Chi era Fernando Colombo? Uomo colto e poliedrico e il suo sogno di una Biblioteca Universale
Fernando Colombo, figlio naturale di Cristoforo Colombo, fu sempre amatissimo dal padre, lo portò spesso con sé e nel testamento Cristoforo lasciò larghissime disposizioni in suo favore.
Uomo poliedrico, fin dalla giovane età si distinse per l’innato interesse per i libri e la geografia. Buon matematico, studiò a fondo vari metodi per risolvere il problema della determinazione della longitudine.
Viaggiò a lungo in Europa e lesse moltissimo, riunendo molti libri in una sua famosa biblioteca – la Fernandina – una delle più imponenti d’Europa che raccoglieva una quantità di testi impressionante considerando l’epoca, ben 15.370 volumi, con nessuna preclusione di materie, spaziava dalla musica alla botanica, dalle stampe alla filosofia, tutti rigorosamente catalogati e ripartiti secondo una costruzione ad albero rovesciato – dal generale al particolare – che ricorda le moderne classificazioni bibliotecarie per come si sono sviluppate a partire dall’Ottocento in poi.
Per velocizzare la scrittura dei cataloghi, Fernando elaborò una scrittura geroglifica ( argomento da trattare in un articolo a parte). Tre cataloghi e quattro indici inoltre facilitavano le ricerche. Un bibliotecario e vari assistenti ne avevano la gestione.
Con la morte di Fernando nel 1539 la biblioteca piano piano deperì malgrado le raccomandazioni di Fernando, scritte anche nel suo testamento, di incrementarla e conservarla con cura.
Historie
Ma la fama di Fernando Colombo arriva fino a noi per un piccolo libro uscito trentadue anni dopo la sua morte: Historie de la vita e dei fatti dell’Ammiraglio Don Cristoforo Colombo.
Egli decise di scrivere questo libro esortato dai propri familiari e da coloro che erano rimasti affezionati alla memoria di Colombo per “rimettere le cose a posto”, al fine di “chiarire, completare, ma soprattutto rettificare le informazioni” su suo padre, ricche già a suo tempo di inesattezze.
L’autenticità del libro o della sua traduzione è stata spesso dibattuta. Come sempre gli esperti si dividono tra favorevoli e contrari. Per dovere di cronaca abbiamo constatato che molte delle affermazioni contenute nel libro sono confermate da un altro testo dell’epoca, Historie de las Indias di Bartolomé Las Casas, un vescovo cattolico spagnolo impegnato nella difesa dei nativi americani. Proprio per questo motivo la fortuna di Las Casas come scrittore fu scarsissima in campo cattolico ma suscitò grandi entusiasmi tra protestanti e illuministi. I suoi scritti divennero un formidabile strumento di propaganda per i nemici della Spagna colonialista. I resoconti di Las Casas rappresentano naturalmente un elemento cardinale della “leggenda nera” sulle atrocità coloniali spagnole.
Una strana annotazione rivela un viaggio di Cristoforo Colombo in Islanda e oltre, nel 1477
Io navigai l’anno 1477, nel mese di Febbraio, oltre Tile isola cento leghe, la cui parte Australe è lontana dall’Equinoziale settantatre gradi, e non sessantatre, come alcuni vogliono: né giace dentro della linea che include l’Occidente di Tolomeo, ma è molto più occidentale. E a quest’isola che è grande come l’Inghilterra, vanno gli Inglesi con le loro mercanzie, specialmente quelli di Bristol. E al tempo che i vi andai, non era congelato il mare, quantunque vi fossero si grosse maree, che in alcuni luoghi ascendeva ventisei braccia, e discendeva altrettante in altezza.
Tratto da Le Historie di Cristoforo Colombo scritte dal figlio Fernando.
Rinaldo Caddeo, che ha curato l’introduzione e le appendici del libro da noi esaminato (Le Historie di Cristoforo Colombo scritte dal figlio Fernando di Massari Editori), così scrive nell’APPENDICE D a proposito dell’attendibilità del racconto:
I critici ritengono, unanimi, che Colombo intendeva parlare di una sola isola, la Tile di Tolomeo, che egli identifica con l’Islanda, e che la navigazione di cento leghe sia da intendere oltre l’Islanda.
L’accordo dei critici si rompe quando si tratta di accettare o respingere la sostanza del racconto: alcuni negano che Colombo abbia navigato oltre l’Inghilterra: alcuni altri ammettono che egli abbia visitato l’Islanda; i più escludono risolutamente un ulteriore viaggio dall’Islanda “cento leghe oltre” e accusano Colombo di una mirabolante vanteria o altri di una interessata e maldestra interpolazione; i pochi che ammettono l’autenticità del frammento e la veridicità di quanto esso narra fanno sforzi di dialettica per spiegare la possibilità della mancanza di ghiacci oltre l’Islanda, le favolose maree di 26 braccia, ecc.
