Viene chiamato Età del Bronzo il periodo storico che va più o meno dal 3.440 a.C. al 1.100 a.C.
È un periodo di transizione molto importante per l’umanità che fino ad allora aveva lavorato solo con metalli puri come il rame, l’argento o l’oro.
La scoperta del bronzo, una lega metallica composta dal 90% di rame e il 10% di stagno, fu un grande passo avanti tecnologico in quanto offriva il grande vantaggio di essere molto più resistente e duro del rame puro e tecnologicamente più idoneo in tante funzioni conferendo così superiorità alle popolazioni che lo utilizzavano.
Enormi ordini di armi in bronzo sono stati meticolosamente registrati sulle tavolette d’argilla rinvenute e datate in quel periodo. I soldati romani indossavano con la loro uniforme circa ventidue chili di bronzo. Statue, strumenti musicali, carri, arredamenti e vasellame erano fatti di rame o di bronzo. Persino per la decorazione degli arredi si utilizzava il bronzo. Visto l’enorme utilizzo , tali materiali assunsero ben presto un importantissimo valore economico e quindi di scambio, il loro approvvigionamento divenne indispensabile.
Di fatto quest’invenzione, innescò un cambiamento del mondo di allora, che ebbe conseguenze durature. Con il bronzo divenne possibile accumulare ricchezze facilmente trasportabili: i lingotti divennero di fatto una moneta di pagamento . Di contro furono causa di molti conflitti.
L’accesso ed il controllo delle risorse (come metalli, metallurgia, comunicazioni e rotte commerciali) portò all’emergere di una classe sociale superiore, inducendo una differenziazione tra le varie classi le cui conseguenze si sentono ancora oggi.
Questo innescò in Europa ed in Medio Oriente la necessità di organizzare una vera e propria “catena metallurgica”. Diversi gruppi furono coinvolti nell’attività mineraria, nel trasporto e nel commercio del rame.
Il relitto di capo Ulu Burun
Al largo delle coste turche, nell’estate del 1982, un pescatore di spugne segnalò all’Istituto Archeologico locale i resti di una imbarcazione.
La datazione effettuata con il metodo della dendrocronologia su un piccolo frammento ligneo la collocò intorno al 1350 a.C. nella tarda età del bronzo.
La nave di Ulu burun risulta costruita con la tecnica, in seguito chiamata dai Romani a mortasa fenicia, ed era stata studiata per l’uso in mare aperto, il che smentisce la tesi che la navigazione nell’età del bronzo fosse esclusivamente in vista della costa.
Le campagne di scavo che si susseguirono per oltre dieci anni riportarono alla luce la storia di un naufragio tra i più antichi in assoluto riscontrati nell’area, con una ricchezza e varietà del carico ineguagliabili.
Tra le merci primeggiavano i metalli come il rame e lo stagno, fusi nella tipica forma a pelle di bue che ne facilitava il trasporto a spalla, ma anche bronzo e metalli preziosi come oro ed argento, prevalentemente sotto forma di armi, utensili e gioielli; ceramiche di varia provenienza in forma di vasi ed anfore contenenti ancora tracce di resine, olio, fichi, melograni e cereali.
Tra gli oggetti in oro rinvenuti primeggiava uno scarabeo recante il nome di Nefertiti, insieme a bracciali e collane in ambra, quarzo, corniola e agata. Tra il prezioso carico furono trovati anche lingotti di vetro, strumenti musicali, carapaci di tartaruga, zanne di elefante, denti di ippopotamo e uova di struzzo, una statuetta del dio Bes probabilmente protettore della nave e un numero considerevole di ancore dalle fogge estranee alle aree dell’Egeo.
Nell’eccellente studio pubblicato nel 2002 da Hauptmann, Maddin e Prange, Struttura e composizione dei lingotti del 1300 a.C. provenienti dal relitto di Ulu Burun, gli autori affermano che:
il cargo rappresenta il ‘mercato mondiale’ del metallo grezzo nel Mediterraneo dell’epoca. Il relitto conteneva 354 lingotti a forma di pelle di bue e 121 lingotti discoidi, per un totale di dieci tonnellate di rame.
Inoltre è stata recuperata una tonnellata di stagno, in 120 lingotti e frammenti, un rapporto che corrisponde approssimativamente al rapporto tra rame e stagno nei bronzi classici.
Questi lingotti ora si trovano al Museo d’Archeologia Subacquea, a Bodrum, Turchia.
