In molte civiltà rane e serpenti sono legate ai concetti di creazione e nascita. Di seguito gli esempi che ci hanno colpito di più. A voi le conclusioni.
Egitto
Tra le numerose cosmogonie egizie che comprendevano otto divinità primigenie, quella di Ermopoli, in egizio Khemnu ovvero Città degli Otto, era la più astratta e aveva come particolarità solo otto divinità chiamate Heh con precise caratteristiche.
Nell’antico Egitto vigeva il principio della dualità intesa come forze uguali e contrapposte ma armoniosamente unite, per cui le divinità primigenie erano formate da coppie dove all’essenza maschile si opponeva quella femminile detta paredra. Esse erano:
- Nun e Nunet, le acque primordiali;
- Kuk (trascritto anche come Keku, Kekui, Kekuit ) e Keket, l’oscurità;
- Huh ed Huhet, l’illimitatezza;
- Amon ed Amonet, l’invisibilità.
Queste divinità avevano testa di rana per i maschi e di serpente per le femmine, animali simbolo delle acque da dove erano emersi.
Gli dei dell’Ogdoade generarono, ad Ermopoli, una collina di fango primordiale chiamata Isola delle Fiamme o Isola dei Coltelli.
Qui, in maniera misteriosa dettero vita al sole (da cui il nome Isola delle fiamme). Infatti secondo il clero ermopolitano, le otto divinità risiedevano nel Caos ed oltre la creazione avevano anche il compito di consentire il sorgere del sole quotidianamente proteggendolo nell’Oltretomba.
La leggenda passata a Tebe si sarebbe trasformata e gli dei avrebbero creato un uovo, da cui nacque Amon, il dio-sole.
Con l’assunzione di sempre maggior potere da parte del clero di Amon (complesso templare di Karnak), quest’ultima divinità verrà umanizzata e gli verrà fornita una famiglia (secondo la struttura trinitaria tipica degli dei egizi) composta dalla moglie Mut e dal figlio Khonsu.
Dettò anche il dogma secondo cui l’Ogdoade si formò a Tebe, si trasferì ad Ermopoli per compiere la creazione ed infine sarebbe tornata a Tebe per andare a morire sulla collina di Medinet Habu dove sarà adorata fino al periodo tolemaico.
I primi cenni sull’Ogdoade si trovano scritti già nei Testi dei sarcofagi del Medio Regno, nei Testi delle piramidi e documentati già nella V dinastia nel tempio funerario del sovrano Sahura.
I testi sull’Ogdoade sono frammentati e scritti successivamente dal clero tebano che adattò la cosmogonia ermopolitana ai propri dogmi, come nella Pietra di Shabaka conosciuta anche come Testo di Teologia Menfita.
Caral, civiltà Caral-Supe, rane e serpenti legati alla creazione dell’uomo
Queste forme si trovano in un fregio situato nell’anticamera di una sala cerimoniale, facente parte di un edificio di 874 metri quadrati di Vichama, la vecchia città agricola di Végueta, uno dei centri urbani della civiltà che aveva come capitale il complesso di Caral e le cui origini risalgono a circa 5.000 anni fa.
Secondo la dottoressa Ruth Shady, direttrice della zona archeologica di Caral, unità esecutiva del Ministero della Cultura, e il suo team di archeologi, la scena è composta da quattro teste umane con gli occhi chiusi, una accanto all’altra, e due serpenti che si muovono tra di loro, i rilievi simboleggerebbero la fecondazione della terra, i serpenti rappresenterebbero la divinità, legata all’acqua che penetra nella terra e fa germogliare il seme.
Interessante la figura con la faccia da rospo o rana, che sembra tenere una figura umana. Secondo la dottoressa Shady, il rospo è, all’interno della visione del mondo andina, un’icona legata alle piogge e all’acqua del fiume, essenziali per l’agricoltura, mentre la testa antropomorfa rappresenterebbe l’essere umano che aspettava l’acqua per dare continuità alla vita.
Uno strano artefatto, il Disco Genetico
Un disco di pietra di circa 6000 anni fa, esposto al museo di Scienze Naturali di Vienna, presenta simboli che rappresenterebbero il processo evolutivo dalla rana all’uomo.
Il Disco Genetico è un reperto archeologico unico e straordinario, un disco in pietra di epoca precolombiana che sulle sue due facce racchiude i segreti della vita.
