Google Earth ha aperto le porte agli antichi misteri di tutto il mondo.
La disponibilità di immagini satellitari ad alta risoluzione dell’Arabia Saudita su piattaforme pubblicamente disponibili come Google Earth e Bing Maps è stata rivoluzionaria per l’archeologia. Nel giro di pochi anni sono stati mappati decine di migliaia di siti precedentemente non registrati e poco conosciuti dal mondo accademico.
David Kennedy, PhD in Archeologia e Storia Romana presso la University of Western Australia e Honorary Research Associate presso la School of Archaeology, University of Oxford, per anni ha analizzato con attenzione dal suo desktop le immagini dei siti di sepoltura e altre cosiddette “opere degli antichi” senza riuscire ad ottenere il permesso di visitare il paese per osservare da vicino gli antichi disegni che lui e gli archeologi e dilettanti avevano individuato.
Dopo aver annunciato di aver identificato quasi 400 “figure” di pietra, il dottor Kennedy ha ricevuto il permesso dai funzionari sauditi di indagare sulle strutture individuate da un elicottero.
“Sono assolutamente sorprendenti”, ha detto il dottor Kennedy, che si è ritirato dalla University of Western Australia. “Dall’alto ma in loco, è possibile cogliere dettagli vitali delle strutture che sono invisibili nell’immagine sfocata su Google Earth”.
Nel corso di tre giorni, ha scattato più di 6.000 fotografie aeree, sollevando il velo sulle antiche meraviglie.
Delle 400 strutture che descrive come “gate” o “cancelli”, che aveva identificato su Google Earth, il Dr. Kennedy ne ha studiate circa 40 dall’elicottero e ha scoperto che le strutture non erano semplicemente mucchi di pietre disposte dal caso.
“Abbiamo potuto vedere immediatamente che erano molto più sofisticati di quanto apparissero su Google Earth“, ha detto il dott. Kennedy. ”Ciascuna barra era in realtà costituita da due file parallele di lastre piatte poste sui bordi, l’una di fronte all’altra con piccole pietre che riempivano lo spazio intermedio”.
Alcuni “cancelli” sono lunghi più di 300 metri e larghi 75m, le pareti sono alte circa 90 cm. Si ipotizza che il più vecchio possa avere circa 9.000 anni. Non si conosce ancora il loro scopo, è stato ipotizzato un utilizzo per scopi agricoli o di caccia.
Dal 1997, il Dr. Kennedy studia sia da terra che dal cielo strutture simili nella vicina Giordania, ma quelli in Arabia Saudita sembravano costruiti meglio, secondo il dottor Kennedy.
Molte delle figure di pietra in entrambi i paesi si trovano in campi di basalto conosciuti come harrat.
In Arabia Saudita, ha esplorato 200 siti dall’alto nelle regioni di Harrat Khaybar e Harrat Uwayrid.
Strutture di varie forme e dimensioni
Le strutture che ha osservato variavano in forme e dimensioni, che descrive come cancelli, aquiloni, triangoli, occhi di bue e buchi della serratura.
Le strutture di massi di basalto più conosciute sono gli “aquiloni“.
Identificati per la prima volta dai piloti aerei negli anni ’20. Ogni struttura sembra l’aquilone di un bambino, completo di corde e lunghe code svolazzanti appiattite bidimensionalmente nel terreno.
Il dottor Kennedy ha confessato di essere rimasto colpito dalla perfezione delle linee dei “triangoli ” dei cosiddetti “buchi di serratura”, come se le persone che li hanno realizzati avessero scelto pietre piatte specifiche piuttosto che rocce casuali.
Ogni triangolo è isoscele e sembra che punti a qualcosa.
A volte le strutture a “buco di serratura” sono allineate insieme. Le teste dei “buchi di serratura” sono quasi sempre cerchi quasi perfetti.
Queste strutture potrebbero aver avuto uno scopo funerario o simbolico.
Il Dr. Kennedy non ha datato nessuna delle strutture che ha visitato con test al radiocarbonio, ma ha detto che i futuri gruppi di ricerca eseguiranno analisi più approfondite.
Gli archeologi non coinvolti nel lavoro lo hanno definito un passo avanti nel mostrare la ricca e complicata preistoria della penisola arabica.
Huw Groucutt, un archeologo dell’Università di Oxford, ha affermato che le nuove immagini sono molto importanti e che possono aiutare a mostrare come le società umane hanno modificato il paesaggio.
“La sfida ora è condurre il lavoro sul campo”, ha aggiunto.
Michael Petraglia, archeologo dell’Istituto Max Planck per la scienza della storia umana, è d’accordo.
“Ciò che è importante ora è proseguire con un’indagine sul terreno e lavori di scavo dettagliati. Altrimenti i siti archeologici sembreranno sempre misteriosi ed enigmatici”, ha detto in una e-mail.
“Ora il compito più grande e più difficile è documentare tali strutture sul campo per esaminarne la funzione” ha aggiunto.
Ce lo auguriamo vivamente, aggiungiamo noi!
Fonte:
https://www.nytimes.com/2017/11/17/science/saudi-arabia-gates.html