Li troviamo, lunghi e affusolati lungo le strade, nei sentieri di campagna o a svettare in mezzo ai campi.
Altezza e forma unica, quasi un cono, a volte una piramide, questo albero sembra indicare i cieli. È stato spesso associato all’immortalità per la sua caratteristica di ricrescere anche se drasticamente tagliato, il suo legno è profumato e leggero ma resistente, molto resistente anche all’umidità, non ha nemici, quindi è praticamente incorruttibile.
Non è originario dell’Italia ma arriva, con una lunga storie alle spalle, dall’antica Persia, dall’Egitto e dalla Grecia. Furono proprio i Greci, insieme ai Fenici e agli Etruschi, ad importarli. Nelle città persiane e greche i cipressi avevano un valore simbolico, un collegamento con il cielo e con gli dèi.
Secondo una leggenda persiana, fu il primo albero a crescere in Paradiso. A causa delle foglie sempreverdi, il legno era considerato incorruttibile e divenne l’immagine vegetale dell’immortalità.
Albero sacro a Saturno il “Dis Pater”, nell’antica Grecia è associato ad Apollo e Artemide.
I minoici lo veneravano come una manifestazione divina e il culto si estendeva da Cipro a Creta.
In Egitto, il suo legno veniva utilizzato per costruire bare, navi e per delimitare i luoghi sacri.
In Oriente ha evocato la fertilità a causa del suo aspetto vagamente fallico.
Nella tradizione ebraica, il cipresso era ritenuto il legno usato per costruire l’Arca di Noè e il Tempio, ed è menzionato come idioma o metafora nei passaggi biblici, o facendo riferimento alla forma dell’albero come esempio di rettitudine o alla sua natura sempreverde come esempio di eterna bellezza o salute.
Ampiamente usato nei riti funebri romani.
Incorruttibile, resistente, immortale, qualità che resero grandi alcune civiltà e le loro religioni guardarono al cipresso come un simbolo dei loro concetto di potere, perché?
L’argomento merita un’analisi più dettagliata.
Il Cipresso in diverse culture
Notiamo subito che l’albero simbolo della morte, collegato ai cimiteri o all’Ade in quasi tutte le culture antiche, in realtà è anche l’albero della vita perché è in grado di ripristinare la salute di coloro che vengono da lui respirando le loro essenze balsamiche. È sottile, stretto, molto alto e sembra un dito che punta verso il Cielo o un fallo eretto.
Egitto
Nell’Egitto lo troviamo spesso raffigurato accanto al Dio Min, il dio della fertilità.
Una scoperta recentissima degli archeologi spagnoli del Progetto Djehuty ha riportato alla luce sulla collina di Dra Abu el-Naga, vicino a Luxor (Egitto), un antico giardino funerario, il primo scoperto fino a questo momento.
La tomba, a cui il giardino è collegata, verrebbe fatta risalire a Sinuhé, un alto dignitario egiziano vissuto nel 1900 a.C., che godette del favore del faraone Sesostris I: nella storia letteraria sulla sua vita è stata ritrovata la citazione di un giardino o di un orto in relazione alla sepoltura. Notiamo la presenza costante di cipressi.
Gli antichi egizi lo utilizzavano per costruire i loro sarcofagi considerandolo un legno sacro.
Curioso notare che anche per la bara di Papa Giovanni Paolo II e le scatole con le quali gli eroi greci caduti furono sepolti sul campo di battaglia, secondo quanto riferito da Tucidide, è stato utilizzato il prezioso legno di cipresso.
Bibbia
Secondo la Bibbia anche l’arca di Noè e la croce di Cristo furono state costruite con legno di cipresso.
Dio ordinò a Noè di costruire la sua arca da “legno di gofer” – un altro nome per l’albero di cipresso. La Genesi, al capitolo 6, 14, afferma che l’Arca era stata realizzata in “legno resinoso” o “legno di גפר” (in ebraico, letteralmente, gofer o gopher o “kedr” kopher (= “resina”).
E quest’aura di “santità” ha accompagnato il cipresso anche nel Medio Evo quando queste piante, eleganti e forti, accompagnavano la vita nei monasteri e servivano da barriera frangivento, per delimitare lo spazio sacro da quello laico, proprio come facevano gli Egizi. Inoltre i monaci piantavano un cipresso al centro dei conventi per ricordare l’Albero della Vita che cresce al centro della Gerusalemme Celeste.
Il cipresso era tra le molte piante e alberi usati per lodare la Sapienza divina:
“Sono stato esaltato come un cedro in Libano e come un cipresso sul monte Sion”. (Siracide 24:15 – 18)
Islam
Anche la civiltà islamica ha provato ammirazione per questo albero che appare, con la palma, nella decorazione del Palazzo Imperiale di Topkapi, a Istanbul, dove possiamo ammirare sette cipressi a dodici rami.
