Ci troviamo alle propaggini nord orientali del Gennargentu. Il paesaggio agropastorale, tipico della Sardegna interna, fa da cornice al complesso nuragico della località nota con il nome di Gremanu o Madau, in agro di Fonni.
Un luogo magico, un complesso di fonti con l’unico esempio noto di acquedotto di età nuragica e una tipologia, finora sconosciuta, di architettura religiosa, con tanto di officina per l’esposizione delle offerte, sono solo alcuni aspetti di questo straordinaria area sacra nuragica, situata in territorio di Fonni in provincia di Nuoro.
Vicino sorge anche la vasta necropoli di Madau con tombe di giganti (così vengono chiamate le monumentali sepolture nuragiche dell’età del Bronzo).
Il tutto si sviluppò ed ebbe vita fra il XV e il IX sec. A.C. oggi rimane un complesso archeologico esteso oltre sette ettari.
Non vi sono dubbi: a Gremanu di Fonni ci troviamo di fronte all’unico esempio finora noto di acquedotto nuragico, un complesso di fonti collegate tra loro da un elaborato progetto idraulico, funzionale alla raccolta delle sorgenti della montagna, le cui acque venivano utilizzate per i riti religiosi e per il fabbisogno ordinario delle genti del villaggio che stava in basso.
Un elaborato progetto
Situato a più di 1.000 m di altitudine il complesso si articola, a monte, in una serie di fonti e pozzi per la captazione e la raccolta delle acque e, a valle, in una serie di templi con abitato.
A monte, gli scavi hanno portato alla luce una serie di fonti e pozzi che, tramite un articolato sistema di canalette, convogliavano l’acqua a valle, nonché una vasca di forma rettangolare realizzata con conci di trachite e basalto finemente lavorati.
Nella valle bagnata dal rio Gremanu sorge il villaggio composto da circa 100 capanne e da diversi edifici sacri, racchiusi in un recinto rettangolare, tra i quali un tempio a megaron e un tempio a pianta circolare, il santuario.
Un complesso di fonti a monte e a valle
A monte
Da una prima fonte, in opera isodoma, cioè a filari regolari di conci di pietra, come le altre strutture del complesso, le acque, attraverso una canaletta, passavano a un secondo pozzo circolare.
Da questo secondo pozzetto parte un’altra canaletta che porta verso il pendio.
Le acque venivano quindi convogliate al sottostante complesso templare e abitativo.
Sul lato destro del muro a emiciclo, che delimita lo spazio di rispetto delle fonti, le indagini hanno riportato in luce una vasca di forma rettangolare, costruita con conci in basalto a T, lavorati dai nuragici con scalpelli a punte di diversa lunghezza per rifinire e lisciare le superfici in vista. I blocchi si legavano fra loro con verghe metalliche e lignee, inserite negli incastri nelle code o nelle estremità dei conci stessi. L’interno della vasca è pavimentato da lastre di trachite e di tufo legate da incastri perfetti.
Nelle vicinanze è stata ritrovata una testina di ariete in trachite, ma la mancanza di materiale ceramico significativo e i pochi frammenti di bronzo rinvenuti non danno molti indizi sull’uso di queste fonti, che comunque appare esclusivamente religioso. Soprattutto, la vasca rituale per le abluzioni purificatorie, molto simile a quella presente nel tempio di Nurdòle e le numerose basi per offerte rinvenute nel villaggio sottostante sono delle chiare testimonianze di sacralità del luogo.
Di recente è stato riportato in luce un terzo pozzo, che si apre all’interno di un ambiente circolare, adiacente alla vasca lustrale, con copertura a tholos (cupola).
All’interno della tholos, lungo la circonferenza dell’edificio e sopra un piano lastricato, poggiavano pugnali e spilloni in bronzo ed elementi di collana in ambra.
Dallo scavo del pozzo provengono, invece, diversi contenitori in ceramica, olle, brocche e altri piccoli recipienti usati per prendere l’acqua, databili nelle fasi finali dell’età del Bronzo (XII-IX a.C.).
Scendiamo ora nella piana della piccola valle in basso, percorsa dal rio Gremanu, dove si trovavano il villaggio e i templi nuragici.
A valle
L’area santuariale, delimitata da un recinto sacro lungo circa 70 metri, detto témenos, presenta tre edifici templari: il tempio circolare, il tempietto a megaron e l’edificio cultuale absidato
L’ingresso avveniva a sud tramite un’area semicircolare provvista di banconi-sedili, nei quali sostavano i fedeli prima di accedere ai luoghi sacri.
Il tempio circolare
Il tempio circolare presenta un diametro di nove metri ed una pavimentazione molto accurata, con lastre di granito e scisto perfettamente aderenti tra loro.
Al centro dell’ambiente è un muro trasversale che delimita due vani: il vano diametralmente opposto all’ingresso, utilizzato per le attività fusorie, e il vano dotato di banconi-sedili nel quale sostavano tutti coloro che presiedevano ai culti e ai riti
Sul lato nord-ovest è una nicchia ripostiglio. Per l’evidente attività fusoria, la copertura dell’edificio non dovette essere quella tradizionale a falsavolta, ma è ipotizzabile una copertura costituita da materiale deperibile aperta al centro per la fuoriuscita dei fumi.
