Da oltre 50 anni l’archeologia sperimentale ha dimostrato che le antiche imbarcazioni erano in grado di tenere il mare grosso e seguire le correnti oceaniche.
Navigatori, ricercatori, storici e archeologi sono diventati possibilisti e molti si spingono ad attribuire le più antiche traversate addirittura all’uomo preistorico.
Stelle e carte per navigare nell’infinito mare
L’arte della navigazione non è certo semplice. Ancora oggi è complesso navigare nonostante l’avvento delle nuove tecnologie. Certamente tutto è più semplice oggi ma è sempre richiesta una notevole quantità di esperienza e la presenza umana è sempre indispensabile.
Il mare è un mostro pronto a divorarci come un tempo, basta molto poco per soccombere.
Anche le navi e le mappe hanno contribuito a rendere più facile la navigazione nel tempo.
La cartografia, si può dire, ha accompagnato l’esistenza umana in ogni suo passo durante tutta la sua evoluzione. Fin dalla preistoria l’uomo ha sentito la necessità di mappare il territorio che esplorava, per se stesso e per trasmettere alla comunità le informazioni raccolte. Se ci pensate, infatti, chi di noi non ha segnato in qualche modo il territorio durante un’escursione!
Abbia già analizzato in un altro articolo l’insolita soluzioni escogitata dai popoli dell’area nordica per avere mappe portatili, facili da usare, impermeabili e galleggianti.
Al contrario delle tradizionali mappe realizzate su carta, scolpivano le mappe su legno, in modo che potessero essere delle vere e proprie mappe tattili, leggibili anche durante le lunghe notti polari.
Le carte nautiche Polinesiane
Curiose carte sono sicuramente le mappe realizzate dagli abitanti delle isole della Polinesia fino alla metà del XX secolo, erano sicuramente frutto di secoli di esperienza accumulata dagli antenati.
L’intero stile di navigazione polinesiana contraddice la supposizione che prima dell’invenzione della bussola fossero intrapresi solo viaggi di cabotaggio, cioè seguendo rotte marittime a vista delle coste.
Gli antichi capi Polinesiani si tramandavano questa arte segreta fatta di bastoncini e canne legate tra loro, che via via venivano aggiornate nelle esplorazioni successive. Attraverso queste speciali mappe gli esploratori riuscivano a immagazzinare tutte le informazioni per la navigazione, ottenendo una rappresentazione realistica simile alle nostre carte geografiche.
I loro marinai potevano non solo non perdersi ma usare le correnti come corsie preferenziali per velocizzare il proprio viaggio ed evitare di uscire fuori rotta.
Si pensa che sia stato proprio un patrimonio di conoscenze nautiche analogo a questo, tramandato di generazione in generazione per mezzo di mappe di questo tipo, ad aver permesso agli antenati dei popoli dell’Oceania di raggiungere e colonizzare anche le isole più remote e distanti dell’Oceano Pacifico.
Molte di queste rappresentazioni sono state ritrovate o provengono dagli Stati Federati della Micronesia, più precisamente dalle note Isole Marshall che sappiamo essere state abitate sin dal II millennio a.C. Purtroppo poco si conosce della loro storia prima dell’arrivo degli Europei.
“La pistola fumante” di un mondo non solo conosciuto ma mappato
Fortunatamente sono giunte fino a noi anche mappe più precise, anzi, spesso ci stupiamo di trovare tracciati su mappe antiche paesi che noi Europei ci dicono aver scoperto molto dopo.
La mappa di Piri Reis è un documento realizzato su pelle di gazzella, a Costantinopoli, nell’anno 1513 d.C. Questa enigmatica carta si deve alla mano di un ammiraglio della flotta ottomana, Piri Reis. In essa è raffigurata la costa occidentale dell’Africa, la costa orientale del Sud America e la costa settentrionale dell’Antartico. Ciò sorprende, visto che l’Antartide fu scoperto solo nel 1818. Inoltre, nella carta, la Terra della Regina Maud è sgombra dai ghiacci, cosa che secondo gli studiosi ortodossi sarebbe stata possibile solo migliaia di anni fa. Chi realizzò l’originale della mappa deve aver vissuto sulla Terra almeno intorno al 6000 a.C. per vedere l’Antartide privo di ghiacci.
Conosciamo tutti la storia dell’ammiraglio turco Piri Reis e della sua enigmatica carta geografica, ma sono pochi a sapere che, oltre a quella, esistono mappe ancora più antiche che rappresentano terre emerse nell’Antartide. Sono moltissime infatti le mappe che raffigurano la Terra Australis Incognita.
Sul mito della Terra Australis sono stati scritti moltissimi libri e in tutti gli studi sulla storia della cartografia sono pubblicate le carte geografiche che raffigurano questo fantastico continente privo dei ghiacci.
Secondo gli studiosi queste rappresentazioni erano state immaginate per bilanciare le terre emerse. In pratica, secondo una rilevante scuola di pensiero, i filosofi greci avendo già immaginato che la Terra fosse sferica, e avendone anche calcolato con buona approssimazione il diametro (Eratostene nel terzo secolo a.C.) pensarono che se c’erano terre emerse a nord dovevano essercene altrettante anche a sud, altrimenti il mondo sarebbe risultato sbilanciato.
In realtà queste cartografie sono una evidente rappresentazione geografica, sicuramente anacronistica, che rivelano conoscenze geografiche dettagliate della Terra vista dall’alto, in un periodo di optimum climatico.
