La Grande Piramide di Giza è una delle più straordinarie realizzazioni fatte dall’Uomo. Non vi è dubbio alcuno.
La sua straordinarietà la si può valutare su vari piani:
- quello progettuale che coinvolge la geometria e la matematica,
- quello costruttivo e cantieristico che si occupa delle tecniche di montaggio dell’opera e dei tempi di realizzazione, ambedue collegati a
- quello storico quindi alla presunta epoca di realizzazione.
Esistono poi altri livelli di “lettura” come quello simbolico ed esoterico.
È assolutamente superfluo ricordare che la letteratura relativa a questo edificio è sterminata (è l’edificio più studiato di tutta la storia, gli sono stati dedicati oltre 20.000 titoli) ragion per cui, ci limiteremo ad esaminare qui, solo alcuni aspetti legati alla tipologia costruttiva che sono collegati sia alla durata dei lavori che all’epoca di realizzazione.
Durata del cantiere
Uno dei problemi più dibattuti riguarda la durata dei lavori. Erodoto scrittore, o meglio giornalista itinerante del IV secolo a.C., ci riferisce che per realizzare la Grande Piramide furono impiegati circa 20 anni.
A prima vista, l’affermazione sembra non quadrare. Per rendercene conto facciamo un semplice calcolo.
La Grande Piramide è composta (è una stima) da circa 2.600.000 blocchi di roccia calcarea (la camera del Re e le camere di scarico sono composte da circa 200-250 pezzi di granito che rappresentano circa lo 0,01% di tutto l’insieme).
Considerando che il procedimento costruttivo ipotetico si basa su:
- Estrazione del blocco calcareo in cave adiacenti alla futura piramide, distanti 500- 800 m.
- Trasporto dello stesso dalla cava fino alla base della piramide.
- Sgrossatura e levigatura solo delle facce visibili.
- Sollevamento e sistemazione al suo posto definitivo.
Si potrebbe ipotizzare che per svolgere tutte queste azioni per un solo blocco sarebbe necessario disporre di almeno qualche ora.
Vediamo quanto tempo abbiamo a disposizione!
Le ore del giorno destinate alla costruzione possono essere al massimo 12 (soleggiamento), di cui 1 al mattino per l’appello (sì proprio così), 10 ore di lavoro e la sera 1 ora per ricevere il compenso (pani e boccali di birra).
Dunque teniamo buone le 10 ore di lavoro effettivo. Immaginando in 20 anni non ci sia mai una guerra, una carestia, una pandemia, un problema politico, la morte del faraone, o qualche altro impedimento (cioè un ventennio idilliaco) ecco il calcolo:
20 anni x 365 giorni anno = 7.300 giorni.
7.300 giorni x 10 (ore di lavoro al giorno) = 73.000 ore.
73.000 ore x 60 (minuti in un’ora) = 4.380.000 minuti totali.
4.380.000 : 2.600.000 (i massi della piramide) = 1,68 minuti per ogni masso!!
Arrotondiamo a 2 minuti.
Detto così, il tempo a disposizione sembra assolutamente insufficiente, anzi ridicolmente breve.
Però le cose non stanno proprio così.
Vediamo perché.
In cantiere i lavoranti potrebbero essere circa 7.000 – 8.000 al massimo e non certo 30.000 come riportato da Erodoto o 100.000 come affermato da Strabone o peggio 360.000 come scritto da Plinio il Vecchio.
Direi che le ragioni sono facili da capire:
- Mancherebbe lo spazio fisico in cantiere e in cava.
- Il tempo necessario a nutrire tutti (a spese del faraone) occuperebbe tutta la giornata.
- La preparazione di cibi sarebbe impossibile da fare. Basterebbe pensare alle derrate alimentari necessarie.
- Solo l’uso delle latrine sarebbe impossibile da organizzare. Si pensi al rischio di infezioni…
Di 8.000 addetti, circa 2.000 erano dediti a compiti di servizio (cucine, latrine, corpo di guardia, infermeria, direzione lavori, capi squadra, servizi vari). Gli operativi in cantiere sono quindi circa 6.000.