Anche le tombe musulmane dell’Anatolia, in Turchia, sono per lo più decorate con cipressi, rappresentati artisticamente, che conferiscono loro un alone di serenità e immortalità. Possiamo inoltre constatare che il cipresso è spesso rappresentato nell’arte islamica come albero del Paradiso.
India
Cupressus cashmeriana è una specie di cipresso nativo per la parte orientale dell’Himalaya in Bhutan e nelle zone adiacenti di Arunachal Pradesh nel nord-est dell’India. È stato introdotto anche in Cina e Nepal eresce ad altitudini moderatamente alte di 1.250–2.800 metri.
Il cipresso del Bhutan è l’albero nazionale ufficiale del Bhutan, dove è spesso associato a luoghi religiosi buddisti. È stato ampiamente piantato intorno ai monasteri del Vihara e ai templi buddisti lì per secoli.
Estremo Oriente
I cinesi non distinguevano chiaramente tra Thuya e Cupressus.
Nell’antica Cina si ipotizzava che il consumo di semi di cipresso inducesse la longevità, poiché erano ricchi di sostanza yang. La fiamma ottenuta dalla combustione dei semi permetteva di individuare due preziosi materiali: la giada e l’oro, nonché le sostanze yang simbolo di immortalità.
In Giappone, uno dei legni più utilizzati nei riti shintoisti è una varietà di cipressi, gli hinoki.
Il cipresso era usato nella produzione di vari strumenti, come lo shaku (scettro) dei sacerdoti. È interessante notare che il fuoco rituale si accende sfregando due pezzi di hinoki, considerato puro e incorruttibile, usato anche per la costruzione di templi come il Grande Santuario di Ise ( 伊 勢 神宮 , Ise Jingū) uno dei siti più sacri e importanti dello Shintoismo costruito con cipresso giapponese.
Va ricordato che molte religioni hanno usato legno di cipresso per le loro travi.
Occidente
Le porte del Tempio di Diana, ci informa Plinio, erano fatte di legno di cipresso, elogiando che nel corso degli anni hanno conservato tutta la loro freschezza. Anche le prime porte della Basilica di San Pietro erano costruite in legno di cipresso.
Nel mondo occidentale, il cipresso in precedenza era dedicato a Plutone, la cui fronte era coronata dal suo ramo, ed è per questo che usavano anche spargere i loro rami alle porte delle case delle persone decedute.
Da allora, più di venti secoli fa, adorna i cimiteri dei popoli della cultura cristiana in tutto il bacino del Mediterraneo. E ha persino dato il nome a un’isola, Cipro, i cui abitanti l’adoravano in tempi lontani.
Anche gli dei dell’Olimpo Chronos, Asclepio, Persefone, Afrodite, Atena hanno qualcosa a che fare con il cipresso.
Nella tradizione classica, il cipresso era associato alla morte e agli inferi perché riusciva a rigenerarsi anche se tagliato troppo drasticamente.
Le famiglie ateniesi in lutto ornavano le case di ghirlande di rami di cipresso. Il cipresso è stato usato per fumigare l’aria durante le cremazioni. Era tra le piante adatte a realizzare ghirlande per adornare statue di Plutone, il sovrano classico degli inferi.
Si racconta che i viali idilliaci dei Campi Elisi, il paradiso della mitologia classica, erano scortati da antichi cipressi.
Asclepio per i Greci o Esculapio per i Romani, considerato il dio della medicina, ha come simbolo una verga di cipresso in cui si avvolge un serpente.
La sua origine mitologica è raccontata nella leggenda greca di Cipariso.
Il poeta Ovidio, nelle Metamorfosi, che scrisse durante il regno di Augusto, registra il mito più noto che spiega l’associazione del cipresso al dolore.
Il bel ragazzo Cipariso, un favorito di Apollo dio del Sole, uccise accidentalmente un amato cervo addomesticato. Il suo dolore e rimorso erano così inconsolabili che chiese di piangere per sempre. Fu trasformato in cupressus sempervirens, con la linfa dell’albero come lacrime.
In un’altra versione della storia, era il dio dei boschi Silvanus che era il compagno divino di Cipariso e che uccise accidentalmente il cervo. Quando il ragazzo fu consumato dal dolore, Silvano lo trasformò in un albero, e in seguito trasportò un ramo di cipresso come simbolo di lutto.
Mesopotamia
Troviamo rappresentazioni del cipresso anche nell’antica Mesopotamia.
Molto interessante è il contenuto di una tavoletta ritrovata tra la letteratura Sapienziale Sumerica, dal titolo ”Tenzone tra la Palma da dattero e il Tamarisco”.
