Monti di San Lorenzo è una località sul monte Caprione, nel comune di Lerici, a pochi chilometri da La Spezia. Qui negli anni Novanta è stato scoperto un sito megalitico che ogni anno, da circa ottomila anni, regala il fenomeno della farfalla dorata.
I blocchi di pietra non sono posizionati a caso, ma in modo tale che, nel periodo del solstizio estivo, gli ultimi raggi del sole, passando attraverso la fessura formata dalle rocce, proiettino l’immagine di una perfetta farfalla di luce su un monolite che si trova di fronte.
Nel periodo di una settimana antecedente e conseguente al 21 giugno l’immagine della farfalla è piena, ma è possibile osservare il fenomeno dal 25 maggio al 29 luglio, con piccole deformazioni in altezza e in larghezza, in ragione delle differenze di altezza e di azimuth del Sole. Indicativamente in un periodo che va dal 21 giugno al 21 di luglio, il fenomeno raggiunge il massimo splendore.
La Farfalla dorata
L’elemento principe di questo sito è il Tetralithon, costituito da quattro elementi, due che funzionano come ortostati, uno che funziona come completamento superiore, uno che funziona come completamento inferiore.
L’elemento superiore appare come una losanga, la cui cuspide inferiore modella, quando il tetralithon è attraversato dalla luce del Sole solstiziale estivo, l’innesto superiore delle due ali della farfalla dorata, che si forma al tramonto, quando l’altezza del Sole scende sotto i 3°.
L’elemento inferiore è fornito da una grande pietra trasversale, che porta in alto una gobba che contribuisce a formare l’innesto inferiore delle due ali della farfalla dorata.
La luce del Sole attraversa il tetralite, ne viene modellata, quindi va a colpire una grande pietra fallica che è opposta ad esso.
La presenza di fronde di alberi che ormai circondano il sito può far ritardare il tempo di inizio e anticipare il tempo di fine della formazione della farfalla dorata, oppure interromperla in fase intermedia.
Si deve notare che il funzionamento del tetralite, per potere dar luogo alla primitiva diapositiva preistorica, doveva avvenire quando gli alberi non erano ancora cresciuti in questo sito, che doveva allora essere soltanto ricoperto di erba e di acque (immediato periodo post-glaciale).
Genius Loci?
L’ipotesi che la “Natura abbia giocato uno scherzo” nel sito megalitico di San Lorenzo decade per la presenza sistemica di altri reperti che sono certamente stati costruiti dall’uomo.
Per formare la farfalla dorata occorre che le rocce del tetralite siano:
- orientate all’azimuth del tramonto del Sole Sostiziale Estivo, quando i raggi infrarossi assumono la massima potenza;
- posizionate ad una altezza da terra in modo che il fenomeno sia visibile dall’uomo che sta in posizione eretta;
- poste in opposizione alla grande pietra fallica su cui deve formarsi, su un piano ortogonale, l’immagine proiettata;
- la precedente condizione potrebbe essere ribaltata nel senso di ammettere che l’opera della natura abbia costruito in tutto o in parte il tetralite e l’opera dell’uomo abbia posizionato in seguito la grande pietra fallica, in modo da accogliere, su un piano ortogonale, l’immagine della farfalla di luce dorata.
La zona è facilmente riconoscibile da un geologo come ricchissima di acqua, ai tempi doveva essere in superficie, lo si intuisce dall’erosione delle rocce, ora è sotterranea.
Il grande muro orientato
A partire dal tetralite, in direzione del Sole che cala al tramonto del solstizio d’estate, si estende per circa quaranta metri un muro che sembra voler indicare un percorso sacro di avvicinamento verso il cerchio megalitico che contiene il tetralite. Si deduce ciò dalla presenza, lungo il muro a circa 30 metri in direzione del sole calante, una conformazione semi-ellitica, una esedra.
Chi ideò il sito? È veramente una farfalla?
La località, ci informano gli storici, è stata abitata dai Liguri, ai quali si unirono anche alcune tribù celtiche.