Bisogna innanzitutto sottolineare che la nave Ulu Burun ha prodotto la più grande collezione al mondo mai trovata di metalli grezzi dell’età del bronzo. Sulla nave c’era abbastanza rame e stagno per produrre 11 tonnellate di bronzo di altissima qualità. Se non fosse stato perso in mare, quel metallo sarebbe stato sufficiente per equipaggiare una forza di quasi 5.000 soldati dell’età del bronzo.
Lo studio dell’enorme quantità di oggetti recuperata dalle limpide acque di Ulu Burun prosegue tutt’oggi.
L’origine dello stagno e del rame utilizzato nell’età del bronzo è stato ed è uno dei più grandi enigmi della ricerca archeologica. Molte analisi vengono ripetute con metodi sempre più innovativi ,capaci di fornirci un’infinità di notizie su un passato.
Risultati sorprendenti dalle nuove analisi sullo stagno
L’indagine più recente (novembre 2022) sulla provenienza dello stagno della nave naufragata ad Ulu Burun è uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati della Washington University di St. Louis.
Il team guidato da Michael Frachetti ha esaminato i lingotti provenienti dal relitto e l’esito ha lasciato stupefatti gli studiosi, svelando un sistema di commercio diversificato, multiregionale e multivettoriale piuttosto sorprendente per i preconcetti che abbiamo riguardo l’età del bronzo.
Un terzo dello stagno che i ricercatori hanno trovato a bordo della nave naufragata sembra provenire da una miniera preistorica in Uzbekistan, oltre 2.000 miglia da Haifa, ultimo porto di attracco della nave.
Il metallo restante sembra risultare proveniente dalla miniera di Kestel nell’antica Anatolia, l’odierna Turchia.
https://www.larazzodeltempo.it/2019/enigma-stagno/
Analisi sui lingotti di Rame
Nello studio Struttura e composizione dei lingotti del 1300 a.C. provenienti dal relitto di Ulu Burun gli autori dichiarano che le dieci tonnellate di lingotti di rame a forma di pelle di bue recuperati dal relitto naufragato di Uluburun sono composti da rame “straordinariamente puro” (oltre il 99.5%).
Ma cosa vuol dire che il Rame è puro? Cerchiamo di capire un pochino meglio, anche se rimandiamo a letture più tecniche esposte in fondo all’articolo, chi volesse approfondire l’argomento.
Il rame
Il rame è ritenuto il metallo più comune sulla faccia della Terra dopo il ferro. È un metallo noto sin dalla preistoria, uno tra i primi ad essere utilizzato sia come metallo puro sia per produrre, insieme allo stagno, il bronzo. Veniva utilizzato per fabbricare vari oggetti, tra cui monili, oggetti sacri ed armi. La sua importanza diminuì quando l’uomo imparò ad utilizzare il ferro.
Ci sono diversi luoghi nel mondo in cui si trova il rame ma difficilmente allo stato puro.
Esso generalmente è incapsulato tra le rocce dalla quale deve essere liberato con gran fatica per ottenere il metallo. Inoltre la maggior parte del rame allo stato naturale si trova in basso grado di purezza.
La temperatura di un fuoco di legna è di 900°C, e con carbone di legna è superiore a 1000°C, ma i fuochi ad aria forzata sono più caldi, e soddisfacevano l’esigenza di ottenere il punto di fusione del rame di 1084°C.
La fusione del rame cristallizzato e la colata in stampi detti a pelle di bue, maneggevoli per la spedizione, ovunque sia stato fatto, è il primo passo della sua contaminazione. La rifusione, per la colata negli stampi degli utensili, può comportare ulteriore contaminazione, specialmente con l’aggiunta di utensili usati/rotti da rifondere , ma soprattutto per l’aggiunta di arsenico o stagno.
La maggior parte del rame europeo fu raffinata a partire dal 4460 a.C.
I giacimenti hanno raramente una concentrazione di metallo superiore al 15% e contengono molte tracce di elementi contaminanti, come ad esempio il piombo.
Rame Nativo
Il rame nativo invece ha una conformazione veramente unica, è un minerale composto quasi esclusivamente da rame con minime percentuali di altri metalli ma è molto raro in natura.
Molti sono i lingotti di rame recuperati nei vari siti in Europa e in Medio Oriente.
Alcuni lingotti a pelle di bue, ad esempio, sono stati scavati nelle rovine minoiche di Hagia Triadha a Creta (databili al 1550–1500 a.C.), e altri sono stati trovati in Sardegna, a Cipro, nel Delta del Nilo, in Turchia e in Bulgaria. Barre metalliche a forma di pelli di bue datate verso il 1700 a.C. sono state trovate a Falmouth in Cornovaglia.