Un’altra famosa mappa, considerata la prova che l’Antartide era già conosciuta secoli prima della sua effettiva esplorazione ed era già stata misurata in modo preciso, è quella pubblicata nel 1531 da Oronzio Fineo in italiano, Orontius Finaeus in latino, un importante matematico che disegnò anche carte geografiche basate su studi geometrici dei diversi tipi di proiezione.
Questa carta raffigura attorno al polo sud un grande continente chiamato Terra Australis chiaramente separato dall’America del Sud dallo stretto di Magellano.
Molto interessanti sono le terre emerse rappresentate anche al Polo Nord che evidenziano una Groenlandia divisa in due e una terra divisa in quattro ampie zone separate da corsi d’acqua che si incontrano in un grande gorgo al Polo, rappresentazione che sarà evidenziata nel 1595 anche dal fiammingo Gerard Mercator, ai giorni nostri più famoso per la proiezione di Mercatore.
Egli usando i suoi criteri matematico-analitici di rappresentazione che prevedevano lo sviluppo di linee di navigazione sempre rette, nella sua prima mappa di navigazione, fu costretto ad allargare i poli fino ad estensioni infinitamente grandi: aveva invece deciso di inserire un piccolo Polo nord nell’angolo in basso a sinistra, per ovviare al problema, e con quella prima cartina pose le basi per la sua concezione geografica dell’Artico.
Sembra che Mercatore abbia utilizzato sia antiche carte geografiche e sia un diario di viaggio, l’Inventio Fortunata, un’opera perduta risalente probabilmente al XIV secolo, nella quale il polo nord viene descritto come un’isola magnetica (la Rupes Nigra) circondata da un gigantesco vortice e da quattro continenti, e con protagonista, come scrisse lo stesso autore della cartina, «un piccolo frate inglese di Oxford» che si reca in Norvegia e poi «viene spinto più su dalle arti magiche».
Questo libro misterioso offrì a Mercatore le caratteristiche salienti del suo Polo nord, a partire dalla Rupus Nigra et Altissima, un’enorme pietra nera collocata esattamente in corrispondenza del polo geografico. La presenza di questa pietra era «largamente accettata al tempo», e la spiegazione all’epoca faceva leva sulle proprietà magnetiche del globo.
La straordinaria mappa di Palazzo Besta a Teglio
È una splendida dimora rinascimentale, costruita dalla nobile famiglia Besta su preesistenti edifici medievali a partire dalla metà del XV secolo.
Al secondo piano, posto in alto sul soffitto nella Sala della Creazione, interamente rivestita da un ciclo di affreschi ispirati alle storie bibliche della Genesi, è possibile ammirare un mappamondo di una precisione geografica rara, comprende tutte e due le Americhe e l’Antartide privo di ghiacci.
Interessante notare come su questo mappamondo il Mar Rosso sia effettivamente colorato di Rosso, sembra che questo fenomeno si verificasse in un antico passato a causa dell’eutrofizzazione di microorganismi che oggi chiamiamo dinoflagellati. Questo fenomeno si verifica ancora ma non nel Mar Rosso. A quando risale quel fenomeno? Molte mappe medioevali ricopiate da antiche mappe riportano quel mare tinto di rosso che sfuma verso il mare aperto.
Ma la cosa più sconcertante è la data posta sull’affresco:
I misteri del planisfero di Francesco Rosselli
Abbiamo appreso dal libro Pionieri degli oceani di Alessandro Moriccioni, di una interessante simulazione da lui effettuata casualmente con un amico grafico piuttosto competente nel campo dell’animazione 3D. Un giorno, quasi per gioco, hanno provato a stendere il cosiddetto schema lossodromico (la ragnatela presente sulle carte nautiche antiche che nessuno sapeva fino ad oggi a cosa servisse realmente) su un planisfero realizzato attraverso un’immagine satellitare della Terra.
Sono partiti da una rappresentazione del mondo detta Universale in proiezione ovale del 1508 circa realizzata da Francesco Rosselli (ca. 1445 – dopo 1513, ante 1527). La carta è praticamente un moderno planisfero dove la geografia dei continenti è stata modificata tanto da arcuarli e adattare la loro rappresentazione piana alla superficie sferica della terra.
Il risultato fu strabiliante. La simulazione provò senza ombra di dubbio che, anche ruotando la sfera, il risultato era eccellente, si trattava di un metodo preciso escogitato in antichità per distendere la sfera terrestre su di un piano.
Altra particolarità del tutto stupefacente è una terra inserita all’estremo sud che ha al suo interno stampigliata a chiari caratteri latini la denominazione di Antarticus e tradizione vuole che la sua scoperta effettiva risalga al 1818.
Ma le sorprese non finiscono qui.
Grazie all’applicazione virtuale i due ricercatori scoprono un’altra curiosità.
Avvolgendo la mappa di Rosselli intorno alla sfera virtuale, notano che il continente al Polo Sud, quello che parrebbe essere l’Antartide, è leggermente spostato oltre la demarcazione del Circolo Polare Antartico. Si tratta di un risultato molto simile alle speculazioni, fatte dagli studiosi, sulla possibile migrazione dei poli che nel passato causò e segnò la fine di intere ere glaciali.
Si pensa infatti, per quanto concerne l’Antartide, che una sua porzione, oggi coperta da oltre tre chilometri di calotta glaciale, fosse in realtà più mite. Forse addirittura abitabile.