L’articolo presenta una sistematizzazione bibliografica delle conoscenze dell’astronomia solare tra i nordici dell’Era dei Vichinghi, in particolare attraverso la descrizione di reperti di strumenti scoperti dagli archeologi.
di Johnni Langer1 e Lorenzo Sterza2
L’Astronomia e la navigazione nell’Era dei Vichinghi
La conoscenza astronomica dei popoli del nord durante l’Era dei Vichinghi è difficile da ricostruire, ma recentemente vari approcci e ricerche sono riusciti a darci un panorama più preciso su quest’area, specialmente del suo utilizzo per l’orientamento nautico [2][7][18] e delle sue relazioni con la mitologia e le credenze folcloristiche [4][5][9][10].
Le evidenze materiali mostrano le raffinate conoscenze nautiche dei nordici durante l’Era dei Vichinghi, tanto per le loro scoperte geografiche nell’Atlantico del nord durante il medioevo, quanto per le scoperte archeologiche di strumenti di navigazione, quali le bussole solari (per indicare la latitudine e alcuni orari). Su questa linea, i ricercatori sono giunti alla conclusione che questi navigatori non avrebbero potuto confondere un pianeta, di brillantezza stabile e che percorre la traiettoria eclittica, anche con movimenti retrogradi (in particolare Venere, e gli altri oggetti più brillante nel cielo dopo il Sole e la Luna) con una stella, oggetto celeste scintillante e fisso [7]. Come la maggioranza degli antichi popoli navigatori dell’emisfero nord, i nordici avrebbero utilizzato la stella Polare (alfa dell’Orsa Minore) come riferimento per trovare il Nord e come principale aiuto per la navigazione astronomica durante la notte del tempo precristiano [18]. Semplificando, per usare la stella Polare come oggetto di orientamento, si localizzano le costellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore, per individuare la stella in questione, situata a 1 grado dal Polo Nord celeste. Si traccia poi una linea immaginaria verticale tra questo punto e l’orizzonte e si ottiene il nord geografico.
Non esiste nessuna fonte scandinava che indichi una conoscenza diretta della stella Polare, ma essa è citata nel poema runico anglosassone (datato VIII secolo d. C.): “Tir è una stella guida che mantiene la promessa con i principi; sta sempre nel suo corso sopra le nebbie della notte e non cade mai”. Qui evidentemente abbiamo la nozione della Polare come Stella del Nord (indicatrice di orientamento geografico) [11]. Verso la fine dell’Alto Medioevo era ricorrente indicare la stella Polare come una stella dei naviganti dell’Europa Settentrionale (come descritta in uno studio sul calendario e sull’astronomia dell’Inghilterra del X secolo d.C., De temporibus anni, Alfrico de Eynsham) come conseguenza del suo utilizzo per localizzare il Nord geografico [10][11]. Secondo il ricercatore Ian Atkinson, il navigatore nordico avrebbe utilizzato un bastone verticale (o lo stesso albero maestro della nave) per marcare il punto dove appariva la stella quando era ancora vicino alla terraferma. Dopo, in alto mare, tornava a utilizzare il bastone: se la stella appariva nello stesso punto, significava che ci si trovava alla stessa latitudine; se appariva più in alto, voleva dire che l’imbarcazione si trovava a una latitudine maggiore, più vicina al Polo Nord geografico. A terra, questo metodo permette di determinare la latitudine in un raggio di 24 km [3].
Non abbiamo conoscenza di nessun tipo di strumento nordico nato con questo fine (neanche una citazione nella letteratura) ma sappiamo che i navigatori del mondo islamico utilizzavano un’apparecchiatura denominata kamal durante il IX secolo d.C. (ma creata precedentemente dagli indù e dai cinesi) che consisteva in un piccolo quadrato di legno con uno spago legato al centro. La tavola era stesa alla distanza del braccio del pilota e il filo teso fino al viso: dalla parte del lato superiore del kamal si osservava la stella, mentre il lato inferiore era livellato con l’orizzonte. L’angolo tra la linea della stella e l’orizzonte permetteva di ricavare la latitudine dell’osservatore [7].
Nel 1996, Engston e Nikanen hanno proposto nella rivista Fornvännen che le banderuole inserite nelle prue delle imbarcazioni nordiche potrebbero essere state utilizzate come strumenti per determinare la posizione del Sole e delle stelle, funzionando quasi come una specie di quadrante (ipotesi proposta inizialmente nel 1975 da Sven Larsen). Durante la notte, esse potrebbero aiutare a determinare l’altezza della stella sopra l’orizzonte e per conseguenza, la latitudine della nave. La stessa rivista ha pubblicato nel 1998 una contestazione a questa ricerca, fatta da Arne Christiansen, ma con un carattere molto superficiale. In ogni caso, la conoscenza degli strumenti nordici utilizzati nella navigazione è ancora carente di ricerche e dibattiti [18].
