La civiltà Caral-Supe o Norte Chico era basata su un gruppo di circa trenta centri abitati che si estendevano in una regione arida dell’altopiano andino, lungo la costa occidentale del Perù. Le sue città erano metropoli importanti per gli standard dell’epoca, con monumentali piramidi di pietra a terrazze e grandi piazze circolari sommerse che riflettono un alto grado di conoscenze, sia ingegneristiche, sia strutturali che di resistenza dei materiali.
Quello che sappiamo è che sono apparsi intorno al 3000 a.C. nell’altopiano andino apparentemente dal nulla e hanno prosperato per circa 1.200 anni. Con un recente lavoro di datazione lo strato più antico può essere collocato intorno al 9.210 a.C .
Scoperte recenti
Il Ministero della Cultura del Perù ha recentemente annunciato una nuova serie di ritrovamenti appartenenti a questa cultura, risalenti a circa 3.800 anni fa, che aprono ulteriori interrogativi su questa remota cultura.
Il team archeologico guidato da Ruth Shady ha portato alla luce presso la città di Vichama tre statuette di argilla non cotta, due teste dello stesso materiale e numerosi rilievi di strani personaggi .
Le tre statuette e le due teste sono state identificate dagli studiosi come offerta votiva, erano, infatti, avvolte con cura in un tessuto con applicazioni di piume gialle, blu e arancioni, un fatto che mostra l’interazione tra le società Caral-Supe e quelle amazzoniche, secondo Pedro Vargas, responsabile degli scavi, e deposte come offerta in due cesti di canne incastonati e sepolti ai piedi di un edificio.
L’espressione inquietante delle tre statuette e delle due teste non è sbiadita nel corso dei millenni.
Osserviamo le statuette
Ritengo che la vera linea di ricerca sia costituita dall’annotare e confrontare i più piccoli dettagli
Sir William Matthew Flinders Petrie (1853-1942), egittologo
La più grande tra le tre statuette potrebbe rappresentare per i ricercatori, una sacerdotessa o una sciamana. Il capo potrebbe essere coperto da un velo nero, si intravvede solo il ciuffo di capelli rossi sulla fronte, il suo viso è dipinto di bianco e punteggiato di rosso, indossa una collana di perline, mostra i suoi seni e genitali e ha un totale di 28 dita delle mani e dei piedi.
Le altre due statuette, con venti dita ciascuna, rappresentano due figure dell’alta gerarchia: un maschio dai capelli d’oro e una gamba sinistra piegata e una donna con i capelli rossi, con il rossetto nero seduta con le mani sulle ginocchia.
Capelli, biondi o rossi, decisamente non comuni tra gli indigeni del luogo.
Ricordiamo che un argomento controverso da decenni, sempre rifiutato dagli egittologi a causa delle implicazioni che potrebbe avere, è la discendenza genetica dei primi faraoni.
La presenza di mummie nobili dai capelli rossi, in Egitto, è sempre stata sottovalutata o mai spiegata, tranne che per l’effetto del sale natron usato per imbalsamarle.
Una recente ricerca, eseguita dal Dott. Janet Davey del Victorian Institute of Forensic Medicine in Australia, pubblicata in data 14 Maggio 2020, dimostrerebbe che molti antichi abitanti della valle del Nilo, sarebbero stati naturalmente rossi o biondi di capigliatura e che la nobiltà più antica dell’Egitto aveva i capelli rossi.
Per determinare se l’esposizione al natron durante il processo di mummificazione fosse responsabile del colore dei capelli chiari, è stato condotto un esperimento per replicare parzialmente l’ambiente in cui i corpi erano essiccati. Quattordici campioni di capelli moderni di varie fasce d’età, sesso ed etnia sono stati sottoposti a natron sintetico per un periodo di 40 giorni per replicare il tempo impiegato per mummificare un corpo. Sono stati impiegati esami macroscopici e microscopici dei campioni per accertare eventuali cambiamenti significativi nel colore dei capelli dopo il trattamento. Antiche parrucche sono state studiate per la prova dei cambiamenti post mortem nel colore dei capelli. I risultati dello studio non hanno mostrato schiariture significative del colore dei capelli e in diversi campioni i capelli si sono notevolmente scuriti a causa dell’esposizione al natron. Non c’era alcuna prova che i capelli si schiarissero come risultato di cambiamenti post mortem naturali e ciò è stato confermato dallo studio delle parrucche di capelli naturali che non avevano cambiato colore post mortem. Questo studio ha concluso che i capelli chiari osservati nelle mummie non erano il risultato di esposizione a natron o cambiamenti post mortem, ma piuttosto era probabilmente dovuto all’ascendenza a causa della presenza di diversi genomi che furono introdotti nell’antico Egitto.
Strani personaggi – memoria collettiva del cambiamento climatico?
È stata presentata anche la scoperta di un nuovo muro decorato con rilievi, trovato in cima a uno degli edifici pubblici cerimoniali di Vichama, la Vecchia città agricola di Végueta, uno dei centri urbani della civiltà che aveva come capitale il complesso di Caral e le cui origini risalgono a circa 5.000 anni fa.
Queste forme si trovano in un fregio situato nell’anticamera di una sala cerimoniale, parte di un edificio di 874 metri quadrati, da cui dominano i campi della valle del fiume Huaura.
Il muro forma lo spazio dell’anticamera, antecedente alla Sala Cerimoniale, di un edificio pubblico, orientato verso i campi della valle di Huaura.
La scena è composta da quattro teste umane con gli occhi chiusi, una accanto all’altra, e due serpenti che si muovono tra di loro, rivolgendosi a un’altra testa non umana, che rappresenterebbe un seme antropomorfizzato, da cui emergono cinque aste verticali conficcate nella terra. I rilievi simboleggerebbero la fecondazione della terra, i serpenti rappresentano la divinità, legata all’acqua, che penetra nella terra e fa germogliare il seme.
Secondo la dottoressa Ruth Shady, direttrice della zona archeologica di Caral, unità esecutiva del Ministero della Cultura, e il suo team di archeologi, questi rilievi rappresentano e difficoltà che la società ha dovuto affrontare a causa dei cambiamenti climatici e della scarsità d’acqua.
Secondo la Shady, il rospo è, all’interno della visione del mondo andina, un’icona legata alle piogge e all’acqua del fiume, essenziali per l’agricoltura, mentre la testa antropomorfa rappresenterebbe l’essere umano che aspettava l’acqua per dare continuità alla vita.
Secondo i ricercatori, le rappresentazioni di personaggi morenti, scheletrici e pesci, catturate nei murales degli edifici scoperti nella valle del Supe, 200 chilometri a nord di Lima, rappresentano gli effetti di una catastrofe naturale che ha colpito le popolazioni dalla costa peruviana in tempi remoti.
«Gli altorilievi nella parte inferiore mostrano i caratteri cadaverici, dove le costole, le ossa, risaltano abbastanza, il che potrebbe ricordare il tempo in cui ci fu una crisi a causa dei cambiamenti ambientali», ha descritto il ricercatore Aldemar Crispín.
Vedi anche:
– Caral: l’antica città del Perù che ispira gli architetti moderni
– Áspero (Perù) – Le ziqqurat dove meno te le aspetti
– Lady Takabuti, la mummia della giovane, bionda, riccia, figlia di un sacerdote di Amon