Túcume è un sito archeologico che si trova 33 km a nord della città di Chiclay a nord-ovest del Perù.
È formato dai resti di molte piramidi, o huacas di mattoni, attorno a una struttura rocciosa conosciuta come la linea della collina.
Si ritiene che il luogo sia stato occupato prima dalla cultura Lambayeque, tra il 1000 e il 1370 d.C., poi dai Chimú, tra il 1370 e il 1470, e infine dagli Incas, tra il 1470 e il 1532, poi arrivarono gli spagnoli.
Il sito, chiamato dalla popolazione locale El Purgatorio o Huaca La Raya, è formato da decine di piramidi preispaniche di notevoli dimensioni, che ne fanno uno dei più grandi siti archeologici d’America.
La piramide più grande, la Huaca Larga, è lunga 700 m, larga 270 m e alta 30 m.
Altre raggiungono i 10-15 m di altezza. A differenza delle piramidi egiziane, le piramidi americane formano grandi piattaforme sovrapposte e non terminano a punta. I templi si trovano nella parte superiore tronca di piramide.
Attualmente le piramidi di Túcume, come altre simili della costa nord peruviana, sembrano senza una forma, e sembrano grandi promontori o colline naturali, quando in realtà in origine avevano forme geometriche. Ciò è dovuto alle devastazioni delle piogge torrenziali che periodicamente colpiscono la regione a causa del fenomeno El Niño.
Negli anni ’90, il famoso esploratore Thor Heyerdahl, dopo aver visitato la città di Túcume, ha avviato un progetto di ricerca che è culminato nella creazione di un museo del sito, accanto a Huaca I, che ospita i resti più importanti rinvenuti tra le rovine.
Il risultato di queste indagini è il libro Pirámides de Túcume: la ricerca della città dimenticata del Perù.
Molto interessanti sono le leggende legate a questa città.
La leggenda
La leggenda narra che il luogo sia stato fondato da Naymlap, un mitico eroe venuto dal mare a bordo di cavalli di canna. L’uomo era alto, di pelle pallida, e fu considerato un dio.
Egli raggiunse la costa di Lambayecan, approdando sulle spiagge dell’attuale baia di San José ai piedi della foce di un fiume chiamato Faquisllanga, accompagnato da un entourage di funzionari, versati in diverse arti e mestieri e da sua moglie Ceterni e diverse concubine. Entrò a circa 2 km dalla costa, dove, con l’aiuto dei contadini locali, costruì la città intorno al Cerro La Raya, un rilievo roccioso che si staglia nel mezzo della pianura.
Edificò anche un tempio che chiamò Chot (forse l’attuale Huaca Chotuna) e in esso collocò un idolo di giada verde che chiamò Yampallec. Da lì sarebbe derivato il nome Lambayeque dato alla regione. Questo idolo rappresentava lo stesso Naylamp.
La prima menzione scritta di questo personaggio mitico viene dal cronista spagnolo Miguel Cabello Balboa che nella sua Miscellanea antartica (1586) lo nomina Naymlap.
Due secoli dopo, Modesto Ruviños y Andrade, anche seguendo resoconti orali, racconta sostanzialmente la stessa leggenda, citando il personaggio come Namla (1782).
Va notato che Ruviños Andrade ha scritto la sua cronaca senza conoscere quella di Cabello Balboa, il che ci consente di verificare come una storia mitica possa rimanere nella memoria collettiva senza alterazioni significative.
Rubiños Andrade sottolinea anche che il nome di Namla significava “uccello acquatico”, che si riferirebbe alla sua origine marina.
Sulla base di ciò, Federico Kauffman Doig ritiene che la forma corretta del nome sarebbe Ñañlap, poiché nel linguaggio muchik, Ñan o Ñain significa ‘uccello’ (secondo la raccolta di parole muchik fatta da Fernando de la Carrera nella sua opera intitolata Arte della lingua yunga delle valli del vescovado di Trujillo, dell’anno 1644).