Su questo disco ritrovato in Colombia ed ora esposto al Museo di Scienze Naturali di Vienna, che misura circa 27 centimetri di diametro, ed ha un peso di 2 Kg, vi sono ancora molti enigmi da risolvere.
Il materiale di cui è composto risulta essere lidite, una pietra nera. Per quanto riguarda la sua datazione, essendo di pietra non è stato possibile assegnarlo ad un periodo storico ben preciso, comunque sembra risalire a circa 6000 anni fa.
La particolarità del disco consiste nelle incisioni che sono presenti sulle sue due facce che sembrano contenere informazioni genetiche sulla storia evolutiva e in particolare sul processo che ha portato dalla rana all’uomo. Una vera e propria rappresentazione dello sviluppo umano, che parte dalla fecondazione dell’ovulo, passando per la formazione dell’embrione, il suo sviluppo, i vari stadi della crescita del feto, arrivando alla nascita di due creature, forse gemelli!!
Interessante notare che le immagini che appaiono su questo disco sono a noi note solo da poco tempo, grazie all’uso dei microscopi.
Esaminando entrambi i lati del disco, è possibile notare la presenza di organi genitali maschili e femminili, spermatozoi, ovuli, e perfino la fecondazione dell’ovulo ad opera dello spermatozoo ed infine tutti i passaggi di trasformazione dall’embrione fino ad arrivare alla formazione del feto. Vi sono raffigurati anche un uomo ed una donna accovacciati con i genitali in evidenza e in piedi ma con tratti somatici diversi.
Al momento ci sono poche certezze su questo reperto, tra queste che il disco genetico, stando a quanto sostenuto dagli esperti, non sarebbe stato lavorato a mano, in quanto data la durezza del materiale ci sarebbero voluti oltre 30 anni. Inoltre è da escludere che il disco genetico sia un falso di epoca moderna. Il mistero su questo oggetto tanto affascinante quanto criptico, rimane.
Un giro per il mondo
Novemila anni fa, nelle culture pre-indoeuropee dell’antica Europa, dell’antica Anatolia e del Mediterraneo, la Dea Madre veniva raffigurata come un rospo.
Le raffigurazioni del rospo e dell’ibrido donna-rospo nel corso dei millenni fino al giorno d’oggi vengono sempre associate alla creazione o alla Madre Terra, simbolo di fertilità e maternità, ma anche di morte e quindi di rigenerazione all’interno dei cicli del tempo.
Maria Gimbutas propone il significato dell’immagine della rana e del rospo per la mitologia della dea:
L’immagine della rana e del rospo, insieme alla donna a forma di rana che mostra la sua vulva, appare in un ampio arco di tempo, non solo durante il neolitico europeo e anatolico, ma nel Vicino Oriente, in Cina e nelle Americhe. Diverse immagini di divinità rane strettamente correlate in Egitto e nel Vicino Oriente aiutano a spiegare la funzione di questa dea. Gli egiziani adoravano la rana come Heket, madre primordiale di tutta l’esistenza. Nel primo periodo predinastico (intorno al 3100 a.C.), fu ritratta come una donna con una testa di rana, o come una rana o un rospo che impersona la dea. “Rana” era il suo segno geroglifico. Heket controllava la fecondità e la rigenerazione dopo la morte.
Ad Hacilar, in Anatolia centrale (fine VI millennio), una rana di terracotta con testa e seni di donna è raffigurata in forma di M aperta, nella tipica posizione del parto e una rana in pietra nera proveniente da Achilleion (6300 a.C.) è raffigurata nella stessa posizione, con una vulva dentellata, che era stata forata per essere usata come amuleto. L’usanza di scolpire rane e ibridi donna-rana in associazione con la nascita e la rigenerazione continua anche in epoca storica.
America
Sia nel Nord che nel Sud America sono presenti un insieme di miti che mettono in relazione il rospo con la terra come rappresentazione animale della dea Madre Terra, contemporaneamente distruttrice e generatrice della vita.
Le civiltà dell’America centrale vedono il rospo come dualità, benefico divoratore, che si trasforma in una sciamana femmina, padrona della terra e del fuoco, creatrice delle arti magiche come delle arti pratiche dell’agricoltura che lei ha donato all’umanità attraverso la mediazione di un eroe mitologico.