La maggiore limitazione dell’ipotetico metodo che coinvolge la stella Polare sta nel fatto che nel periodo estivo le stelle non sono visibili nelle regioni artiche, per il fenomeno del Sole di mezzanotte. Abbiamo fatto una prova con il programma Stellarium a due latitudini: nell’Islanda (65° N) la stella Polare non è stata visibile in nessuna ora del giorno o della notte (del 6/6/1000 d.C.); nella regione delle Sept-Iles nel Canada (51° N) la stella è stata visibile di notte nella stessa data. Altre stelle possono essere state utilizzate dagli antichi naviganti come indicatrici delle direzioni marittime, come Altair (Est), Antares (Sud-Est) e Capella (Nord-Est).
In un manoscritto islandese (GKS 1812 4to, De ordine ac positone stellarum in signis) nella sezione datata 1192 d.C., esiste la menzione a cinque costellazioni che sarebbero state conosciute nel mondo scandinavo prima della cristianizzazione, utilizzando nomi nativi: Kvennavagn, il carro della Donna o Signora (identificata nella moderna costellazione dell’Orsa Minore); Karlvagn, il carro dell’Uomo o Signore (Orsa Maggiore); Fiskikarlar, i pescatori (o cintura di Orione); Ulf’s Keptr, la Bocca del lupo (l’agglomerato delle Iadi nella costellazione del Toro); Asar Bardagi, Campo di battaglia degli dei (Costellazione di Auriga) [5]. La regione che comprende queste costellazioni copre il cielo osservato in Scandinavia, particolarmente da ottobre a febbraio, epoca importante per la religiosità, specialmente nel momento culminante dello Jól. Non era dunque tutto il firmamento celeste il luogo delle appropriazioni mitiche dei nordici [11].
In Germania, l’Orsa Maggiore è stata associata al dio Odino e al suo veicolo Wotanswagen e Irmineswagen. In Estonia questa costellazione era conosciuta come Otava; secondo alcuni ricercatori questa denominazione è stata influenzata dalla ragione scandinava (sarebbe stata originata da Óðins vagn, carro de Odino) allo stesso modo del finlandese Otawa. Il termine più generico usato nel folclore della Scandinavia non si lega individualmente e oggettivamente a una divinità, ma solamente a designare il carro dell’uomo, come in altre regioni dell’Europa (Danimarca Karlsvogn; Svezia, Karlwagn e Herrenwagen) [11].
Odino è conosciuto nella poesia scaldica come runni vagna (conduttore di carri), vinr vagna (amico dei carri), vári vagna/vagna ver (protettore/signore dei carri), valdr vagnbrautar (protettore della strada e dei carri), runni vagna (colui che muove il carro/costellazione), vagna Grimnir (carro di Grimnir), reiðartýr (dio del carro). Per il mitologo Thomas DuBois, il termine karl (che si trova nel termine karlavagnen/Karlvagn) si riferisce a un uomo di alta condizione sociale nelle società germaniche antiche: il libero agricoltore, membro del Comittatus dei capi e dei re, e pertanto con alto ruolo militare. Così, l’associazione di questa parola alla costellazione più riconoscibile dell’emisfero nord le conferisce uno statuto di marzialità, spiegando la sua associazione al dio Odino [4]. Concordiamo con questo riferimento, ancora di più se osserviamo che le due narrazioni della creazione delle stelle (Il dito di Aurvandil e gli occhi di Tiazi) sono connesse con lo smembramento o morte di giganti da parte di alcuni dei (o Odino o Thor, a seconda della versione del mito) [11].
Ci sono più dubbi che certezze sulla conoscenza astronomica nordica nell’Era dei Vichinghi. Molte fonti devono essere esplorate, e alcune narrazioni mitiche devono essere analizzate meglio, in relazione ad altri temi come la cosmologia, la cosmogonia, la cultura materiale e religiosa, ecc… Allo stesso modo conosciamo in dettaglio le relazioni tra fenomeni puramente atmosferici (come i pareli e le aurore) con i miti celesti scandinavi.