Tempio a megaron
In prossimità del tempio circolare è stato portato alla luce un tempio a megaron, ovvero un edificio di pianta rettangolare composto da una camera principale preceduta da un piccolo atrio o vestibolo.
All’interno del tempio vero e proprio si conserva un muro, obliquo rispetto al muro perimetrale, di blocchi di trachite rosa ben squadrati, che si appoggia al muro di fondo delimitando un vano dove trovava posto il focolare rituale.
Edificio cultuale absidato
Un terzo edificio cultuale, di forma rettangolare con parete di fondo absidata, è stato messo in luce davanti al tempio circolare. Esso presenta un pavimento lastricato ed una conca presumibilmente utilizzata per contenere l’acqua.
Molti sono i conci ritrovati, di trachite, di calcare arenaceo e di basalto, sagomati a coda di rondine, a T, o decorati da profonde incisioni .
Interessante notare che quasi tutti i blocchi presentano le superfici ricoperte da uno strato di materiale siliceo per aver subìto un processo di fusione. Tutta la zona dei vicini monti di Corr’é Boi è, infatti, interessata dalla presenza di antiche miniere di piombo e molti filoni sono ancora oggi visibili in superficie. Il piombo estratto, reso fluido negli appositi focolari (fonde alla modesta temperatura di 327,4° Celsius), poteva trovare un immediato utilizzo nelle basi in pietra per le offerte, abbondantemente rinvenute a Gremanu: molte di queste basi presentano dei fori che conservano ancora le piccole colate di piombo necessarie per fissare le offerte votive, costituite principalmente da spade e bronzi figurati.
Il culto dell’acqua e l’ordalia
Il culto dell’acqua tra i nuragici, appare testimoniato non solo da numerosi luoghi di culto, pozzi e fonti disseminati in tutto il territorio isolano, ma anche dalle fonti classiche, che riferiscono di come i nuragici attribuissero al prezioso liquido delle proprietà miracolose: essa era utilizzata infatti sia a scopo terapeutico sia per la pratica del rituale dell’ordalia o del “giudizio dell’acqua”, che riguardava principalmente coloro che erano stati accusati di furto: questi dovevano immergere gli occhi nell’acqua e se acquistavano una vista migliore erano considerati innocenti, se invece divenivano ciechi erano considerati colpevoli agli occhi della comunità.
Ordalia
Il giudizio di Dio richiesto in vertenze giuridiche che non si potevano o non si volevano regolare con mezzi umani, praticato dai popoli germanici dell’Alto Medioevo in varie forme: duello giudiziario, prova del fuoco, dell’acqua, della croce, ecc.
Le Tombe dei Giganti di Madau
Le tombe dei Giganti di Madau sono senza dubbio uno dei siti più suggestivi del territorio fonnese. Si tratta di quattro tombe rivolte a sud-est in ottimo stato di conservazione.
Hanno la classica forma caratteristica “a corna di bue” (‘orru e voe) di tutte le così chiamate “Tombe dei Giganti” dalla tradizione popolare che credeva che all’interno vi fosse sepolto un eroe dalle dimensioni gigantesche. La costruzione megalitica presenta un vano “tombale” allungato e coperto da una copertura ogivale o “a navetta” (così detta perché ha la forma di una chiglia di nave rovesciata) ed un’ampia esedra semicircolare dotata di banconi-sedili, destinata alle cerimonie funebri.
In quest’ampia area semicircolare avveniva probabilmente il rituale dell’incubazione attestato dalle fonti classiche ed in particolare da Aristotele, che riferisce infatti dell’usanza dei nuragici di dormire “presso le tombe degli eroi” per poter ricevere, durante il sonno, consigli e cure.
L’articolo entra nei particolari del sito archeologico, ma inaspettatamente non fa menzione della forma del recinto esterno del santuario di Gremanu. Forma che non da adito ad alcun dubbio circa il suo significato allusivo. Quella forma nulla ha di casuale ma è opera di ingegno, tant’è che il primo recinto, quello d’ingresso al temenos è di forma ovoidale, ossia realizzato secondo i criteri dell’ovoide geometrico (è dimostrabile). In ragione di ciò possiamo pensare, senza scadere nel triviale, che quella forma metta in evidenza la natura della divinità nuragica. Tutto in quel santuario, dalla parte a monte (pozzi sacri) a quella a valle (santuario con relativo temenos), è un inno alla vita. Anche il nome è un inno alla vita con quel toponimo, Gremanu, che nel nuorese ha il significato di “germano”, ossia proveniente dallo stesso germe, tant’è che in italiano la locuzione: “fratelli germani”, ha il significato di fratelli nati da stesso padre e stessa madre.
E’ necessario, a mio avviso, mettere in evidenza questa forma caratteristica del temenos, perché essa da modo di comprendere la religiosità di quel popolo. Non dobbiamo e non possiamo nascondere questo dato perché facendo ciò neghiamo a quelle genti il loro sentimento nei confronti della divinità, quella divinità che manifestava la propria esistenza in quegli organi preposti alla riproduzione della vita.