In una leggenda azteca, la rana era origine dell’intero universo: Quetzalcoatl, il dio serpente-uccello e Tezcatlipoca, il dio mago-giaguaro, la trovarono nel mare primordiale, ne divisero il corpo a metà e con esso crearono il cielo e la terra.
Nelle tradizioni dell’America precolombiana la rana era portatrice di salute, teneva lontano il male e le energie negative. La dea Ceneotl, patrona delle nascita e della fertilità, era rappresentata come una rana.
Presso gli Olmechi, una civiltà che dominò tra il 1200 e il 400 a.C., promotori di quella che è considerata la cultura madre dalla quale originarono le diverse civiltà messicane, i reperti archeologi hanno evidenziato l´ossessionante presenza dell’immagine del rospo, accanto a quella del giaguaro, nell’iconografia religiosa e mitologica.
Nel centro cerimoniale di San Lorenzo è stata rinvenuta una grande quantità di resti ossei di Bufo marinus, conservate in cavità isolate e rappresentanti chiaramente resti di pranzi rituali, o, meglio, di comunioni sacramentali a base di rospi.
L’associazione del rospo con la fertilità è evidente anche in uno schema iconografico comune dell’arte olmeca in cui il rospo è in posizione a gambe di rana. Questa postura, chiamata anche postura india, è le posizione normale del parto fra le antiche e attuali popolazioni locali.
Inoltre, le secrezioni del rospo sono dotate della proprietà di aumentare le contrazioni durante il parto, per cui l´associazione rospo/fertilità acquisisce un significato che va oltre quello meramente simbolico.
Gli Olmechi dell’America Centrale ritenevano che i poteri dello sciamano derivassero dagli insegnamenti diretti dei rospi: molto significativa al riguardo è la scultura Olmeca (800 a. C.) in cui uno sciamano è sul punto di trasformarsi in un rospo.
La mitologia olmeca ha creato l’immagine di un rospo-dio della rinascita, che mangiava la sua stessa pelle e poteva rinascere in un ciclo continuo di nascita e morte (si tenga presente che tutti gli anfibi mangiano la propria pelle in occasione delle mute periodiche).
La tribù Aymara del Perù e della Bolivia ha realizzato piccole immagini di rane che vengono posizionate sulle colline, per richiamare la pioggia. In effetti, se le piogge fossero venute meno, alcune tribù incolpavano i rospi per aver trattenuto la pioggia e li avrebbero flagellati per punizione.
Cina
In Cina le rane sono un potente incantesimo di ricchezza e protezione. Il Danwu, o Dragon Boat Festival, che è il 5 maggio secondo il calendario lunare, era tradizionalmente celebrato per scongiurare malattie e piaghe per l’anno successivo. I bambini, come popolazione più vulnerabile, indossavano braccialetti di filo protettivo per scongiurare la malattia.
Nella medicina cinese la rana è considerata benefica per la salute. Le sue secrezioni oculari erano utilizzate come rimedio per le malattie cardiache.
Nelle leggende cinesi, il rospo è anche un mago che detiene segreti preziosissimi. Gli antichi cinesi vedevano il rospo come una forza prevalentemente femminile, uno yin negativo in opposizione allo yang maschile positivo. La luna era il simbolo definitivo dello yin, e così tanti racconti cinesi si riferiscono al rospo il cui volto è visibile durante la luna piena. È interessante notare che si pensava che questo rospo lunare di tanto in tanto inghiottisse la luna, causando eclissi.
Giappone
In Giappone la rana viene vista come simbolo di fortuna, soprattutto per i viaggiatori: per loro le immagini o gli amuleti che rappresentano questo animale sono considerati elementi di buona sorte, in particolar modo se il viaggio prevede di attraversare un fiume o un mare. Si dice inoltre che nella lingua giapponese la parola che si utilizza per dire rana sia la stessa che si usa per dire ritorno o tornare ed è per questo che i viaggiatori possono portare con se l’immagine di questo animale come amuleto per tornare dal viaggio in maniera sicura. Questo amuleto viene in genere portato anche all’interno dei portafogli per non perdere il denaro che vi è contenuto.
