archeologia, ho sempre più la netta impressione che i popoli dell’antichità abbiano attinto e sviluppato le varie culture da un’unica fonte, diversificandole nel corso del tempo, ognuno con le proprie peculiarità.
Devo farvi i miei complimenti. State infilando una lunga serie di articoli uno più prezioso dell’altro. Davvero complimenti.
Solo una cosa non mi torna. L’ascia bipenne in Roma, ma in generale in tutta l’Europa. A livello europeo essa fu caratteristica tipica di Creta, e tale rimase per migliaia di anni. Per quel che riguarda il fascio littorio romano si tratta di una scure a lama singola. Da quello che so l’ascia bipenne si diffonde copiosamente nel continente europeo solo nel Medio Evo. Dal 4800 a.c. al 500 a.c. circa l’Italia è letteralmente tempestata di migliaia di sepolture di guerrieri e sacerdoti con corredi funerari che comprendono asce (spesso anche più di una + spade, pugnali, lance, coltelli sacrificali, dischi solari, frecce), e più raramente accette o scuri, a lama singola. Nel resto del continente la cosa è, se non identica, poco ci manca. Per quel che riguarda la nostra amata penisola, l’oggetto, oltre ad essere un attrezzo da lavoro, un’arma e un simbolo di prestigio, è soprattutto talmente carico di simbolismi sacrali (con buona probabilità uranici, celesti, solari, astrali) che, a partire dal 4500 a.c. circa lo si ritrova sporadicamente anche in sepolture femminili (Cultura del Vaso a Bocca Quadrata. E forse non solo). Si suppone fossero dominae o sacerdotesse, forse più probabilmente sciamane, comunque figure di prestigio. Costumanza questa che, sia per i maschi che più raramente per le femmine, si protrae su tutto il territorio, a macchia di leopardo, sino al 6° sec. a.c. inoltrato (forse anche 5° secolo, vedi ad esempio i Piceni se non ricordo male). Ed anche in alcune sepolture femminili, a partire dall’inizio dell’Età del Ferro, oltre alle asce troviamo coltelli sacrificali e dischi solari. In territorio miceneo, così vicino a Creta, la bipenne è scarsissimamente attestata (al momento) e la si ritrova raramente in alcune ed incredibilmente sontuose sepolture principesche maschili. Se ne trovano anche 2 o tre per sepoltura. Qui si ha a che fare con asce palesemente di tipo minoico con tutti gli annessi e connessi di tipo sacrale. Sempre stando ai miei studi (e magari non sono aggiornato, il che può essere) le uniche eccezioni sono la Tomba del Littore (Vetulonia), databile attorno al 600 a.C. dove abbiamo un oggetto di ferro ossidato a forma di fascio, composto da un gruppo di verghe unite insieme con in mezzo un’ascia a doppio taglio. Presso i potenti Nuragici abbiamo la miniatura di una bipenne, un piccolo oggetto di oreficeria. Da quel che so questo è tutto. Questo allo stato attuale delle conoscenze, però ripeto, magari non sono aggiornato.
Per il resto davvero ancora complimentoni. Soprattutto sull’Europa e l’Asia sino-siberiana, europea e scitica, preistoriche e proto-storiche (i miei principali interessi) questo sito è una chicca dopo l’altra. Ma anche relativamente al resto del globo non scherzate un c……
Gli ultimi articoli continuo a rileggerli, ma non solo gli ultimi, diversi anche non recentissimi
Ormai vi seguo con grande assiduità e vi sprono a darci dentro
Saluti
Riscontri come questi giustificano tutto il tempo dedicato alla ricerca, le lunghe telefonate trascorse a cercare di collegare i fili della storia, insomma tutto il nostro amore per questi argomenti. Che dire se non un grande grazie di cuore, ci hai dato una grande carica che ci permetterà di continuare con entusiasmo. Molto interessante anche la tua disquisizione, a questo proposito vorrei invitarti a leggere un articolo che tratta delle Asce bipenne: https://www.larazzodeltempo.it/2021/farfalla-dorata/