Un antico manoscritto, la Navigatio Sancti Brendani Abbatis, più comunemente noto come Navigatio, scritto probabilmente da un ecclesiastico irlandese che si basò sul patrimonio leggendario della sua terra, narra un lunghissimo viaggio a bordo di una imbarcazione di cuoio, che un monaco irlandese, Brénnain Clúana Ferta o San Brandano il Navigatore come veniva chiamato dai primi volgarizzatori continentali il popolare missionario vissuto nel VI secolo, fece con alcuni confratelli.
San Brendano divenne il protagonista di una storia leggendaria che apparteneva ad un genere letterario molto diffuso nell’antica Irlanda, quello degli Imram.
L’Imram era la narrazione di un viaggio avventuroso per mare, compiuto da uno o più eroi.
La meta del monaco è il Tir nan Og, la Terra Promessa dei Santi, l’Isola dei Beati, le isole paradisiache dove trasmigrano le anime dei defunti, la cui esistenza era convinzione diffusa tra i celti, trovando peraltro riscontro anche in altre tradizioni.
Convinto, e desideroso di andare in pellegrinaggio verso quei luoghi divini, Brendano costruisce una barca con la struttura portante di legno e ricoperta con pelli di bue conciate al tannino di quercia e spalmate di grasso animale per sigillarne le cuciture.
Diciassette monaci salgono a bordo con provviste di cibo e pelli e grasso di scorta. Vagando a lungo di isola in isola, di costa in costa, fra avventure e difficoltà enormi, raggiungono ed esplorano un lembo della Terra Promessa.
In questa ricerca, che dura ben sette anni, il santo monaco e i suoi quattordici compagni di viaggio si trovano a lottare con mostri marini soffianti, si imbattono in pilastri di cristallo galleggianti e vengono bersagliati dal getto di pietre incandescenti, fino a giungere all’Isola su cui non cala mai la notte seppure sia avvolta dalle nebbie. Ovviamente tutti questi aneddoti andrebbero sicuramente analizzati secondo le attuali conoscenze moderne.
Il racconto si diffuse largamente in Europa e in Italia particolarmente. Del ‘resoconto’ di questo viaggio, esistono diverse versioni, tutte più tarde dei fatti narrati: una latina, una toscana, una veneta.
Quella Toscana, vide annoverati tra i suoi molti lettori Dante Alighieri, che trasse certamente spunti e suggestioni dalla favolosa vicenda del monaco irlandese per la Divina Commedia.
Uno straordinario pellegrinaggio marittimo
Al di là del fascino dell’immaginario, delle tradizioni orali e della leggenda, ben noti e conosciuti e autentici testi latini del IX secolo d.C, parlano di questo straordinario pellegrinaggio marittimo.
Lo studioso Carl Selmer, in trent’anni di studi ha rintracciato circa 120 manoscritti che, col titolo generico di Navigatio, parlavano di un viaggio via mare verso una Terra Divina.
Selezionandone 18 dei più completi, significativi e concordanti, nel 1959 curò un’edizione in latino presentata nel IV numero delle Pubblicazioni di Studi Medievali, per i tipi della University Press di Notre Dame.
Perfetta la traduzione in inglese pubblicata dal PhD John J. O’ Meara dell’University College di Dublino col titolo di The Voyage of Saint Brendan (1976).
C’è di più. Per verificare la veridicità dei testi e della leggenda, Tim Severin, professore ad Harvard e all’University of California, esperto in navigazione ed esplorazioni, costruì, in quasi tre anni, una barca di legno e cuoio di 11 metri, secondo quanto scritto e spiegato negli antichi testi latini di San Brendano e dei suoi monaci, e con quattro compagni attraversò con successo 4.500 miglia dell’Atlantico dall’Irlanda a Terranova, in un anno di navigazione, dal 17 maggio 1976 al 26 giugno 1977.
Dalla straordinaria esperienza ne venne fuori un magnifico resoconto di tenacia, raccontato dallo stesso autore nel volume Il viaggio del Brendano, Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1978.
Cosa si ricava dalla lettura di tutti i citati testi? Si trova il viaggio di un uomo e dei suoi compagni alla conquista di una lontana Terra Sacra, l’Isola dei Beati, con descrizioni precise di luoghi e dati geografici, di tempi e distanze, di situazioni e spiegazioni. Insomma si ricava, a pelle, l’idea che la narrazione del pellegrinaggio fra mare, isole e coste sia frutto di un racconto più realmente vissuto che leggendario.
Un’antica rotta
Egli, si dice, partì dall’Irlanda, dall’insenatura oggi chiamata in suo onore “di Brandon”, la sua rotta di navigazione sembra essere stata la linea atlantica, oggi detta Stepping Stone Route, dall’Irlanda sino alle Isole Ebridi situate lungo la costa occidentale della Scozia e poi ancora più a nord tagliando per le Isole Fær Øer dove esiste tuttora una toponomastica che ricorda il nome di Brendan.
Da lì, il passo successivo fu la traversata verso l’Islanda, poi la Groenlandia Meridionale proseguendo lungo le coste del Labrador e di Terranova e oltre diretto al Nuovo Mondo.
La via più breve e meno impegnativa, data la possibilità di fare diversi scali intermedi rispetto all’interminabile traversata fatta più tardi da Colombo, evitando così gli sfavorevoli venti predominanti nell’Atlantico e sfruttando invece le correnti marine discendenti del Mar del Nord.
I primi documenti storici che indicano la navigazione in questa zona risalgono già l’inizio nel 325 a.C., quando il navigatore greco Pitea raggiunse un mare ghiacciato nel tentativo di trovare miniere di stagno, ma noi siamo profondamente convinti che le numerose affinità tra le antiche culture del Vecchio Mondo con quelle precolombiane o dei Nativi americani si possano giustificare grazie a questa rotta nordatlantica resa agevole dall’optimum climatico post-glaciale che rendeva percorribile la zona liberandola dai ghiacci e dagli iceberg.
Molto intrigante ed interessante.