Mark Stoeckle della Rockefeller University e David Thaler dell’Università di Basilea, hanno pubblicato uno studio molto interessante, sulla rivista Human Evolution, basato sull’analisi approfondita del DNA di oltre 100.000 specie.
Ciò che hanno trovato li ha scioccati. I loro dati hanno mostrato che quasi tutte le specie animali, incluso l’uomo, sono emerse più o meno allo stesso tempo sulla Terra, e che nove specie su 10, sono nate tra 100.000 e 200.000 anni fa.
Lo studio si basa sull’analisi delle differenze genetiche all’interno del DNA mitocondriale di diverse specie di animali. A differenza dei geni presenti nel DNA nucleare, che possono differire notevolmente da specie a specie, tutti gli animali hanno lo stesso insieme di DNA mitocondriale, attraverso il quale è possibile effettuare un confronto, in quanto le sequenze genetiche all’interno del DNA mitocondriale possono essere neutre. Quindi, il conteggio del numero di queste differenze mutazionali neutre, può essere usato come un orologio per calcolare il tempo trascorso.
Ciò che sorprende, da una prospettiva evolutiva, e che mette in dubbio la teoria Darwiniana, è che quasi tutte le specie animali hanno circa lo stesso numero di queste mutazioni mitocondriali neutre, come se ci fosse stato un intervento su quasi tutte le specie. E il tasso di mutazione, basato su relazioni evolutive filogeniche, suggerisce che tutte queste decine di migliaia di specie diverse, inclusi gli umani, siano nate tra 100.000 e 200.000 anni fa.
Quindi secondo i ricercatori, ciò a cui ci si trova di fronte, sono distinti “tipi” di animali con confini genetici molto chiari che nascono tutti nello stesso momento.
Tutto questo inizia a sembrare piuttosto progettato o addirittura biblico.
Come si spiega il fatto che il 90 percento della vita animale, geneticamente parlando, ha all’incirca la stessa età?
C’è stato un evento catastrofico 200.000 anni fa che ha quasi spazzato via tutto? Oppure si tratta del risultato di un progetto ben architettato e messo in pratica, di cui forse possiamo trovare traccia sia nella Bibbia che nei testi egizi?
Ci viene spontaneo pensare ad un articolo di Massimo Barbetta apparso sulla rivista Archeomisteri di agosto 2019. Ve ne proponiamo una sintesi rimandandovi all’articolo completo per l’analisi lessicale e il confronto dei testi in ebraico, latino, greco, italiano e nella versione inglese di Re Giacomo.
Le due genesi nella Bibbia: Genesi 1, 11-12 e Genesi 2, 5-6
L’Antico Testamento, come molti testi che sono pervenuti a noi dal passato, può mostrarsi un inaspettato scrigno di conoscenze tramandate da millenni, e potrebbero confermare le tesi emerse da studi recenti.
Come ampiamente dimostrato nel libro Le Porte degli Elohim da Massimo Barbetta e Mauro Biglino, la differenziazione tra il primo ed il secondo capitolo di Genesi li colloca in un diverso contesto spazio-temporale. Infatti, se il secondo capitolo è ambientato sulla Terra, il primo, cronologicamente di molto antecedente al secondo, è situato in un luogo spazialmente distante dal nostro pianeta.
Un’attenta programmazione
Appare chiaro leggendo il testo biblico, la programmazione di una natura vegetale pre-ordinata, studiata e orchestrata per noi, ma momentaneamente addormentata, in attesa della concreta partenza del progetto.
Il testo rivela un preliminare intervento sull’arcaica biosfera terrestre, dove una parte molto importante è riservata alla scelta della vegetazione, con l’obbiettivo di fornire l’alimentazione idonea ai futuri abitanti.
Emerge dai 4 versetti del primo e del secondo capitolo della Genesi, come venisse posta l’attenzione sulla preparazione di una certa quantità di semi, posti nel terreno (adamah) della Terra (Erets) sotto forma di spore, in attesa di essere risvegliate alla germinazione, al momento opportuno, da un fattore scatenante chiamato in ebraico Ed, ”acqua proveniente dalla terra”, una sorta di vapore acqueo dove le componenti liquide (acqua) e gassose (aria) presenti si fondono in un “unicum” esteso su tutta la superficie terrestre.
Da notare il collegamento di quanto descritto in Genesi con le conoscenze Egizie del mito della Creazione, molte volte raffigurato nelle antiche tombe.