Questi ultimi poi non si accordano nel determinare a quale terra posta alla distanza di cento leghe oltre Tile/Islanda, il Genovese abbia potuto navigare ( …)
Ma questo è uno dei brani riportati dalle Historie con riferimento ai viaggi di Colombo prima di quelli della scoperta, l’unico in cui si dia una data e una indicazione topografica ben circostanziata, e trova sostegno nelle decisive conclusioni del Salvagnini e del Pessagno che portano a ritenere veritiero il viaggio di Colombo verso il Nord proprio nell’inverno del 1477 in cui il Genovese dice di aver navigato a Tile. Se altre narrazioni di viaggi colombiani ben più imprecise e vaghe di questa sono da ritenersi autentiche e veridiche, appare ragionevole che non si possa rifiutare l’autenticità e la veridicità di questa, riferitasi a Tule, se non dopo un esame.
Questo il testo, proviamo a seguire l’esortazione, esaminiamolo con attenzione.
Per prima cosa abbiamo bisogno di una cartina, con i paralleli in gradi:
Cristoforo Colombo afferma che nell’anno 1477 nel mese di Febbraio andò oltre l’isola di Tile per cento leghe e che al tempo che vi andò, il mare non era congelato, malgrado vi fossero grosse maree, con onde che in alcuni luoghi superavano 26 braccia.
Sfortunatamente la versione originale del documento in questione è andata persa, esistono in ogni caso due attendibili trascrizioni contemporanee: una di Fernando Colon, figlio del navigatore, ed una di Bartolomeo De Las Casas, difensore dei diritti dei nativi d’America, come evidenziato all’inizio.
Chi ci segue sa perfettamente che esistono consistenti prove storiche e climatiche a favore delle rivendicazioni di Colombo.
Periodo caldo medievale
Il Periodo caldo medievale (PCM – od Optimum climatico medievale), ci informano i paleoclimatologi, fu un periodo della storia umana caratterizzato da un’inusuale clima relativamente caldo, nella regione del nord Atlantico, durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo c.a. il cambio climatico non è mai netto.
Il rapporto del 2001 del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, organismo dell’ONU che studia la variazione delle temperature sulla Terra, dichiarò sommarie queste affermazioni, sostenendo che:
“…le conoscenze attuali non consentono di sostenere che possano essere esistiti periodi globalmente sincroni di particolare caldo o freddo su tutto il globo terrestre e i termini periodo caldo medievale e piccola era glaciale hanno dei significati limitati e non possono essere ascritti a tutto il globo terrestre nei singoli periodi in cui furono osservati“.
Stando alle cronache del tempo, “l’inverno del 1477 fu straordinariamente mite: persino sulla parte più settentrionale dell’Islanda non nevicò, né la costa meridionale gelò, fino a marzo”
Cfr. MAGNUSEN, F. 1833 Om de Engelskes Handel pea Islan, in: Nordisk Tidskrift for Oldkyndighed (Copenhagen), 129, 1
“Durante il medioevo le viti producevano uva in tutta Europa fino al nord della Gran Bretagna anche se in modo meno estensivo di quanto non lo siano al giorno d’oggi. Anche l’olivo era coltivato fino in Gran Bretagna. I Vichinghi si avvantaggiarono della remissione dei ghiacciai per colonizzare la Groenlandia ed altre terre del lontano nord”.
Lloyd D. Keigwin, The Little Ice Age and Medieval Warm Period in the Sargasso Sea
“Quindi nel XV secolo il clima fu molto più caldo che nei secoli seguenti”
LAMB, H.H. 1989 Klima und Kulturgeschichte, der Einfluss des Wetters auf den Gang der Geschichte (Hamburg), 208, 210.
Alla luce di quanto esposto brevemente sopra, l’affermazione di Colombo secondo cui il mare non fosse ghiacciato mentre egli si trovava lì può essere credibile.
Cosa si cela dietro l’enigmatica frase: “Navigai…oltre Tile isola cento leghe”
Se Tile è l’Islanda, Colombo avrebbe detto di aver navigato cento leghe oltre di essa, ossia si sarebbe volto o all’isola di Jan Mayen o alla Groenlandia che distano entrambe cento leghe circa dall’Islanda, vediamo il motivo.
La lega nautica, league in inglese, simbolo nl, è un’unità di misura di lunghezza corrispondente a 3 miglia nautiche, quindi a 5.556 metri, perciò 5.556 x 100 = 555.600 m – arrotondiamo e diciamo che il posto a cui fa riferimento Colombo dista circa 556 km. dall’Islanda, entrambe le destinazioni distano secondo Google questa distanza.
Ma, Jan Mayen difficilmente poteva costituire la destinazione di Colombo, a causa delle sue limitate dimensioni, per nulla paragonabili a quelle dell’Inghilterra. C’è da chiedersi che cosa sarebbe andato a fare il Genovese in quell’isoletta sperduta? Egli era imbarcato come agente di commercio, con determinati obbiettivi su una squadra di navi commerciali che avevano il loro itinerario prestabilito, non era un esploratore indipendente che potesse scorrere il mare a piacer suo.
Inoltre Cristoforo Colombo scrive che il luogo in cui è approdato si trovava molto più ad Ovest rispetto alla linea descritta da Tolomeo come il limite estremo dell’Emisfero occidentale, mentre Jan Mayen si trova a nord!