Ricordiamo che il sumerico è la prima lingua del Vicino Oriente antico di cui si abbiano testimonianze scritte, risalenti, nelle loro forme più essenziali, alla fine del IV millennio a.C. Non sappiamo quando le opere abbiano avuto la loro prima composizione e se una tradizione orale abbia preceduto quella scritta o si sia affiancata ad essa nella divulgazione dei testi.
Il testo rappresenta un esempio molto famoso di un tipo particolare di testo letterario: la tenzone, nella quale due elementi antitetici per qualità e caratteristiche vengono personalizzati e opposti l’uno all’altro.
Ciascuno presenta i suoi elementi positivi e scredita l’altro in uno scambio di battute vivo e, in alcuni casi, mordace.
Ecco la traduzione del dibattito che coinvolge due alberi, la palma da dattero che dà succulenti frutti e un altro albero, tradotto come Tamerice, un albero dalle “piccolissime foglie alterne a forma di scaglia allungata, fini e morbide, direttamente attaccate al ramo. “Da lontano potrebbe venire scambiato facilmente per un ginepro, ma col vantaggio di non avere spine” (Giardinaggio.it).
Ricordiamo che nell’arte islamica e in quella egizia abbiamo trovato la palma accanto ad un cipresso.
Il Tamarisco aprì la bocca e parlò. Si rivolse alla Palma da dattero: “Il mio corpo … i corpi degli dei
Tu fai crescere i tuoi frutti, ma qualcuno li mette davanti a me come una serva che si avvicina alla sua padrona. Tu non dai vassoi per misurare. Tu sei … coltivazioni minori, ma io … I tuoi assistenti … davanti a me per te”. Nella sua ira la Palma da dattero gli rispose.Si rivolse a suo fratello il Tamarisco: “Tu dici: ‘Se costruiscono pulpiti per mee li abbelliscono per giunta, certamente non giurano per gli dèi davanti all’argilla(?).– Tu potresti anche essere il corpo degli dèi nei loro templi e le persone potrebbero chiamare con un bel nome i pulpiti degli dei, ma è l’argento che può vantarsi di essere l’ornamento degli dèi. … descrivi la tua bellezza!”
Manca un numero imprecisato di linee purtroppo.
Ovunque nel mondo antico vediamo riprodotto il frutto legnoso e profumato, potrebbe essere uno dei tanti tipi di cipresso.
Il cipresso di Kashmar sacro per i seguaci dello zoroastrismo
Tra i simboli a cui gli iraniani sono affezionati, nessuno è popolare come il cipresso. Innumerevoli qualità sono attribuite a questo albero e alla sua forma. Ogni volta che un poeta persiano ha cercato di descrivere al meglio la statura della sua amata, l’ha chiamata “cipresso“, confrontandolo il suo equilibrio, il movimento agile e l’incantevole corpo a quelli del cipresso e ogni volta che ha parlato di veridicità, rettitudine e giovinezza, ha preso il cipresso come modello.
I credenti nel libero pensiero hanno adottato il cipresso come simbolo di libertà. I mistici hanno notato che altri alberi che a volte hanno foglie fresche e altre appaiono appassiti e nudi, incarnano sia la perfezione che la desolazione, mentre il cipresso è libero da quest’ultima.
L’associazione del famoso cipresso con Zoroastro poggia sicuramente su una tradizione molto antica.
Firdūsī, Ferdowsi, o Firdowsi, è il maggior poeta epico della letteratura persiana, forse il più celebrato poeta persiano. Fu autore dello Shāh-Nāmeh o il “Libro dei re“, l’epopea nazionale dei re di Persia.
La storia raccontata da Firdausi, e riferita allo stesso modo da altri scrittori persiani e arabi, narra di un albero cresciuto da un ramo che Zoroastro aveva portato via dal Paese di provenienza degli déi, il Paradiso, e che successivamente aveva piantato in onore della conversione del re Vishtaspa allo zoroastrismo davanti alla porta del tempio del fuoco a Kashmar, nel distretto di Turshiz, Khurasan.
Il nobile Gushtasp salì al trono e inviò truppe in ogni parte del paese. Distribuì truppe in tutto il mondo e fondò templi di fuoco a cupola sulle alture. In primo luogo ha stabilito il fuoco di Mihr Burzin; guarda che culto ha creato nel paese! Zardusht piantò un nobile cipresso davanti al portale del fuoco all’interno e incise su quel nobile albero eretto: “Gushtasp accettò la Buona Religione”. Ha reso questo nobile cipresso un testimone; perciò Dio stava diffondendo la giustizia.
Quando passarono alcuni anni in questo modo, l’albero crebbe in altezza e in massa in mezzo, fino a diventare un cipresso così nobile e alto che un lazzo non riuscì a circondarlo.
Quando aveva mandato molti rami in alto, lui (Gushtasp, 1. 74) ha gettato intorno ad esso un buon edificio. Il Re della Terra vi si stabilì. Dio me lo ha inviato dal cielo dicendo: “Salite da qui in cielo”. Ora ascoltate tutti voi, a questo mio consiglio, andate a piedi al cipresso di Kashmar, seguite ciascuno per il sentiero di Zardusht. ” … Al suo comando tutto ciò che indossava, le corone volgevano il viso verso il cipresso di Kashmar. La casa di culto divenne così un paradiso. Chiamalo (l’albero) del Paradiso, se non sai perché dovresti chiamarlo il cipresso di Kashmar.
Firdausi, ed. VL. 3. 1498, 59-86; anche M. 4. 362-365
Non bisogna dimenticare che esistono notevoli cipressi di notevoli dimensioni e apparentemente di grande longevità in Persia e nelle terre adiacenti per sostenere la tradizione dell’albero Kashmar. Ad esempio, riguardo a un cipresso gigante trovato da Sykes nel 1899 nel villaggio di Sangun, nel distretto di Sarhad, nel sud-est della Persia, riportato in Sykes, Diecimila miglia in Persia.
Nel Seistan inoltre, oggi ci sono un certo numero di cipressi degni di nota, come descritto da Tate, Seistan, I. 188-190 Calcutta, 1910. Tate non ritiene impossibile, ad esempio, che i cipressi di Darg in Seistan e di Sangun nella Persia sud-orientale “possano essere stati propagati dal famoso albero di Kishmar per commemorare alcuni eventi importante a Sarhad e in Seistan, connesso con la diffusione delle dottrine di Zoroastro.”
Un albero di cipresso, vivente e molto famoso, troneggia ancora oggi ad Abarkooh, in Iran, e la tradizione vuole che sia proprio l’albero piantato da Zoroastro o per lo meno propagato da esso.
Scheda tecnica
Nome scientifico: Cupressus
Ordine: Pinales
Si tratta di una specie relitta, rappresentante della flora europea prima delle glaciazioni.
I cipressi sono un genere di piante sempreverdi appartenenti alla famiglia delle Cupressaceae e comprendono alberi che possono raggiungere i 50 metri di altezza.
Le sue caratteristiche principali sono decisamente uniche e sono spesso utilizzate per scopi ornamentali.
Questi alberi hanno una corona generalmente affusolata, piramidale e molto ramificata.
I rami sono molto sottili e ospitano numerose foglie ridotte a squame, strettamente appoggiate l’una contro l’altra o divaricate all’apice.
Il cipresso è una specie monoica, cioè che presenta sia fiori maschili che fiori femminili sulla stessa pianta ma su rami separati.
I fiori maschili sono molto più numerosi e si formano a fine inverno-inizio primavera (cioè tra la seconda metà di febbraio fino ai primi di marzo); la fioritura del cipresso può leggermente variare in base all’andamento climatico della stagione. I fiori maschili spuntano all’apice dei rami più giovani. Si riconoscono perché formano piccole sacche di colore giallo a forma di cono che aprendosi liberano grandi quantità di polline. Solo i fiori maschili ad arrecare danno a chi soffre di allergia al cipresso, o meglio, al polline liberato con la sua fioritura.
I fiori femminili sono meno numerosi, si formano insieme a quelli maschili ma hanno forma globosa e sono di colore violetto. I fiori femminili del cipresso spuntano su brevi peduncoli da rami apicali giovani.
I fiori sono declini, cioè nella stessa pianta vi sono infiorescenza formate solo da fiori maschili e infiorescenze composte da soli fiori femminili, il frutto detto globulo è formato dalle brattee e dall’infiorescenza femminile che si trasformano in squame legnose
I fiori sono poco appariscenti mentre i frutti appaiono da giovani come piccole sfere di colore verde chiaro, dette galbule, squamate e, dopo una maturazione lunga due anni, cambiano colore diventano coni legnosi con una forma arrotondata divisa in diverse scale. Queste scale, al raggiungimento della maturità, tendono ad aprirsi gradualmente, rilasciando piccoli semi alati
I galbuli, ricchi di tannino ed olio essenziale, vengono usati nell’industria farmaceutica per le loro spiccate proprietà vasocostrittrici, febbrifughe, astringenti intestinali e toniche.
Davvero un bel post. Non ne sapevo molto del cipresso nella storia e del fatto che venisse scolpito dagli egiziani, dai seguaci di Zoroastro… un albero che ha … storia
Storia antica del cipresso molto interessante