La Regina Madre dell’Ovest, la dea Xiwangmu è una delle divinità più importanti del pantheon taoista, suprema matriarca che governa tutte le divinità femminili. La Regina Madre nel suo palazzo sul Monte Kunlun (Eden) è associata all’energia Yin e controlla le forze cosmiche e la costellazione dell’Orsa Maggiore. La dea coltiva le pesche dell’immortalità e produce elisir per gli 8 immortali che vanno almeno una volta all’anno nel Paradiso dell’Ovest a mangiare le pesche, altrimenti perdono l’immortalità.
Nella pietra tombale di epoca Han (206 a.C. -220 d.C) è raffigurata seduta tra una tigre e un dragone. Alla sua sinistra una lepre regge un candelabro (il fuoco), mentre davanti a lei danza un rospo che simboleggia la luna e l’acqua. In altre raffigurazioni (sempre su stendardi funerari) invece della lepre vi è un corvo. Nella letteratura e nell’iconografia il corvo/lepre e il rospo sono rispettivamente i simboli del Sole e della Luna. Mu vuol dire madre e Wang sovrana. Wangmu vuol dire nonna, come si trova nell’I Ching (libro dei Mutamenti), esagramma 35: “Riceve questa grande gioia dalla Regina Madre”, il termine wangmu era usato come onorifico per le antenate.
Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio si racconta che la maga Medea aveva imparato l’arte della magia direttamente dalle dea Ecate. Il suo nome ha una significativa somiglianza con quello di Heqet, dea egizia dal volto di rana che proteggeva le partorienti. Heqet era la dea levatrice, simbolo di fertilità e di nuova vita. È interessante notare anche che nella lingua degli Egizi la parola heka significava magia e conteneva al suo interno il termine ka, cioè anima, energia vitale. Heqet era quindi la magia intesa come un rendere attivo il ka, plasmarlo, avere potere sull’energia vitale. Somiglianze così forti non possono essere casuali, così come il fatto che la rana sia un animale che dall’acqua passa alla terra, un animale quindi liminale, di confine, ci riporta alla natura di Ecate, ricollegandoci al tempo stesso con uno dei volti della Grande Dea Neolitica, spesso rappresentata in forma di rana quando associata soprattutto al culto della fertilità e alla protezione della nascita. Sono numerose le statuette ritrovate in vari siti archeologici neolitici in Europa e nel bacino del Mediterraneo che ci mostrano la dea con le gambe divaricate per partorire, che in effetti non sono altro che zampe di rana nella tipica posizione del nuoto.
E il serpente?
Il serpente compare proprio ovunque in tutte le mitologie e reperti del mondo e sarebbe impossibile citarli tutti. Portiamo perciò all’attenzione del lettore un sito molto particolare, ritenuto uno dei più antichi siti megalitici mai scoperti: Göbekli Tepe e la zona circostante, dove, come vedremo, la presenza è predominante e non solo sui pilastri.
Il Totem – Nascita di una creatura umana da una non umana
«Come se fosse lì per ricordarci voi siete stati fatti da qualcun altro» ha esclamato la giornalista statunitense Linda Moulton Howe davanti alla statua esposta al Şanlıurfa Archaeology Museum,sembrerebbe un commento avventato se non ci si soffermasse ad analizzare con attenzione questa statua, e soprattutto i volti dei tre soggetti, due dei quali stranamente andati distrutti.
Se osserviamo il Totem di profilo o nell’immagine riprodotta presso il museo, possiamo coglierne in pieno i particolari:
- abbiamo una creatura grande con una evidente ampia testa piuttosto sproporzionata e strane protuberanze, le braccia e le mani con cinque dita tutte uguali, senza il pollice opponibile, quindi si presume la presenza nascosta di un sesto dito opponibile, che tiene con le mani la testa, purtroppo non più visibile, di creatura più piccola che a sua volta ha ai sui piedi quello che sembra essere un umano.
- ai lati delle tre figure possiamo vedere i serpenti.
Alla luce di queste osservazione, visto il luogo del ritrovamento di questa statua, nasce spontaneo domandarsi se il totem veramente non rappresenti la nascita di una creatura umana da una creatura non umana, per l’esattezza un ibrido posto al centro della statua, che a sua volta e trattenuto dalle mani di una creatura molto più grande, dalla testa enorme, probabilmente un dio.
Potremmo continuare all’infinito a portare esempi sparsi sulla Terra ma crediamo di aver chiarito qual è il nostro pensiero… Join the Dots !!
Fonti: