Viene considerato il primo disegno di un Sapiens, è stato ritrovato nella grotta di Blombos, in Sudafrica, e risale a 73mila anni fa. È un intreccio di linee rosse, sei linee verticali e tre orizzontali che oggi sono a malapena visibili, molto simile al nostro “hashtag”, disegnato su una pietra.
Per scoprirle, gli archeologi dell’Università di Bordeaux hanno dovuto utilizzare tutte le tecnologie a loro disposizione. La pietra, infatti, nel suo lato più lungo non raggiunge i 4 centimetri, in origine la superficie della raffigurazione era più ampia ma purtroppo con il tempo si è spezzata, inoltre il colore bruno della superficie non aiuta certo ad evidenziare le tracce di ocra rossa.
Il ritrovamento della pietra disegnata, è avvenuto quasi per caso nella grotta di Blombos, in Sudafrica: una vera e propria caverna dei tesori per archeologi e paleoantropologi, i cui reperti raccontano la storia dell’Homo sapiens dai 105 ai 64mila anni fa.
Tra migliaia di schegge di silcrete, un materiale molto duro che contiene sabbia e silice, il piccolo frammento ha attirato la curiosità dei ricercatori dell’università di Witwatersrand a Johannesburg che dal 1991 scavano nella grotta di Blombos. Indecisi sul da farsi, hanno pensato di portarlo via per osservarlo meglio.
La pietra è finita così nel laboratorio di Francesco d’Errico, che è anche direttore di ricerca al Cnrs. “L’abbiamo sottoposta a ogni tipo di analisi, per capire l’origine di quelle linee“. Spettroscopia Raman, microscopia elettronica a scansione accoppiata, microscopia confocale hanno escluso che quelle venature rosse fossero di origine naturale. L’archeologo ha pensato poi di simulare il gesto dell’antico pittore ha usato una pietra di ocra appuntita. La tecnica combaciava con il disegno originale, segno che il nostro lontano antenato aveva usato una sorta di sasso appuntito come “matita” per tracciare le linee piuttosto regolari, larghe 1,3 millimetri c.a.
Prima di essere disegnata, ci informano i ricercatori, la pietra è stata usata come macina, sempre per l’ocra. “È infatti molto ben levigata. Doveva aver lavorato per molti anni. Chissà che dalla grotta non rispuntino altre raffigurazioni pittoriche” si augura d’Errico. L’archeologo e antropologo di origini torinesi e autore di molte delle pubblicazioni relative alle prime forme di arte dell’umanità prosegue:
“Un disegno come quello di Blombos non è mai un caso isolato. È il risultato di una traiettoria culturale che, nel caso della grotta sudafricana, ci ha regalato anche incisioni geometriche, conchiglie perforate e decorate con ocra o annerite per effetto del riscaldamento“.
Esempi simili di gioielli primitivi sono comparsi anche in Marocco o in Israele. Ma il reperto più antico è forse una conchiglia ritrovata sull’isola di Giava con delle incisioni a zigzag. Risalirebbe addirittura a 540mila anni fa. I disegni più antichi (con l’eccezione di quello odierno) sono invece successivi ai 42mila anni fa. Si trovano nelle grotte di Chauvet in Francia, El Castillo in Spagna, Apollo 11 in Namibia e Maros in Indonesia.
Una tradizione remota che si ritrova anche in un passato più recente: l’Egitto
Negli anni 90 del XX secolo l’egittologa francese Christiane Desroches Noblecourt scoprì una grotta a Luxor nella Valle delle Regine. La studiosa è sempre stata convinta di aver scoperto in questo anfratto un santuario preistorico della Grande Madre. Nel fondo della grotta, furono rinvenuti eleganti vasi in terracotta verniciata di rosso, il colore che in seguito si è rivelato essere legato al mondo femminile, frammenti di conchiglia e di uovo di struzzo, piccoli pezzi di foglia d’oro e ossa di animali vari.
L’incredibile testimonianza ci giunge direttamente dagli scritti dell’egittologa, uno dei più grandi nomi dell’egittologia mondiale, che nel 1936 entrò a far parte del Dipartimento di Antichità Egizie del Museo del Louvre e che successivamente approfondì anche gli studi sulla dea Madre.
Una conferma che il segno avrebbe potuto essere stato tracciato da donne ci giunge anche da un altro ritrovamento più o meno coevo (65mila anni fa) quando un Neanderthal lasciava in una grotta della Spagna delle pitture rupestri in ocra nera e rossa su stalagmiti: motivi astratti, ma soprattutto impronte di mani piccole e femminili.
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