Ipotizzando che questi ultimi siano suddivisi in squadre di 6 operai, ci sarebbero circa 1.000 squadre.
Se in 1 giorno (e non in 2 minuti) una squadra preparasse un solo blocco, ogni giorno verrebbero prodotti, trasportati e montati 1.000 blocchi.
Se i blocchi totali della piramide sono 2.600.000 e se ne montano 1.000 al giorno, il tempo per finire la piramide è pari a 2.600 giorni (2.600.000 / 1.000 = 2.600) pari a poco più di 7 anni.
Nei 20 anni ci stiamo benissimo, anzi possiamo dire che ogni squadra avrebbe oltre 2 giorni di tempo per preparare un solo blocco, oppure basterebbe montare solo 500 blocchi al giorno. Dette così, le cose sono molto diverse!
In conclusione possiamo dire che Erodoto non ha assolutamente detto una sciocchezza come alcuni sostengono. Questa sua affermazione ci pare verosimile e non fa che dare credibilità ad altre sue affermazioni.
Tipologia costruttiva e fasi di cantiere
Dunque 20 anni di tempo per terminare i lavori per realizzare tutta la piramide dalla base al vertice, sembra sia una durata sostenibile.
Però ragionando sulla funzione di un elemento architettonico interno alla piramide stessa, potrebbe rendere questo tempo ancora più ampio.
Si tratta della Grande Galleria.
Per decenni, anzi da circa 280 anni da quando esiste l’egittologia moderna, ci si chiede quale fosse la vera funzione della Grande Galleria.
Le sue misure sono enormi.
47 metri di lunghezza, quasi 9 di altezza e 26,18 gradi di inclinazione.
Si noti che il numero 26,18 è dieci volte 2,618 che è il quadrato del numero aureo (1,618). Intrigante, no?
Ma questi aspetti della Geometria Sacra o armonica li tratteremo più approfonditamente e in modo più organico in altra sede.
Ricordo che le misure delle tre piramidi e in modo particolare della Grande Piramide sono stati rilevati in loco da due benemeriti ingegneri torinesi Vito Maragioglio e Celeste Rinaldi.
Questi due ricercatori fecero moltissimi viaggi in Egitto (a loro spese e impiegando tutto il loro tempo libero) per completare il rilievo delle 14 piramidi menfite (da Saccara a Giza), mettendo a punto uno dei più straordinari lavori di rilievo che siano mai stati prodotti.
Partirono dal rilievo fatto dal grande archeologo W.M. Flinder Petrie che nel 1883 rilevò con grande precisione l’altipiano di Giza (opera ancora oggi validissima) e la completarono con il rilievo di tutte le piramidi menfite sia all’esterno che al loro interno.
La loro opera uscì nel 1965 con una pubblicazione fatta a proprie spese (incredibile se si pensa al valore del lavoro fatto) bilingue (italiano-inglese) con tanto di tavole in allegato. Opera indispensabile per chi vuole dedicarsi allo studio di queste piramidi.
Ma perché parliamo della Grande Galleria in relazione al tempo di costruzione?
Secondo Gian Carlo Duranti, geniale ingegnere ligure (1922-2013) uomo di immensa cultura classica (conosceva il latino, il greco antico, l’aramaico, l’ebraico e i geroglifici oltre a varie lingue europee) autore di vari libri sia storici che di commento e ricerca biblica con continui riferimenti matematici, spiega come si sarebbe svolta la costruzione della Grande Piramide.
Ho consultato con molto interesse le sue opere: in una di queste (1) egli propone una tesi che, se provata, spiegherebbe importanti aspetti della conformazione piramidale, dando un senso a scelte egizie rimaste finora relativamente oscure:
- A che cosa serviva la Grande Piramide ?
- A che cosa serviva veramente la Grande Galleria? Perché ha quella forma ?