La bussola solare dell’Era dei Vichinghi
Sicuramente il Sole è stato il principale punto di riferimento per determinare la posizione e la direzione di navigazione nell’Atlantico del Nord. Il corso apparente del Re degli astri attraversa i cieli da oriente verso occidente, in modo dipendente dall’altezza dell’osservatore e dal periodo dell’anno. L’unica direzione fissa, indipendentemente dal periodo dell’anno e dall’altezza del Sole, si ha quando esso si trova alla culminazione (il punto più alto nel cielo) a mezzogiorno. Non è facile calcolare le direzioni quando il Sole si trova in un altro punto, ma è possibile farlo nei viaggi brevi con poca variazione di latitudine, sfruttando la conoscenza dei movimenti del Sole memorizzati a terra prima dell’imbarco. Secondo ricercatori come Thirslund e Vebaek, i nordici sono stati in grado di eseguire calcoli di posizione molto accurati utilizzando gnomoni di legno, probabilmente con un margine di ± 5°. Anche l’uso delle famose pietre solari, menzionate in diverse saghe islandesi, può aver aiutato i navigatori a localizzare il Sole, specialmente con tempo nuvoloso [18].
La bussola solare è un oggetto, in legno o pietra, utilizzato nel Medioevo per l’orientamento nautico, recentemente reso popolare dai media con la serie Vikings (2013). La prima evidenza di un oggetto di questo tipo si ebbe nel 1948 quando l’archeologo Christen Leif Vebæk scoprì, in un convento benedettino a Uunartoq (Groenlandia) un disco di legno rotto risalente al 1200 d.C., che misura 70 mm di diametro. L’oggetto, attualmente è conservato nel Museo Nazionale di Copenaghen. Più tardi, nel 1953, il capitano e storico marittimo Carl V. Sølver ha riconosciuto che due linee incise sul disco potevano corrispondere alle curve delle ombre di uno gnomone (puntatore o asta verticale). Le curve variano in base all’altezza e alla stagione dell’anno e le due linee incise sul disco di legno corrispondono al percorso del Sole durante gli equinozi e il solstizio. Inoltre, l’artefatto segnerebbe 32 diverse posizioni. Durante gli anni ’90, gli archeologi Christen Vebæk e Soren Thirslund hanno pubblicato alcuni libri e articoli sull’artefatto [18].
Alcuni ricercatori hanno messo in discussione che questo manufatto fosse una bussola, credendo invece che fosse un “disco confessionale”, un oggetto usato dai sacerdoti nordici medievali per contare il numero di confessioni
Ma altre tracce simili sono state scoperte. In Groenlandia (Vatnahverfi) è stato recuperato un pezzo di steatite contenente una curva gnomonica e un foro centrale (forse per portare una bacchetta gnomonica). Un disco di legno, risalente al XI secolo d.C, si trova anche nel Museo di Wolin, in Polonia. Il disco è stato trovato in uno scavo nel 2000, accanto a una nave nordica e oggetti slavi di Wolin. Ha un diametro di 81 mm e un foro centrale, probabilmente usato per inserire l’asta dello gnomone. Secondo le analisi dei ricercatori polacchi, l’artefatto sarebbe stato utilizzato per determinare l’ombra del Sole durante gli equinozi e l’estate [17][7]. Nel 2004 un esperimento nautico condotto sull’isola di Møn (Danimarca), ha messo alla prova una replica di questo disco. Sono stati usati quattro dischi di legno, tre in bianco e una copia di quello di Wolin. L’esperimento ha confermato che l’artefatto è un indicatore solare e sarebbe stato utilizzato alla latitudine del Baltico e del Nord Europa; le sue 12 linee segnerebbero determinati punti specifici dell’orizzonte. Un altro oggetto considerato un marcatore solare fu trovato in una tomba scandinava dell’isola di Groix (Francia), risalente al X secolo e realizzata in metallo con quattro cerchi concentrici che demarcavano il Sole durante le sue varie posizioni diurne [7].
Sebbene non vi sia alcun riferimento letterario o menzione nei documenti medievali alle bussole solari, molti ricercatori e navigatori ritengono che sia stato usato uno gnomone per determinare la latitudine, e quindi, stabilire la posizione della nave. Alcune repliche sono state costruite, e navigatori come Robin Knox-Johnson e Mike Cowham le hanno messe alla prova in esperimenti nautici che hanno dato piccoli margini di errore. Un oggetto molto simile era il solskuggerfjol: uno gnomone inserito in un recipiente con acqua, usato per determinare la latitudine del luogo e descritto da marinai moderni delle Isole Faroe [7].
