Con il neologismo terra-forming si intende un processo artificiale atto a rendere abitabile per l’uomo un pianeta, intervenendo sulla sua atmosfera in modo da renderla simile a quella della Terra ed in grado di sostenere un ecosistema. Ed è proprio quello che la comunità scientifica sta progettando di fare sulla prossima meta dei viaggi dell’uomo: Marte.
Curiosamente troviamo tracce di questo progetto e della sua attuazione sia nel mondo egizio che nell’Antico Testamento.
L’Atmosfera, essenziale per la vita
La religione egizia era più ricca di simboli che di miti, sebbene alcuni di questi fossero al centro di numerosi racconti, che per lo più si tramandavano oralmente.
Quale che sia la forma attribuita al Creatore, tutti i miti sono concordi nell’affermare che, mentre giaceva nell’abisso delle acque primordiali, era consapevole della solitudine e bramava di condividere il nuovo mondo con altri esseri e quindi cominciò a creare gli esseri viventi pronunciando i loro nomi.
A Eliopoli, i sacerdoti chiamavano il Creatore Ra-Atum; egli aveva un solo occhio e dopo ere di solitudine, questi espettorò Shu, dio dell’aria, e Tefnut, dea dell’umidità. Shu e Tefnut, i primi figli di Ra-Atum, si amarono e Tefnut partorì due gemelli, dapprima Geb, dio della terra, poi Nut, dea del cielo.
I due fratelli si amarono anch’essi e per molte ore giacquero abbracciati, con la conseguenza che tra loro non c’era abbastanza spazio perché qualcosa potesse vivere e crescere.
Gli Egizi hanno raffigurato molte volte, quasi freezandolo, un momento molto particolare per l’ecosistema terrestre.
Secondo le leggende egizie, infatti, in tempi antichissimi la Vita sulla Terra non era possibile, in quanto la dea Nut, la dea del Cielo, era totalmente adagiata sopra il corpo di Geb, il dio della Terra, senza uno spazio interposto.
Non vi era, infatti, il dio Shu, il dio dell’Atmosfera, dell’Aria e la sua sposa Tefnut, dea correlata “all’umidità, alla rugiada, alle nuvole, alla pioggia”, connessa al potere creatore e fecondante dell’acqua, il “soffio”, sotto forma di vapore che consente alla flora e alla fauna di sopravvivere.
Poi giunse finalmente Shu, il padre di Geb e Nut, che con le sue possenti braccia, ponendosi fra entrambi, sollevò il corpo della dea del cielo Nut, fino a superare la propria testa, assicurando così con la presenza dell’Atmosfera e quindi della vita sulla Terra.
Terra-forming nella Bibbia
L’elemento catalizzatore e scatenante di quello che appare essere un progetto di terra-forming con una natura vegetale pre-ordinata, ma sospesa ed addormentata in uno stato di spore quiescenti, in attesa della concreta partenza del progetto, emerge dal testo ebraico di 4 versetti del primo e del secondo capitolo di Genesi.
E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
Genesi 1,11-12
Non vi era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna e nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché l’Eterno DIO non aveva fatto piovere sulla terra e non vi era l’uomo che coltivasse il suolo. Ma dalla terra saliva un vapore che irrigava tutta la superficie del suolo.
Genesi 2, 5-6 Nuova Diodati
Questi versetti se letti con attenzione coniugano alla perfezione i principi di Umidità (Tefnut) ed Atmosfera (Shu) che crearono la vita sulla Terra salendo dal basso ove era posto il dio Geb (Terra) e dirigendosi in alto, verso Nut (Cielo).
I due versetti del primo capitolo di Genesi sembrano sostanzialmente uguali fra loro, per ribadire il concetto di quanto viene espresso: nel primo risulta l’intenzione di compiere un’azione da parte di Elohim e nel secondo la sua successiva attuazione pratica.
Invece i due versetti del secondo capitolo di Genesi, appaiono consequenziali secondo il codice narrativo del testo.
Innesto botanico-genetico orchestrato?
In buona sostanza emerge dai quattro versetti, come venisse posta l’attenzione sulla preparazione di una certa quantità di semi, posti in precedenza nel terreno (Adamah) della Terra (Erets) sotto forma di Spore, originariamente in un terreno sicuramente arido e disidratato, visto la totale mancanza di acqua, in un imprecisato tempo primigenio.
Non a caso infatti viene detto che non era ancora piovuto (Genesi 2, 5) e non era ancora comparsa la nebbiolina, le brume visto che la sua comparsa avviene solo in un secondo tempo (Genesi 2, 6).
I semi descritti nei 4 versetti di Genesi riguardavano sia i germogli di erba comune, sia di un tipo particolare di erba commestibile, con un tempo di crescita relativamente breve una volta che fosse partita la umidificazione del terreno.
Ma altri semi, presenti nel testo Genesi, concernevano, invece, alberi da frutto producenti frutti carnosi simili alle drupe, con la polpa all’esterno e il nocciolo all’interno, molto succosi, gustosi e ricchi di potere nutritivo e di apporto vitaminico adeguato per il futuro Adam (come è emerso da una profonda analisi lessicale effettuata dal dr. Barbetta, sul testo ebraico, greco e latino, disponibile su Archeomisteri Magazine – Agosto 2019).
Va evidenziato che nella versione greca, viene sottolineato con la parola Lignum la rilevanza che l’albero da frutto, per fornire sufficienti quantità di frutti, doveva avere l’aspetto e la forma di un albero adulto con un tronco ligneo già ben formato con tempi di crescita cronologicamente molto più lunghi rispetto alla normale erba commestibile, che poteva crescere in poche settimane.
Sembra quasi di intuire, viste le ripetizioni e la sottolineatura ebraica di queste caratteristiche, nei versetti 11 e 12 del primo capitolo di Genesi che si trattasse di un innesto botanico genetico particolarmente studiato, forse reso elettivo per un particolare tipo di pianeta, orchestrato dagli Elohim, al fine di ottenere un tale tipo di frutto.
È incredibile notare come testi molto antichi possano inaspettatamente rivelare un’estrema modernità, sia per quanto riguarda l’intervento sull’arcaica biosfera terrestre, sia su un uso di molteplici organismi vegetali, ben programmato, con l’obbiettivo di fornire alimentazione a tutti gli esseri viventi del pianeta.
Fonti:
Articolo di Massimo Barbetta – Archeomisteri Magazine Agosto 2019