- Perché la Grande Piramide sembra costruita in due tempi diversi? (2)
Le risposte di Duranti sono veramente sconcertanti e al contempo affascinanti.
L’ipotesi di Gian Carlo Duranti
Il complesso di Giza e la GP in particolare, sarebbe servito come osservatorio astronomico.
La GP sarebbe sorta in due tempi tra loro molto distanti: una prima parte, iniziata nel 3300 a.C., aveva una forma di piramide tronca (mastaba) e si elevava fino a quello che ora è il piano di base della Camera del Re a quota + 43 m da terra.
La seconda parte sarebbe stata realizzata circa seicento anni dopo nel 2700 a.C. circa. Così fatta, la Grande Galleria risulta chiusa in basso, ma aperta in alto e questo spazio vuoto a forma di tubo, che sembra un enorme cannocchiale puntato verso il cielo, secondo Duranti sarebbe servito agli Egizi per l’osservazione del cielo stellato.
Questo tubo risulta puntato verso la costellazione di Orione che, secondo gli Egizi, era la meta finale del faraone dopo la sua morte.
Nella parte bassa della galleria c’è una specie di avvallamento che poteva contenere una vasca bassa che sarebbe stata riempita di acqua. L’acqua avrebbe funzionato da “specchio” (proprio come avviene nei telescopi odierni) per facilitare lo studio degli astri. Finita l’osservazione, l’acqua sarebbe stata fatta evacuare facendola scendere in quello che oggi si chiama “condotto dei ladri”.
In favore di questa interpretazione, desidero ricordare che vi sono altri siti che presentano realizzazioni simili e che sono stati interpretati come osservatori astronomici.
Uno di questi è visibile in Sardegna ed è conosciuto come il “pozzo di Santa Cristina”, che viene fatto risalire al secolo XI a.C. mentre per altri sarebbe molto più antico.
Quest’ipotesi dell’ing. Duranti, che considero molto affascinante, è stata per me una vera e piacevole scoperta in quanto spiegherebbe, in maniera a mio avviso credibile, quella che sarebbe potuta essere la vera funzione, almeno iniziale, della Grande Galleria.
L’uso di questo manufatto sarebbe durato circa seicento anni e poi, durante il regno di Cheope, terminati gli studi astronomici, la mastaba, per volere del faraone, sarebbe stata trasformata nella piramide che vediamo oggi, coprendo la parte già costruita con una facciata riportata.
Mi piace osservare che questa spiegazione avvalorerebbe la mia ipotesi costruttiva che prevede una piramide interna, ricoperta da una facciata applicata, come descritto nel mio libro Nel cantiere della Grande Piramide, Torino 2012.
Tra l’altro, questa versione potrebbe concordare con quella riportata da Erodoto e farebbe parere più congrui i tempi di costruzione che lo storico greco afferma essere stati di vent’anni che, in questo caso, sarebbero serviti solo per il completamento della piramide e non per l’intera costruzione.
Consideriamo che, analizzando geometricamente la forma della piramide di Cheope, il raggiungimento di quota +43 m rappresenta circa il 70% del volume di tutta la GP: ciò vorrebbe dire che furono impiegati venti / venticinque anni per completare solo il 30% del volume restante.
Questa è un’ipotesi perfettamente sostenibile.
Per chi non avesse una buona conoscenza relativa alla costruzione delle piramidi e leggesse il commento fatto da lei, Sig. Paolo Michelotti, avrebbe un’impressione negativa sia del contenuto dell’articolo, sia del suo autore e di conseguenza del sito L’Arazzo del Tempo che lo ha pubblicato.
Sig. Michelotti, prima di decidersi a “sparare nel mucchio” a casaccio, sarebbe meglio che lei si informasse di più sul tema “piramidi” o meglio lo studiasse.
In quest’ ultimo caso, ne potremmo riparlare solo tra alcuni anni…
Sei avesse avuto anche solo alcune nozioni di base, non avrei dovuto leggere questo testo veramente inaccettabile sia nel merito che nel tono.