Leggenda egizia
Il concetto di vapore descritto nel libro della Genesi, che racchiude in sé una triplicità di Aria, Acqua e Vapore, lo ritroviamo nell’Antico Egitto rappresentato dalla Dea Tefnut, correlata all’umidità, alle nuvole alla pioggia, connessa al potere creatore e fecondante dell’acqua, da suo compagno Shu, dio dell’Aria e dell’Atmosfera. Essi erano i genitori di Geb, il dio della Terra e di Nut la dea del cielo.
Secondo le leggende egizie, in tempi antichissimi la vita sulla Terra non era possibile, in quanto la dea del cielo Nut, era totalmente adagiata sopra il corpo del dio Geb, il dio della terra, senza uno spazio interposto. Non vi era infatti il dio Shu, l’atmosfera in forma di vapore che consentisse alla flora e alla fauna di sopravvivere. Poi giunse Shu, il padre di Geb e Nut e ponendosi tra loro con le braccia sollevò lentamente il corpo di Nut, il cielo, fino a superare la propria testa e lì rimase assicurando, con la presenza dell’atmosfera, cioè sé stesso, la vita sula Terra.
Predisposizione di un habitat idoneo all’arrivo dei futuri abitanti
I semi descritti nei 4 versetti di Genesi riguardavano sia i germogli di erba (comune) idonea per l’alimentazione del bestiame (come ci riferisce il Gesenius Lexicon), sia di un tipo particolare di erba (commestibile) per alimentazione umana, con un loro globale tempo di crescita relativamente breve, una volta che fosse partita la umidificazione del terreno.
Ma altri semi, presenti nel testo di Genesi, furono attentamente studiati e predisposti dagli Elohim, “alberi da frutto producenti frutti carnosi” simili alle drupe, con la polpa all’esterno ed il nocciolo all’interno, molto succosi, gustosi e ricchi di potere nutritivo e di apporto vitaminico adeguato per il futuro Adam.
Sembra quasi di intuire, perciò, viste la ripetizione e la sottolineatura ebraica di queste caratteristiche, presenti in Genesi 1, 11-12, che si trattasse di un innesto botanico particolarmente studiato, forse elettivo per un particolare tipo di pianeta orchestrato dagli Elohim al fine di ottenere un tale tipo di frutto.
Non abbiamo altro da aggiungere per ora, ognuno tragga le proprie conclusioni.
Riportiamo qui di seguito, per gli interessati, la traduzione del testo e il link dello studio citato all’inizio dell’articolo.
La maggior parte delle specie ha la “stessa età” senza specie “intermedie”
Chi avrebbe mai sospettato che un test genetico portatile utilizzato per smascherare i sushi bar che spacciano tilapia per tonno potesse fornire informazioni utili sull’evoluzione, incluso il modo in cui emergono nuove specie?
E chi avrebbe mai pensato di setacciare cinque milioni di fotografie genetiche, chiamate “codici a barre del DNA”, raccolte da 100.000 specie animali da centinaia di ricercatori in tutto il mondo e depositate nel database GenBank gestito dal governo degli Stati Uniti?
Mark Stoeckle della Rockefeller University di New York e David Thaler dell’Università di Basilea in Svizzera, hanno pubblicato i risultati di uno studio, sicuri di mettere in dubbio, se non di ribaltare, diverse idee consolidate su come procede l’evoluzione.
Sui testi di biologia, ad esempio, viene detto che le specie con popolazioni ampie e distanti – pensiamo a formiche, ratti, umani – con il tempo diventeranno sempre più distanti dal punto di vista genetico.
Ma è vero?
“La risposta è no”, ha dichiarato Stoeckle, autore principale dello studio, pubblicato sulla rivista Human Evolution.
Per i 7,6 miliardi di persone del pianeta, i 500 milioni di passeri domestici o i 100.000 piovanelli, la diversità genetica “è più o meno la stessa”, ha dichiarato.
Il risultato più sorprendente dello studio, forse, è che nove specie su 10 sulla Terra oggi, inclusi gli umani, sono nate da 100.000 a 200.000 anni fa.
“Questa conclusione è molto sorprendente e ho combattuto strenuamente contro”, ha detto Thaler.
Questa reazione è comprensibile: come si spiega il fatto che il 90 percento della vita animale, geneticamente parlando, ha all’incirca la stessa età?
C’è stato un evento catastrofico 200.000 anni fa che ha quasi spazzato via tutto?
Più semplice, più economico
Per capire la risposta, bisogna capire il barcoding del DNA. Gli animali hanno due tipi di DNA.
Quello con cui abbiamo più familiarità, il DNA nucleare, viene trasmesso nella maggior parte degli animali da genitori maschi e femmine e contiene il progetto genetico per ogni individuo. Il genoma — costituito da DNA — è costruito con quattro tipi di molecole disposte in coppie. Nell’uomo ci sono tre miliardi di queste coppie, raggruppate in circa 20.000 geni.