Ma c’è un’altra osservazione da fare: in tutte gli scritti di Cristoforo Colombo leggiamo “ ysla Espagnola”, “ysla Juana”, “ysla Ferdinanda”, perché qui si deve leggere “Tile Ysla”?
Forse intendeva “navigai cento leghe oltre l’isola di Tile” oppure che “viaggiò per cento leghe oltre, verso un’isola”?
Leggendo attentamente le affermazioni di Colombo si capisce che si riferiscono chiaramente alla Groenlandia, l’isola che si trova cento leghe oltre l’Islanda.
Contemplando l’ipotesi della Groenlandia come possibile destinazione, incontreremmo un’ unica incongruenza all’interno del testo: la distanza di 73 gradi dall’Equatore, perché la nave su cui navigava Colombo avrebbe dovuto arrivare fino al 73° parallelo?
Tutto ciò in realtà a nostro avviso è un’ulteriore conferma del viaggio che fu reale.
Una antica mappa con una nota interessante – La mappa di Bowen e una nuova mappa con i parelleli
Facciamo riferimento per meglio chiarire le cose all’articolo di Marco Goti dal quale estrapoleremo alcuni brevi concetti.
Per prima cosa vi invitiamo ad osservare l’antica cartina qui sotto. Possiamo notare che compaiono proprio davanti all’Islanda molte città sulla costa della Groenlandia, ciò significa che era non solo conosciuta la zona ma anche praticata dai commercianti, come evidenziato da numerose mappe dell’epoca e precedenti.
Ora osserviamo grazie alla successiva cartina dove attualmente è posizionato il 70° parallelo.
Adesso portiamo alla vostra attenzione una mappa che chi ci segue conosce molte bene, la mappa di Bowen !!
In questa mappa è riportato un canale che taglia trasversalmente la Groenlandia da nord-ovest a sud-est, ossia dalla baia di Disko ai fiordi della costa sud-orientale dell’isola, affacciata sullo stretto di Danimarca.
Esaminando attentamente la mappa si può notare che il fiordo di Kangia nella Baia di Disko viene disegnato completamente libero dai ghiacci. E una nota scritta in inglese sulla mappa appare davvero interessante:
“Si dice che questi stretti in passato fossero transitabili, ma ora sono bloccati dal ghiaccio“ (It is said that these streight were formely passable, but now they are shut up with ice)
Il primo accesso è dalla parte della Baia di Disko, accessibile attraverso il fiordo Kangia oggi ostruito dal ghiacciaio Sermeq Kujalleq, mentre l’altro accesso, quello dell’Ollummlengri Fiord, letteralmente “il fiordo più lungo di tutti”.
Sembra ragionevole supporre che in corrispondenza del “periodo caldo medioevale” i marinai fossero riusciti a perlustrare entrambi gli accessi al canale di Bowen.
Possiamo perciò supporre che Cristoforo Colombo, ma soprattutto i marinai dediti al commercio con quelle zone, conoscessero il canale che avrebbe permesso loro di evitare la circumnavigazione della parte meridionale dell’isola e giungere più velocemente dall’altra parte, nella Baia di Disko e da lì magari avere l’accesso a quella serie di isole che “step by step”, “ stone by stone” portassero all’altro continente!!!
Tale isola (…) a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è veramente mare.
Platone, Timeo
Vi invitiamo a leggere l’articolo sulla rotta chiamata Stepping stone route per giungere nel nuovo continente, conosciuta già nel primo Medioevo.
La cartina evidenzia come sarebbe stato più semplice e quindi ovvio l’accesso al Nuovo continente con un passaggio dal Nord, evitando la lunga traversata Atlantica, questo almeno finché il clima lo avesse permesso.
Esaminiamo ora un’altra affermazione di Colombo:
“E a quest’isola che è grande come l’Inghilterra, vanno gli Inglesi con le loro mercanzie, specialmente quelli di Bristol.”
È risaputo che gli inglesi si recassero regolarmente in Islanda, specialmente tra gennaio e marzo, durante la stagione della pesca al merluzzo, e nonostante la situazione politica inglese di quel periodo, si possono comunque trovare tracce di spedizioni britanniche in Groenlandia.
Stando alle fonti storiche i re di Norvegia e Danimarca stipularono numerosi trattati con gli inglesi per tenerli lontani da Islanda e Groenlandia e che nel 1467 tra i due regni scoppiò una guerra proprio a causa dei danni provocati soprattutto dai pirati di Bristol.
Quanto affermato da Colombo circa i traffici commerciali dei marinai di Bristol nell’isola è inoltre confermato da un altro testo del cronista portoghese Gaspar Frutuoso (1520-1590).
Alla luce di quanto su esposto, dato che l’autenticità della stessa fonte storica non è mai stata messa in discussione, risulta sorprendente che gli appunti di Cristoforo Colombo non siano mai stati presi in seria considerazione dalla storiografia ufficiale e che questo suo viaggio risulti tuttora sconosciuto.
Se questo viaggio fosse confermato probabilmente sarebbe palese a tutti che quello che chiamiamo Nuovo Continente, era conosciuto da sempre!!