L’accensione di un fuoco è un compito che difficilmente riusciamo a portare a termine senza un accendino o dei fiammiferi. I primi umani probabilmente presero il fuoco da fonti naturali, e quando i nostri antenati acquisirono la capacità di accendere fuochi intenzionalmente trovarono un modo nuovo per proteggersi, la possibilità di cucinare, luce per illuminare il buio e calore a portata di mano.
A lungo si è discusso tra gli archeologi su quando sia avvenuta l’acquisizione di questa importante conoscenza.
Un team di ricercatori dell’Università del Connecticut (UConn), che ha lavorato con colleghi dell’Armenia, del Regno Unito e della Spagna, ha trovato prove convincenti che i primi esseri umani, come i Neanderthal, non solo controllavano il fuoco, ma padroneggiavano anche la capacità di produrlo.
“Si pensava che il fuoco fosse patrimonio dell’Homo sapiens, ma ora sappiamo che potevano produrlo anche altri umani come i Neanderthal”, afferma il co-autore Daniel Adler, professore associato di Antropologia. “Quindi forse non siamo così speciali.”
Il loro lavoro, pubblicato su Scientific Reports, combina l’archeologia, idrocarburi e isotopi come prova delle interazioni umane con il fuoco, con quello che era il clima decine di migliaia di anni fa.
Iricercatori hanno esaminato la grotta Lusakert 1 negli altopiani armeni ed hanno studiato molecole specifiche, correlate al fuoco e trovate nei rilievi archeologici, insieme ai dati paleoclimatici.
“L’accensione di un fuoco è un’abilità che deve essere appresa: non ho mai visto nessuno che sia riuscito a produrre fuoco senza che prima gli fosse stato insegnato. Perciò si discute se l’uomo abbia la capacità innata di accendere un fuoco“, afferma Gideon Hartman, professore associato di Antropologia e coautore dello studio.
Il team di ricerca ha esaminato campioni di sedimenti per determinare l’abbondanza di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che vengono rilasciati quando viene bruciato materiale organico.
Un tipo di IPA, chiamato IPA leggero, si disperde ampiamente ed è indicativo di incendi, mentre altri, chiamati IPA pesanti, si disperdono poco e rimangono molto più vicini alla fonte del fuoco.
“Osservando i marcatori per i fuochi prodotti localmente, iniziamo a vedere altre attività umane che sono in relazione ai resti di questi fuochi”, afferma l’autore principale Alex Brittingham, un dottorando in antropologia alla UConn.
Gli indizi di un aumento dell’occupazione umana nel sito, come concentrazioni di ossa di animali dei pasti e prove della produzione di strumenti, sono in relazione con una maggiore frequenza di fuochi e una maggiore frequenza di IPA pesanti.
I ricercatori avevano anche bisogno di escludere la possibilità che i fuochi fossero stati provocati dal tempo instabile, che provoca fulmini. Per fare ciò, hanno analizzato la composizione degli isotopi di idrogeno e carbonio delle cuticole cerose dei tessuti vegetali antichi conservati nei sedimenti. La distribuzione di queste cere fogliari indica il tipo di clima in cui crescevano le piante.
Non sono riusciti a trovare alcuna prova di un legame tra le condizioni paleoclimatiche generali e le caratteristiche geochimiche dei fuochi ritrovati, afferma Michael Hren, autore dello studio e professore associato di Geoscienze.
“Al fine di accedere sistematicamente ai fuochi provocati naturalmente, sarebbero state necessarie delle condizioni climatiche che producevano fulmini con una certa frequenza che a loro volta avrebbero potuto innescare incendi”, afferma Hren.
Abbinando i dati climatici alle prove trovate nei ritrovamenti archeologici, i ricercatori hanno quindi determinato che gli abitanti della grotta, nel periodo in cui utilizzavano il fuoco all’interno della grotta, non vivevano in condizioni più secche e più soggette a incendi. Anzi, per questi antichi umani ci sono stati meno incendi da cui prendere il fuoco nel periodo in cui la frequenza dei fuochi e la presenza di IPA nella caverna erano alte, dice Brittingham.
“Sembra che fossero in grado di controllare il fuoco al di là della naturale disponibilità di incendi”, afferma Brittingham.
Brittingham sta ora applicando le stesse tecniche di ricerca per analizzare altre grotte occupate dai primi umani. Attualmente sta lavorando con un team in Georgia, tra le altre località, per determinare se il fuoco è stato sviluppato in modo indipendente da gruppi in diverse aree geografiche.
“Era qualcosa che la gente in Armenia riusciva a fare ma la gente in Francia non riusciva a fare? È stata sviluppata in modo indipendente?” chiede Brittingham.
https://phys.org/news/2019-10-early-human-acquisition-squelches-debate.html