Ma tutti gli animali hanno anche un DNA nei loro mitocondri, che sono le minuscole strutture all’interno di ogni cellula che convertono l’energia dal cibo in una forma che le cellule possano usare.
I mitocondri contengono 37 geni e uno di essi, noto come COXI, viene utilizzato per il barcoding del DNA.
A differenza dei geni del DNA nucleare, che possono differire notevolmente da specie a specie, tutti gli animali hanno lo stesso insieme di DNA mitocondriale, fornendo una base comune per il confronto.
Inoltre il DNA mitocondriale è molto più semplice e più economico da isolare.
Intorno al 2002, il biologo molecolare canadese Paul Hebert, che ha coniato il termine barcoding del DNA, ha trovato un modo per identificare le specie analizzando il gene COXI.
“La sequenza mitocondriale si è dimostrata perfetta per questo approccio per tutti gli animali perché ha il giusto equilibrio di due proprietà contrastanti”, ha detto Thaler.
Mutazioni “neutre”
Da un lato, la sequenza genica del COXI è simile per tutti gli animali, facilitando la selezione e il confronto. D’altra parte, questi frammenti mitocondriali sono abbastanza diversi da poter distinguere ciascuna specie.
“Coincide quasi perfettamente con le designazioni di specie fatte da esperti specializzati in ciascun settore animale”, ha detto Thaler.
Nell’analizzare i codici a barre di 100.000 specie, i ricercatori hanno trovato un segnale rivelatore che mostra che quasi tutti gli animali sono comparsi all’incirca nello stesso periodo in cui è comparso l’uomo.
Ciò che hanno visto è una mancanza di variazione nelle cosiddette mutazioni “neutre”, che sono i lievi cambiamenti nel DNA attraverso le generazioni che non aiutano né danneggiano le possibilità di sopravvivenza di un individuo.
In altre parole, erano irrilevanti in termini di fattori naturali e sessuali dell’evoluzione.
La somiglianza o meno di queste mutazioni “neutre” tra loro è simile agli anelli degli alberi: rivelano l’età approssimativa di una specie.
Il che ci riporta alla nostra domanda: perché la stragrande maggioranza delle specie esistenti oggi è emersa all’incirca nello stesso momento?
Darwin era sconcertato
Una possibilità è il disastro ambientale, ha spiegato Jesse Ausubel, direttore del Program for the Human Environment della Rockefeller University.
“Virus, ere glaciali, nuove specie in competizione, perdita di prede: tutto ciò può causare periodi in cui la popolazione di una specie animale diminuisce drasticamente”, ha detto, commentando lo studio.
“In questi periodi, è più facile che un’innovazione genetica spazzi la popolazione e contribuisca all’emergere di una nuova specie”.
Ma l’ultimo vero evento di estinzione di massa è stato 65,5 milioni di anni fa quando un probabile attacco di asteroidi ha cancellato i dinosauri e la metà di tutte le specie sulla Terra. Ciò significa che un collo di bottiglia della popolazione è solo una spiegazione parziale, nella migliore delle ipotesi.
“L’interpretazione più semplice è che la vita è in continua evoluzione”, ha dichiarato Stoeckle. “È più probabile che – in ogni momento dell’evoluzione – gli animali vivi in quel momento siano emersi relativamente di recente.”
In questa prospettiva, una specie dura solo un certo periodo di tempo prima che si evolva in qualcosa di nuovo o si estingua.
Eppure, un’altra scoperta inaspettata dello studio, le specie hanno confini genetici molto chiari e non c’è molto nel mezzo.
“Se gli individui sono stelle, allora le specie sono galassie”, ha detto Thaler. “Sono cluster compatti nella vastità dello spazio vuoto.”
L’assenza di specie “intermedie” è qualcosa che ha anche sconcertato Darwin, ha detto.
Fonte:
https://phys.org/news/2018-05-gene-survey-reveals-facets-evolution.html
Del resto gli scienziati si erano già accorti di parecchie anomalie anche in quello che mangiamo:
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/03/24/quel-mostro-genetico-chiamato-frumento/?fbclid=IwAR2LxFRt_AeNE9GvEu1R5DrYLy1LqY4xRxFXYXb5A-bUaHxcFiwmjE_c5_g
Nonchè le tesi esposte nel libro I geni manipolati di Adamo di Pietro Buffa, ossia frutta e verdura presentano sempre le stesse anomalie genetiche che sarebbero state improbabili in natura.