La variante fonetica Naymlap di Cabello Balboa è dovuta alla peculiare interpretazione del cronista della pronuncia del nome (Naym invece di Ñan).
Prove archeologiche
Il tempio di Naylamp
Naylamp è abbondantemente rappresentato nell’arte della cultura Lambayeque, esempi emblematici sono il cosiddetto tumi d’oro o coltello di Íllimo e la maschera funeraria d’oro di Batán Grande.
In termini generali, Naylamp è rappresentato con caratteristiche combinate antropomorfe e zoomorfe, mettendo in evidenza i suoi occhi a mandorla (a volte chiamati occhi alati) e le ali che spuntano dai suoi fianchi, di solito è vestito con un imponente copricapo (mitra o cappello), segno della sua alta gerarchia.
Sebbene sia difficile associare un personaggio mitico a prove archeologiche, alcune delle ultime scoperte ci hanno fornito dati concreti almeno sull’elite dominante associata a questo personaggio.
Batán Grande
La zona archeologica monumentale di Batán Grande (chiamata anche Sicán) è un complesso architettonico, considerato il più importante della cultura Lambayeque.
È composto da 20 piramidi tronche che raggiungono altezze di oltre 30 m e sono completate da grandi piattaforme. Spiccano le piramidi o huacas del Oro (o del Loro), La Ventana, La Merced, Botija, Rodillona ecc., tutte costruite con mattoni e che ospitavano tombe con oggetti metallici e ceramiche di grande finitura artistica. Nella huaca del Oro l’archeologo giapponese Izumi Shimada trovò la tomba di un alto dignitario Lambayeque che nominò Signore di Sicán (tra il 1991 e il 1992).
Batán Grande doveva essere un grande centro di produzione metallurgica e orafa, forse il più importante dell’Antico Perù; splendidi esempi di quest’arte sono i tumis o coltelli cerimoniali e le maschere funerarie. Nella decorazione di questi oggetti è ricorrente la rappresentazione di una divinità antropomorfa con sembianze di uccelli, che alcuni studiosi identificano con Naylamp .
Le tombe trovate a Batán Grande ci mostrano un’élite dominante multiculturale.
Nella tomba Orientale la Huaca del Oro scoperta dall’archeologo giapponese Izumi Shimada, sicuramente una tomba molto importante di un alto dignitario Lambayeque che lo studioso nominò Signore di Sicán, tra i vari preziosi reperti, furono rinvenute un gran numero di conchiglie legate alle culture ecuadoriane che potrebbero far pensare che questo personaggio provenisse dal nord.
Nella tomba Occidentale di Huaca del Oro invece, gli archeologi hanno trovato molte donne sepolte e, attraverso l’analisi del DNA mitocondriale, hanno delineato un chiaro schema di collegamenti con la popolazione nativa, quindi l’idea di Naylamp cioè di un personaggio principale dell’élite proveniente da un altro luogo e che si mescola con la gente del posto diventa, a detta degli studiosi, molto plausibile.
La ricca tomba di una sacerdotessa
(potrebbe essere una delle giovani concubine arrivate dal mare?)
Una scoperta sicuramente straordinaria che fornisce agli archeologi preziose informazioni perché non solo pone chiaramente la donna all’interno della struttura del potere di una società complessa, ma soprattutto rivela che il potere e gerarchia religiosa non erano riservate solamente agli uomini.
Seppellite accanto a lei vi erano i resti di altre sette persone.
Accanto ai suoi resti una quantità di beni davvero impressionanti in termini di qualità e tecnologia, che sottolineano l’importanza sociale della donna, gioielli, urne cerimoniali con icone e oggetti utilizzati in vita rivelatori di un ceto sociale molto alto, tra cui uno scettro d’oro con l’immagine di una divinità Lambayeque.
Fonti:
https://pe.toluna.com/opinions/3321283/La-leyenda-de-Naylamp