Le discussioni più complete e aggiornate sulle bussole solari nordiche sono iniziate nel 2013, ad opera di un gruppo multidisciplinare composto da ricercatori ungheresi guidati da Balazs Bernárth. In una prima pubblicazione, i ricercatori hanno concluso che i manufatti sono stati utilizzati per determinare il mezzogiorno solare di una località e l’ombra di mezzogiorno in mare aperto. Come strumento nautico questa bussola unirebbe due funzioni, funzionando sia come orologio solare sia come indicatore del bordo delle ombre del Sole. Potrebbe aver funzionato come un calendario portatile, ma non come un orologio solare, poiché i suoi segni sono incompleti per misurare un giorno intero. I ricercatori hanno anche fatto alcune ipotesi sull’origine dello strumento: sebbene i nordici dell’area scandinava non avessero un’apparecchiatura simile, molti gnomoni erano conosciuti dai cristiani nell’Europa Settentrionale, e pure nelle aree nelle quali i vichinghi facevano incursioni. Anche l’esperienza commerciale e militare tra il mondo nordico e altre aree dell’Europa e dell’Asia, in particolare il mondo islamico, potrebbe aver importato la conoscenza empirica che ha originato i manufatti [2].
Lo stesso team ungherese ha condotto ulteriori studi e prove nel 2014, affermando che la bussola solare potrebbe essere stata utilizzata in unione con pietre solari fatte di calcite, specialmente al crepuscolo, per determinare la posizione del Sole, anche in associazione a bastoncini per le demarcazioni di angoli e tempi solari, come ad esempio un ciondolo nordico dell’XI secolo proveniente dell’Estonia, fatto di osso con una forma allungata e pieno di segni circolari [1].
La pietra solare dei vichinghi
La pietra solare (in nordico: solársteinn) anche popolarmente chiamata pietra solare Viking, è un tipo di minerale presumibilmente usato dagli antichi scandinavi come mezzo per l’aiuto nella navigazione marittima. Citata in alcune fonti medievali, è stata recentemente resa popolare dalle nuove scoperte e dalla sua apparizione nella serie televisiva Vikings.
La pietra solare è citata in Rauðúlfs þáttr (XIII secolo); con essa si può localizzare il Sole anche nei giorni nuvolosi. È anche menzionata nella Hrafns saga Sveinbjarnarsonar (XIII secolo) e in inventari monastici (secoli XIV-XV). Alcuni ricercatori sostengono che la natura allegorica di queste fonti darebbe un significato simbolico a questa pietra solare, ma d’altra parte la ricerca empirica e le nuove scoperte ci hanno permesso di stabilire che era davvero un oggetto reale usato nell’Era dei Vichinghi [6].
Il pioniere degli studi empirici riferiti alla pietra solare fu, nel 1967, l’archeologo danese Thorkild Ramskou. Egli credeva che essa potesse essere un minerale islandese (la cordierite) il quale avrebbe polarizzato la luce quando il Sole era nascosto dalle nuvole, aiutando l’uomo del Nord nelle navigazioni in alto mare durante l’Era dei Vichinghi [14].
Un gruppo multidisciplinare guidato da Guy Ropars (Università di Rennes), nel 2011 ha stabilito che con la pietra solare si poteva identificare la direzione del Sole ad occhio nudo, in condizioni turbolente e al crepuscolo. Le prove sono stati eseguite con Spato d’Islanda (cristallo di calcite trasparente). Il procedimento sarebbe stato quello di muovere la pietra attraverso il campo visivo fino a quando non arrivasse ad indurre nell’occhio un’immagine giallastra. Un modo alternativo è quello di marcare un punto nella parte superiore del cristallo, in modo che quando si guarda il lato in basso, compaiano due punti perché la luce è “depolarizzata” e scomposta lungo due diversi assi. Il cristallo può quindi essere ruotato fino a quando i due punti abbiano la medesima luminosità. L’angolo della faccia superiore mostra in questo modo la direzione del Sole [15].
Gli esperimenti della squadra guidata da Guy Ropars hanno tenuto conto della scoperta di un cristallo di calcite accanto a strumenti di navigazione di una nave britannica naufragata nel XVI secolo. Il frammento è stato scoperto nel 2002 nel Canale della Manica e fa attualmente parte della collezione del Museo Alderney (Francia). Analisi chimiche hanno rivelato che si tratta di Spato dell’Islanda. Secondo i ricercatori, i navigatori del Rinascimento avrebbero usato ancora questo metodo di orientamento perché la grande massa metallica trasportata dalla nave (i cannoni) influenzava la funzionalità della bussola magnetica [15]. Un’altra squadra di ricercatori ungheresi e svedesi ha ipotizzato che i norvegesi abbiano usato la bussola e la pietra solare insieme, per orientarsi anche di notte. Anche alcuni esperimenti nautici hanno dimostrato la praticità dell’attrezzatura [1] [8].