In un primo momento pensavo di non risponderle neppure, ma poi mi sono deciso a farlo solo e unicamente per correttezza verso il sito L’Arazzo del Tempo che mi ospita e verso le sue due straordinarie animatrici.
Lasciamo perdere il tono e restiamo nel merito.
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Punto 1.
Lei scrive “… è stato scoperto che…” e poi nomina i Geopolimeri…
Purtroppo dobbiamo leggere fin troppo sovente (la più parte delle volte su Internet oppure su pessimi testi) le frasi del tipo “Gli Egizi hanno estratto… hanno scavato… hanno trasportato…. hanno lisciato… hanno sollevato…” ecc, senza mai indicare “come” e mi pare che, neppure lei, ne abbia una chiara contezza.
Eppure lei ha fatto la stessa cosa. Se si cita una teoria o una fonte, bisogna sapere di cosa si tratta. Lei conosce a fondo questa teoria? Ne conosce l’applicazione e quali sono i suoi pro e i suoi (molti) contro? Lei sa cosa sono i geopolimeri?
Questa teoria chiamata dal suo autore “cemento dei faraoni” fu esposta per la prima volta nel 1979 dal Prof. Joseph Davidovits professore di chimica applicata alla Sorbona e Direttore dell’Istituto dei Geopolimeri di Parigi.
Questa ipotesi, che è praticamente inattaccabile dal punto di vista chimico (ovvio, data la preparazione del suo autore), lo è invece molto, dal punto di vista cantieristico. Le ragioni sono troppo lunghe da spiegare qui…
Infine io, come autore dell’articolo, non avevo nessuna ragione di nominare questa teoria poiché il tema dell’articolo non è questo, ma l’ipotesi di Gian Carlo Duranti.
Punto 2
Lei continua dicendo: “I blocchi non sono estratti da cave, ma stampati in loco”.
Ma lei si sta rendendo conto della sua affermazione?
A quel tempo (2.700 a.C. siamo in piena età del bronzo) gli Egizi non conoscevano il ferro, la ruota del carro, le gru, il cavallo. Come avrebbero fatto a… stampare?
E’ ovvio che la materia prima (roccia calcarea) venisse estratta da cave in prossimità del cantiere! Sennò dove?
Stampati? Ma con cosa? Come? Secondo Davidovits la materia prima (pietrisco di roccia calcarea) era raccolta in cave e trattata in un modo tale (non è questa la sede per de-scrivere la tecnica) da ottenere una specie di pastone che poi veniva gettato in cassaforme di legno… Lasciamo stare la macinatura…
Punto 3
Lei conclude dicendo:”La “torre” centrale è stata la parte costruita prima, e poi ricoperta di blocchi…”. Quale torre centrale? Lei si riferisce alla struttura chiamata Zed, da Mario Pincherle? Che fosse una torre è un’ipotesi mai provata dello stesso Pincherle (che ho conosciuto di persona) che per ora non trova alcun riscontro in loco.
Infine è “gustosa” la sua chiusa: ” …con l’aggiunta di alcune parti in granito?..”. Mi sembra la frase che dicono alcuni chef “… aggiungere un po’ di sale a piacere”.
In conclusione. Se l’argomento la interessa, le consiglio di leggere molto e di documen-tarsi in modo serio e di riflettere a lungo, prima di scrivere commenti di questo genere. Buona giornata.
Articolo che non considera le più recenti scoperte e teorie.
Ad esempio è stato scoperto che, salvo le parti in granito, i blocchi sono geopolimeri… perché non citare questa scoperta? I blocchi non sono estratti da cave, ma stampati in loco. Le domande sono semmai se i materiali erano in loco e come li hanno macinati (nel caso tutti i componenti necessitassero della macinatura).
La “torre” centrale è stata la parte costruita prima, e poi ricoperta di blocchi, con l’aggiunta di alcune parti in granito?
Non è questo l’articolo che mi aspetto da un portale di questo livello.