Nell’estate del 2006 era in corso ad Olbia uno scavo nell’area dell’ex mercato civico situato nel centro dell’abitato antico quando emerse un frammento di una ruota dentata, successivamente datato alla metà del II sec. a.C.
Dall’analisi si è dedotto che è parte di una ruota dentata di 43 mm di diametro, con 55 denti sull’intera corona circolare. Poiché il numero 55 è divisibile solo per 5 e 11, è molto probabile che questa ruota sia stata utilizzata in una catena cinematica di ruote dentate in cui si voleva realizzare un rapporto di trasmissione molto prossimo a quello di qualche ciclo astronomico, i cui valori sono numeri irrazionali. Una divisione in 55 parti uguali non è affatto semplice da realizzare senza apposite attrezzature di precisione.
Dagli studi interdisciplinari eseguiti sono emersi particolari molto interessanti.
Un profilo perfetto
Degne di nota, a nostro avviso, sono le osservazioni dell’Ing. Giovanni Pastore, uno degli esperti che ha lavorato sull’oggetto insieme all’equipe della Sovraintendenza per i Beni Archeologici di Sardegna, un ingegnere meccanico docente a contratto di Costruzioni Meccaniche presso le Facoltà di Ingegneria Meccanica di alcune Università italiane.
Egli riferisce che quando è stato trovato l’ingranaggio, ad una prima osservazione i denti presentavano un profilo triangolare, come sono triangolari i profili dei denti di altri importanti ingranaggi, la Ruota di Antikythera e l’astrolabio Bizantino, più recenti di almeno due secoli. Dopo un accurato restauro però è emerso che questi denti non avevano un profilo triangolare ma curvo e per di più straordinariamente simile a quello degli ingranaggi moderni. La perfezione dell’ingranamento, senza giochi eccessivi e interferenze, è il risultato di studi matematici accurati e profondi formulati in epoca moderna, nei secoli XVII e XVIII, da scienziati come Hooke, Eulero, Roemer, Savary, de Lahaire, Willis e altri.
I denti triangolari degli ingranaggi, come quelli della Ruota di Antikythera e dell’Astrolabio Bizantino, permettono l’ingranamento ma solo in modo molto grossolano per l’eccessivo gioco fra i denti e per problemi di interferenza che provocano impuntamenti nella rotazione.
Incredulo, l’ing. Pastore ha ricostruito al computer un ingranaggio con le stesse caratteristiche del frammento di Olbia e lo ha sovrapposto ad uno costruito secondo i moderni criteri: sono risultati perfettamente sovrapponibili anche ingrandendoli diverse volte, riscontrando una differenza di meno di 3 centesimi di grado mentre sono molto marcate le differenze con gli ingranaggi a profilo triangolare.
Questo significa, ci spiega l’ingegnere, che chi ha realizzato la Ruota di Olbia aveva conoscenze molto avanzate, dalla matematica all’astronomia, per cui il costruttore della ruota dentata di Olbia ha anticipato le conoscenze di quasi 2000 anni.
Un altro aspetto strabiliante e del tutto inatteso, prosegue l’ing. Pastore, è la lega di metallo con cui è stato realizzata la ruota, non bronzo, come quella di Antikythera, ma ottone, noto già dal VII sec. a.C. ma di difficile realizzazione. L’utilizzo di una lega metallica come l’ottone, così preziosa nell’antichità ma con migliori caratteristiche meccaniche e tecnologiche rispetto al bronzo, è molto appropriata per la costruzione di organi meccanici fortemente sollecitati come le ruote dentate. Tale scelta non può essere casuale ma è sicuramente dovuta ad una profonda conoscenza della metallurgia del rame e delle costruzioni di apparecchiature meccaniche.
Quindi anche questo particolare ci rivela conoscenze scientifiche e tecniche all’avanguardia, solo in parte realizzate in quello di Antikythera e questo fa emergere, secondo l’ing. Pastore, un lento decadimento del pensiero scientifico che si protrasse nel tempo fino all’epoca moderna.
Considerata la perfetta concordanza tra le evidenze scientifiche e le risultanze storiche, letterarie ed archeologiche, non sembra azzardato concludere che conoscenze scientifiche all’avanguardia facevano parte del bagaglio culturale di una società “pre-istorica” e che lentamente queste conoscenze, dapprima rimasero appannaggio di pochi, e poi si persero nel tempo. Ora le stiamo poco alla volta recuperando.
Fonte:
–https://www.academia.edu/35795869/Un_frammento_del_Planetario_di_Archimede_da_Olbia