Per quanto riguarda l’Egitto è interessante notare che le tombe dipinte del Nuovo Regno egizio e i rilievi dei templi mostrano un gran numero di lingotti di rame, ma uno solo è stato ritrovato in Egitto, se ne deduce che gli altri furono usati.
Analisi degli elementi–traccia- come impronte digitali
Poiché i metalli contengono sempre tracce di oligoelementi, si è pensato di poter effettuare una probabile identificazione geografica/geologica della fonte, utilizzando gli elementi-traccia contenuti nei vari lingotti, alla stregua di impronte digitali.
Il libro di J. Henderson, The Science and Archaeology of Materials, An Investigation of Inorganic Materials, Routledge, riporta uno studio tedesco compiuto su 12.000 oggetti contenenti rame, con lo scopo di identificarne la provenienza. Purtroppo non sono riusciti nell’intento, ma hanno notato una cosa molto importante per il nostro approfondimento:
i pezzi che contengono poche impurità, trovati in nell’Inghilterra e nella Francia del nord, possono essere collegati all’esistenza di lingotti di rame con poche impurità.
Barber nel suo testo, Bronze and the Bronze Age, Metal working and Soceiety in Britain 2500-800 BC, riferendosi all’analisi di reperti britannici dell’età del bronzo, afferma che
è interessante notare che i lingotti fusi in un modo comunemente usato nella tarda Età del Bronzo, spesso contengono rame puro, privo d’elementi in lega.
Recentemente la letteratura scientifica è giunta alla conclusione che la maggior fonte di rame che alimentò l’Età del Bronzo europea dopo il 2500 a.C. è ignota.
Una interessante targhetta esposta nel Museo dell’Età del Bronzo di Londra, dice:
“dal 2500 a.C. circa, l’uso del rame, prima limitato a parti del Sud Europa, improvvisamente si sviluppò nel resto del Continente”.
Nessuno però sembra sapere da dove il rame arrivasse in Europa, specialmente quello con poche impurità.
Davies per il British Museum nel Catalogue of Egyptian Antiquities in the British Museum, VII, Tools and Weapon dichiara di aver registrato
tracce generalmente basse di altri elementi contenute nei nostri oggetti egizi.
La pista del Rame, dal Mediterraneo all’America precolombiana
Ricapitoliamo un attimo per chiarezza.
Dalla sua scoperta avvenuta nel 1982, gli scienziati hanno studiato il contenuto del relitto di Uluburun al fine di ottenere una migliore comprensione della rete commerciale, delle persone e delle organizzazioni politiche che hanno dominato il periodo di tempo noto come tarda età del bronzo.
Per molti anni, la comunità archeologica si è basata sugli studi condotti da un gruppo di Oxford, con a capo N.H. Gale, e presentati alla Conferenza tenuta presso Rewley House a Oxford, che nel 1998 aveva esaminato circa un migliaio di isotopi di minerali e di lingotti, inclusi una sessantina di lingotti di Uluburun.
Nello studio di Hauptmann, Maddin e Prange, ottenuto mediante una particolare procedura usata per tagliare pezzi dalla superficie di 151 campioni di lingotti di Uluburun, è emerso che:
da un punto di vista chimico, la purezza dei lingotti è straordinaria in confronto con altri tipi di rame proveniente dal altri siti come Wadi Arabah (molto piombo), dal Caucaso (molto arsenico), dall’Oman (molto arsenico e nichel). I lingotti sono fatti di rame puro e mostrano tutti una composizione omogenea.
Dalle nostre indagini metallografiche, siamo in grado di escludere una purificazione consapevole o addirittura un processo di raffinazione per produrre i lingotti.
Dalla nostra ricerca metallografica, possiamo escludere una purificazione voluta e anche un processo di raffinazione per produrre i lingotti. Abbiamo rilevato scarsi indizi che possano essere stati aggiunti rottami di bronzo, vista la bassissima concentrazione di stagno e non includerebbero bolle di gas e inclusioni di scorie .
I lingotti forniscono una spiegazione alla questione di come un lingotto di un metallo duttile come il rame possa essere stato frantumato in piccoli pezzi come quelli scavati a centinaia in Sardegna. Spiccano due caratteristiche dei lingotti di Uluburun: la presenza di un notevole grado di porosità e un’elevata concentrazione di inclusioni di ossido di rame, che lo rendono fragile . Il semplice fatto di far cadere i lingotti su una superficie dura li frantumerebbe facilmente.