Anche se non ci sono scoperte archeologiche che dimostrino direttamente l’uso di pietre solari come strumenti di navigazione, recenti ricerche indicano la conoscenza della calcite da parte dei norvegesi durante l’Era dei Vichinghi, come dimostra quella trovata nell’insediamento di Annagasson in Irlanda [15].
1 Laureato in Storia presso l’Università Federale del Paraná in Brasile (UFPB) (1990), master in Storia presso (UFPB) (1996) e dottorato in Filosofia e Storia presso (UFPD) (2001). Esperto in Storia Antica, in particolare Storia Medioevale, con particolare riguardo alla storia dei Vichinghi ed alla Scandinavia medioevale. Insegna come Professore Aggiunto alla UFPB nel dipartimento di Scienza delle Religioni. https://ufpb.academia.edu/JohnniLanger.
2 Studente del corso di laurea in Scienza delle religioni presso (UFPB).
Bibliografia.
[1] Balázs Bernáth e al, “How could the Viking Sun compass be used with sunstones before and after sunset?” Proceedings of the Royal Society 470, 2014, pp. 01-18.
[2] Balázs Bernáth e al, “An alternative interpretation of the Viking sundial artefact: an instrument to determine latitude and local noon“. Proceedings of the Royal Society 469, 2013, pp. 01-16.
[3] Mike Cowham, “The viking sun compass”. Bulletin of the Scientific Instrument Society, 2007, pp. 01-05.
[4] Thomas DuBois. “Underneath the self-same sky: comparative perspectives on sámi, finnish, and medieval Scandinavia astral lore”. In: TANGHERLINI, Timothy (ed.). Nordic Mythologies: interpretations, intersections, and institutions. Berkeley: North Pinehurst Press, 2014, pp. 184-260.
[5] Christian Etheridge, “A systematic re-evaluation of the sources of Old Norse Astronomy”. Culture and Cosmos 16, 2013, pp. 01-12.
[6] Megan Gannon, “First evidence of viking-Like Sunstone found“. Live Science, 6 di marzo 2013.
[7] George Indruszewski & Jon Godal, “Maritime skills and astronomical knowledge in the Viking Age Baltic Sea”. Studia Mythologica Slavica 9, 2006, pp. 15-39.
[8] Martin Kemp (dir.), “Viking sun stone”. National Geographic Channels, 2012, documentario, 23m.
[9] Dorian Knigth, “A Reinvestigation Into Astronomical Motifs in Eddic Poetry, with Particular Reference to Óðinn’s Encounters with Two Giantesses: Billings Mær and Gunnlöð”. Culture and cosmos 17(1), 2013, pp. 31-62.
[10] Johnni Langer, “The Wolf’s Jaw: an Astronomical Interpretation of Ragnarök”. Archaeoastronomy and Ancient Technologies 6(1), 2018, pp. 1-20, Southern Federal University, Russian Federation.
[11] Johnni Langer, “Constelações e mitos celestes na Era Viking: reflexões historiográficas e etnoastronômicas“. Roda da Fortuna 1 (4), 2015, pp. 107-130.
[12] Johnni Langer, “O zodíaco viking: reflexões sobre etnoastronomia e mitologia escandinava“. História, imagem e narrativas, 16, 2013, pp. 01-32.
[13] Johnni Langer, “O céu dos vikings: uma interpretação etnoastronômica da pedra rúnica de Eckelbo” (Gs 19). Domínios da imagem 6(12), 2013, pp. 97-112.
[14] Thorkild Ramskou, “Solstenen”. Skalk, n. 2, 1967, pp. 16-17.
[15] Guy Ropars e al, “A depolarizer as a possible precise sunstone for Viking navigation by polarized sky light.” Proceedings of the Royal Society, 2011, pp. 01-14.
[16] Dénes Száz e al, “Adjustment errors of sunstones in the first step of sky-polarimetric Viking navigation: studies with dichroic cordierite/tourmaline and birefringent calcite crystals.” Royal Society Open Science, n. 3, 2016, pp. 02-21.
[17] Blazej Stanislawski, “Dysk drewnianyz Wolina jako kompas sloneczny.” Materialy Zachodniopomorskie 46, 2000, pp. 157-176.
[18] Christen Leif Vebaek; Søren Thirslund, “The Viking compass: guided Norsemen first to America.” Denmark: Humlebæk, 2002.