In questo articolo oltre a fornire informazioni sui ritrovamenti effettuati nel Tholos di Montelirio in Spagna e nel grande Mausoleo megalitico rinvenuto a circa 200 metri di distanza, la tomba del cosiddetto Marchante del Marfil, cerchiamo di ampliare la nostra visione, mettendole in relazione, al fine di evidenziare quanto segue:
- già nel III millennio a.C esisteva una rete commerciale dedicata alla fornitura di materiali esotici con rotte commerciali che coprivano entrambe le estremità del Mediterraneo, le coste atlantiche dell’Africa e dell’Europa e non solo l’Atlantico con il Mediterraneo, ma anche il Baltico e l’Oriente. Questa rete commerciale prevedeva una complessità sociale, strutturata in classi con accesso differenziale alla ricchezza, molto ben evidenziata nei ritrovamenti di Valencina.
- vi era sicuramente una classe commerciale, dedicata alla fornitura di materiali esotici, che necessitava di una ricca flotta navale e terrestre per collegare le rotte dove venivano rifornite le materie prime.
- si intuisce l’esistenza di una classe sociale con accesso differenziato agli oggetti di lusso, con la capacità di accumulare ricchezze, che consentiva loro la costruzione di tombe monumentali in cui occupare un posto privilegiato anche dopo la morte. Ma le attrezzature funerarie di lusso, oltre ad alto costo nella sua produzione, implicano anche abilità tecniche specializzate, ecco dimostrato l’esistenza di artigiani la cui abilità richiedeva tecniche e formazione e che quindi costituivano una classe specializzata a se stante.
Prima di passare all’analisi dei siti e ai loro preziosi ritrovamenti ci permettiamo un suggerimento: non andrebbe riconsiderata la storia come ci viene raccontata sui libri a scuola?
Il Megalite di Montelirio
Il sito, costituito da grandi lastre di ardesia che si estendono per circa 45 metri, si trova nella zona archeologica di Valencina de la Concepción-Castilleja de Guzmán, nel sud-ovest della Spagna, fu scoperto nel 1868 e abbandonato per decenni. I suoi scavi furono ripresi nel 1980 a causa dello sviluppo urbanistico di Siviglia.
Schematicamente si tratta di una costruzione megalitica datata tra 4.000 e 3.000 a.C. composta da un “corridoio” a cielo aperto di circa 40 metri di lunghezza che conduce a due camere sotterranee coperte da cupole di circa 5 e 2,75 metri. di diametro, rispettivamente, che erano sostenuti – durante l’impostazione dell’opera – su pilastri di legno.
La camera principale in ardesia, era ricoperta da una patina di cinabro rosso e decorata con motivi riferiti al Sole.
Grazie alle ultime ricerca dell’Università di Siviglia, si è potuto constatare che per alcuni minuti durante il solstizio d’inverno il sole si insinua nel corridoio d’ingresso, e illumina la camera funeraria colpendo una stele che rappresentava la Dea Madre e provocando sicuramente un forte impatto sensoriale tra le persone che erano dentro, un po’ come avveniva nei nuraghe sardi nei solstizi invernali o estivi a seconda del luogo.
Un grande affascinante mistero
La recente indagine guidata dal professor Leonardo García Sanjuán del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia, ha rivelato al mondo anche uno dei grandi misteri del megalitismo peninsulare: sono state trovate 20 persone, almeno 15 donne e 5 individui di sesso non identificato, ma più probabilmente femmine, vestite con abiti spettacolari intrecciati con migliaia di perline, di diametro compreso tra 3 e 4 millimetri, che portano ciondoli di avorio e ambra a forma di ghiande, distese a cerchio nella camera principale.
Nei resti di tutti i corpi sono stati rilevati livelli estremamente alti di mercurio, ci informa il dr. Almadén, Ciudad Real, che causerebbe gravi disfunzioni motorie e cognitive. “Ciò significa che sono stati continuamente esposti al cinabro, sia per ingestione per motivi religiosi o perché vivevano con la pelle dipinta dal mercurio”, sottolinea il ricercatore. Inoltre le ossa presentano condizioni tipiche di artrite e artrosi che, data la loro giovinezza (l’età media di morte nell’età del rame era intorno al 40 anni), indicano che camminavano molto o erano “danzatori”, il che rafforza il loro possibile ruolo sacerdotale. García Sanjuán ammette che “Non è noto se siano morti tutti nello stesso momento o in un periodo di tempo molto breve, ma è possibile che il monumento sia stato costruito per un evento funebre unico o per un gruppo molto speciale“.
Queste persone sono state sepolte con abiti speciali, realizzati con decine di migliaia di perline o conchiglie di calcare e infilati con fili. Il peso di queste abiti, secondo i calcoli degli studiosi, sarebbe intorno agli 8 o 10 chili. Uno dei corpi è stato trovato in postura orante verso la statua della divinità femminile, sebbene la maggior parte degli scheletri siano in posizione supina.