Secondo la nostra esperienza non riconduciamo il simbolo della farfalla a questi popoli, ma osservando con attenzione l’immagine proiettata ci sorge un dubbio che si tratti non di una farfalla ma di un’ascia bipenne.
L’ascia bipenne è uno dei simboli più caratteristici della tradizione iperborea primordiale.
L’arma di Thor è il martello Mijollnir equivalente per la sua conformazione all’ascia bipenne.
Uno degli attributi di Zeus era l’ascia bipenne (o doppia ascia) e la folgore.
Le sue tracce ci riportano alla preistoria, all’ultima epoca glaciale, al periodo paleolitico, in ogni caso, in base ai vari ritrovamenti preistorici in Europa, si può affermare che ci fu una notevole diffusione di essa in tutto il nostro continente, infatti la lábrys (λάβρυς, lidio; in greco antico πέλεκυς pélekys; in latino bipennis; in italiano anche ascia bipenne o bipenne) era una scure a due lame, simbolo del potere minoico.
La bipenne è ritenuta un simbolo sacro legato alle divinità femminili minoiche, in particolare della Grande Madre insieme all’acqua. Diverse labrys sono state rinvenute negli scavi del palazzo di Cnosso e la leggenda del Labirinto di Cnosso potrebbe condurre al relativo palazzo; è stato ipotizzato che il sostantivo labirinto derivi proprio da labrys, e che quindi il palazzo di Cnosso fosse definito il “palazzo delle labrys”. Questo strumento era anche legato a riti e sacrifici.
Negli anni ’70 il labrys è stato ripreso dal movimento lesbico come simbolo dell’indipendenza ed autosufficienza della donna.
Iliade e Odissea
Che dire di un particolare oggetto di cui ci parla Felice Vinci in Omero nel Baltico il Chermadion o che gli eroi greci talora impiegano come arma durante le battaglie e che è in grado di produrre devastanti ferite, soprattutto da taglio:
lo colpì Ettore/al capo con un chermadio; il capo si spaccò in due/nell’elmo robusto; prono sul cadavere/cadde
(IIiade XVI,577-580)
Così pure Diomede, ci suggerisce sempre Felice Vinci, attaccato da Enea mentre era privo della sua lancia, che aveva appena scagliato su Pandaro
prese un chermadio/… che non potrebbero in due, / i quali sono ora mortali; egli senza fatica lo faceva roteare da solo;/ colse con esso Enea sull’anca… gli fracassò il cotila e gli spezzò due tendini,/ la pietra scheggiata (trechys lithos) stracciò la pelle e l’eroe/ cadde e rimase in ginocchio
(IIiade V:302-308)
L’accenno alla ”pietra affilata” è evidente che si riferisce all’estremità dell’arma, un’arma atta sia ad essere lanciata che al corpo a corpo.
Particolare molto interessante messo in evidenza in Omero nel Baltico riguarda i chermadi utilizzati come <<sostegni di chiglie>> o <<ritegni delle rapide navi >> mettendo così in relazione “ascia” con il mondo della navigazione come evidenziato sui grafiti rupestri della Scandinavia, dove il binomio ascia-navi è frequentissimo.
Effettivamente la relazione tra navi ed asce potrebbe avere una pratica concreta, gli antichi navigatori dovevano avere un attrezzo da poter utilizzare in qualsiasi circostanza permettendo loro di trasformarsi in boscaioli, carpentieri o soldati.
Curiosamente nell’attuale lingua finnica il vocabolo che significa “pietra”, Kivi appare molto simile a quello che indica “l’ascia”, kirves.
Insomma come abbiamo visto è molto probabile che la farfalla dorata non sia una farfalla ma un’ascia bipenne molto usata sia dal mondo femminile sciamanico che dal mondo maschile dei navigatori, inoltre c’è chi sostiene che l’ascia bipenne potrebbe indicare le fasi lunari… ma questa è un’altra storia…
Ottimo lavoro!