Questa caratteristica sembra sia dovuta ad un metodo di lavorazione piuttosto rozzo. Attenzione, questa caratteristica si rivelerà molto importante nella nostra ricerca.
Un ulteriore studio di Buddy, Pollard, Scaife, Thomas, Oxhide Ingots, Recycling and the Mediterranean Metals Trad“, pubblicato sul Journal of Mediterranean Archaeology, ha aggiornato l’intero lavoro sul prezioso contenuto del relitto di Ulu Burum e afferma che
tutti i lingotti a pelle di bue sono composti di rame essenzialmente puro… Nessuna conclusione significativa sulla provenienza può attualmente essere formulata dal confronto tra le tracce di elementi nei lingotti a pelle di bue di Cipro e della Sardegna.
Sappiamo dai geologi che solo il rame del Michigan possiede una tale purezza, è il Rame Nativo che si è formato abbondantemente per una strana catena di eventi geo-climatici nel lago Superiore, uno dei cinque Grandi Laghi posti al confine attuale tra il Canada e Gli Stati Uniti. Inoltre è ormai appurato che da lì, fin dalla preistoria, sono state cavate enormi quantità di rame durante l’Età del Bronzo. Poi improvvisamente l’attività mineraria cessò, stranamente proprio in concomitanza con la fine in Europa dell’utilizzo di tale materiale e l’inizio dell’Età del Ferro, materiale che si era rivelato molto più duro e adatto alle armi.
Il rame del Michigan
Durante le prime età della Terra, grandi vulcani eruttavano lava sull’area dei Grandi Laghi. Quando nuovi sedimenti si depositarono su quelle lave, le soluzioni di rame si andarono cristallizzando nei basalti e negli strati di lava del periodo Precambriano. Il rame si cristallizzava in noduli e masse irregolari lungo zone di frattura ampie da pochi centimetri a un metro.
In un miliardo d’anni, circa un quarto dell’età della Terra, ci furono quattro grandi glaciazioni sopra i letti di lave e di basalti, che a causa dell’erosione esposero i materiali più duri, lasciando in superficie noduli di metalli e i filoni di rame in essi nascosti.
Questo è quello che accadde più o meno nella regione dei laghi attualmente al confine tra Stati Uniti e Canada, esattamente nel lago Superiore, tra l’isola Royale, l’isola più grande del Lago Superiore, e la Penisola Keweenaw.
Inizialmente i blocchi di rame erano allo scoperto e brillavano lungo le spiagge di Isola Royale e su tutto il lago Superiore.
Da Wikipedia apprendiamo:
A partire da settemila anni fa e apparentemente con un picco intorno al 3000 a.C., i nativi americani scavarono il rame dalla sponda meridionale del Lago Superiore. Questo sviluppo è stato possibile in gran parte perché, in questa regione, grandi giacimenti di rame erano facilmente accessibili nella roccia superficiale e da scavi poco profondi. Il rame nativo poteva essere trovato come grandi pepite e masse filiformi. Il rame come risorsa per utensili funzionali raggiunse la popolarità intorno al 2000 a.C., durante la fase arcaica media.
Il fulcro della lavorazione del rame sembra essersi gradualmente spostato dagli strumenti funzionali agli oggetti ornamentali dalla fase tardo arcaica c. 1200 a.C. Poi l’interesse per il minerale si interruppe.
Si stima che quasi un milione di tonnellate di rame siano state estratte in decine di migliaia di rozzi forni o grandi fuochi nei boschi e sulle radure da antichi minatori, in un periodo d’un migliaio d’anni, sull’Isola Royale e sulla Penisola Keweenaw nel Michigan.
I nativi americani accendevano un fuoco per riscaldare la roccia attorno e sopra una massa di rame e, dopo il riscaldamento, versavano acqua fredda per spaccare la roccia. Il rame veniva quindi pestato, usando martelli da roccia e scalpelli da pietra.
La datazione col radiocarbonio del legno presente nelle fosse scavate ha datato l’attività mineraria concentrata al periodo 2450 – 1200 a.C. . In seguito inspiegabilmente, l’attività mineraria sembra cessare. Le tribù locali perdono interesse per il prezioso minerale.
Ci chiediamo se veramente vogliamo credere che le stimate 500.000 tonnellate di rame estratte siano state utilizzate dai nativi per fabbricare strumenti semplici, gioielli e ganci.