Importanti reperti
Insieme ai resti, sono stati portati alla luce materiali usati a scopi religiosi, importati da luoghi lontani, come avorio, ambra, variscite, cinabro o cristallo di rocca.
VARISCITE
La variscite è un minerale, chimicamente un fosfato idrato di alluminio, scoperto nel 1837. Il nome deriva dal termine Variscia con il quale veniva chiamato il Vogtlandkreis in Germania dove è stato scoperto il minerale.
La pietra è traslucida e presenta tonalità di verde giallastro che variano da profonde a pallide. Quando tagliati a cabochon e lucidati, a volte mostrano fasce o anelli , oppure “occhi” grigi e gialli.
La Variscite in antichità si credeva fosse velenosa per i licantropi e, se immesso nel flusso sanguigno tramite la punta di un’arma, causava il triplo del normale danno per quell’attacco. L’infezione potrebbe anche essere ottenuta da una pietra montata in un anello o altro gioiello e premuta in una ferita aperta di un licantropo, o toccata dalla lingua della creatura.
CINABRO
Il cinabro o cinnabrite o cinnabarite o solfuro di mercurio è un minerale da cui tramite arrostimento e successiva condensazione, si estraeva il mercurio. I più importanti giacimenti si trovano ad Almadén in Spagna, (un tempo i giacimenti più produttivi), in Italia nella zona del Monte Amiata e a Idria in Slovenia. Il Patrimonio del mercurio di Almadén ed Idria è un sito patrimonio mondiale dell’umanità riconosciuto nel 2012 dall’UNESCO.
A causa del suo contenuto in mercurio, il cinabro è considerato tossico per l’uomo e l’ambiente. Durante l’antica Roma, schiavi e detenuti venivano mandati a lavorare nelle miniere di cinabro di Almadén, in Spagna: tale pena era equiparata ad una condanna a morte, a causa della scarsa aspettativa di vita dei condannati, costretti a vivere a contatto con questo minerale.
Il cinabro, sia naturale sia sintetizzato, è stato usato in pittura per produrre il pigmento vermiglione, oltre che per l’estrazione del mercurio.
Inoltre è sempre servito, fin dall’antichità, per separare l’oro dalle impurità dei minerali nei quali è contenuto.
Per la sua capacità di trasformarsi in mercurio, il cinabro è alla base di tutto il pensiero alchemico cinese dell’antichità, e riveste un ruolo di primaria importanza anche nelle tecniche di longevità e di ricerca dell’elisir di immortalità, proprie del Taoismo.
Il cinabro veniva utilizzato sia nell’alchimia esteriore o exoterica (waidan) per convertire il piombo (di natura yin) in oro puro (di natura yang), sia in quella interiore o esoterica (neidan), in cui il crogiuolo dell’alchimista di colore rosso-cinabro (tan) assume un significato simbolico e spirituale.
Il cinabro nell’alchimia cinese è così la materia prima della pietra filosofale. In altre parole, esso è il materiale di base per l’elaborazione dell’oro nell’alchimia esterna e dell’elisir di immortalità nell’alchimia interiore.
Il reperto che attrae immediatamente l’attenzione è sicuramente il pugnale di cristallo di rocca con un’elsa e fodero d’avorio, un materiale molto inusuale per l’epoca, dove i pugnali erano fatti di selce.
È stato trovato da solo in una camera separata. Misura quasi 22 centimetri di lunghezza ed è simile nella forma ad altri pugnali del periodo.
Nel sepolcro, è stato rinvenuto moltissimo materiali lavorato e trasformato attraverso un’eccezionale capacità artigianale; sono stati individuati pezzi di avorio intagliato, una lamina d’oro e 25 punte di freccia di cristallo di rocca.
Da uno studio più approfondito, effettuato successivamente da una equipe di ricercatori dell’Università di Granada, è emerso che nessun pezzo litico scolpito, ritrovato all’interno del tholos, è stato utilizzato prima di essere depositato nella tomba.
La Tholos de Montelirio non è visitabile e i suoi oggetti e resti sono attualmente conservati nel Museo Archeologico di Siviglia. È un peccato che alcuni pezzi che hanno fatto il giro del mondo scientifico, dato il loro valore innegabile, non possano essere ammirati dal pubblico.
La tomba della cosiddetta Marchante del Marfil
La tomba di Montelirio è stata messa in relazione con un altro grande mausoleo megalitico rinvenuto a circa 200 metri di distanza: la tomba del cosiddetto Marchante del Marfil. Si tratta di un “grande uomo” che fu sepolto con oggetti di valore, tra cui la zanna di un elefante e un pugnale di selce con un pomo d’ambra. La Max Plank Society di Jena (una rete leader di istituti di ricerca scientifica tedeschi) sta analizzando diversi campioni che consentiranno di determinare la possibile relazione tra tutti i corpi trovati.
Fonti:
– El pais.com del 6 febbraio 2019
– https://terraeantiqvae.com/m/blogpost?id=2043782%3ABlogPost%3A452787
– https://docplayer.es/amp/64512252-Capitulo-13-el-ambar-del-tholos-de-montelirio.html