Ma allora dove è finito tutto quel rame purissimo?
Ufficialmente, nessuno sa dove sia andato a finire il rame proveniente dal Michigan. Tutti gli oggetti ritrovati dell’antica cultura del rame potrebbero essere stati realizzati con uno soltanto di quei grandi massi.
Leggende dei nativi americani narrano che le miniere erano gestite da “uomini del mare” dai bei capelli color oro.
Quando fu sfruttato, quel rame condusse l’uomo dall’età della pietra sino all’era industriale.
Il milione di tonnellate estratto nella preistoria fu seguito dai 15 milioni di tonnellate estratti nell’età industriale in America, a partire dal tardo 1800 quando le attività minerarie attirarono di nuovo l’interesse per le miniere.
Una autostrada d’acqua
Analizzando quanto accaduto e leggendo i vari siti in rete, ci ha particolarmente colpito l’idrografia dei 5 grandi laghi americani.
Interessante notare che sono tutti collegati da fiumi ma, soprattutto, dal lago Ontario esce il fiume San Lorenzo che sfocia con un bellissimo estuario nel golfo di San Lorenzo sull’Oceano Atlantico.
La preghiera del Signore in geroglifici Micmac
Nella prima metà degli anni Settanta un collaboratore del professor Barry Fell, di nome John William, scoprì nella Widener Library dello Harvard College una copia di un curioso documento, stampato a New York nel 1866, incluso in un libro sugli indigeni Wabanaki del Maine. Si trattava di un solo foglio, scritto dal missionario francese Eugene Vetromile, un sacerdote che aveva predicato agli indigeni ed era intitolato La preghiera del Signore in geroglifici Micmac.
I Mi’kmaq (spesso chiamati impropriamente Micmac) sono una popolazione nativa americana, appartenente alle First Nations.
La loro area di stanziamento prende il nome di Mi’kma’ki, e storicamente si estende lungo la fascia orientale della Penisola Gaspé (Québec) e le Province Marittime (New Brunswick, Nuova Scozia, Prince Edward Island).
Petroglifi a Copper Harbor – Keweenaw- Lago Superiore
L’AAPS (Ancient Artifact Preservation Society) ha tenuto la sua prima conferenza sul rame antico nella città di Houghton, nella penisola superiore del Michigan, dal 10 al 12 luglio 2009.
Una delle attività durante la conferenza è stata una visita ai petroglifi vicino a Copper Harbor, sulla punta settentrionale della penisola di Keweenaw.
Il glifo più bello è una grande barca a vela molto simile a quelle rappresentate nell’età del bronzo che giravano per il Mediterraneo o per i mari del Nord.
Sulle pareti della tomba presso Menfi del Faraone Sahura, V dinastia, vediamo raffigurate le prime navi d’alto mare che si conoscano.
Nell’antichità, il porto naturale di questa città era utilizzato per il trasporto di lingotti di rame verso il lago Michigan, fino al fiume San Lorenzo che, come abbiamo visto, sfocia nell’Oceano Atlantico.
A questo punto ci ricolleghiamo a temi più volte da noi affrontati, la rotta nord-ovest, oggi detta Stepping Stone Route, la via più breve e meno impegnativa per raggiungere le coste del Nord America, data la possibilità di fare diversi scali intermedi rispetto all’interminabile traversata atlantica. (https://www.larazzodeltempo.it/2021/stepping-stone-route/ )
Come non pensare poi alla ormai famosa frase di Susan Paulson, Professore alla University of Florida, relativa ad una “avanzata tecnologia marittima e della navigazione nell’età megalitica” citata da Felici Vinci ne I misteri della civiltà megalitica.
Crediamo che a questo punto si apra veramente un mondo di informazioni , l’importante è osservare i reperti senza pre-giudizi. Molte raffigurazioni del passato, troppo spesso interpretate in chiave artistica o religiosa, ci appariranno diversamente.
FONTI:
http://megalithicresearch.blogspot.com/2009/12/petroglyph-of-sailing-boat-copper.html
https://www.ocean4future.org/savetheocean/archives/76158
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Keweenaw_Peninsula
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Minong_Mine_Historic_District
Approfondimenti
https://www.restless-viking.com/2018/10/02/the-ancient-history-of-the-great-lakes/
https://scienceviews.com/ebooks/ancient_mining/index.html
https://megalithicresearch.blogspot.com/2009/12/copper-trade-with-old-world-poverty.html
https://eos.org/articles/miners-left-pollution-trail-great-lakes-6000-years-ago