Ciò che nei miti si presenta inverosimile, è proprio quello che ci apre la via alla verità. Infatti, quanto più paradossale e straordinario è l’enigma, tanto più pare ammonirci a non affidarci alla nuda parola, ma di affaticarci intorno alla verità riposta.
Flavio Claudio Giuliano
“11.600 anni fa l’isola di Atlantide, posta sull’Oceano Atlantico Settentrionale ed oggi conosciuta come Groenlandia, era come un paradiso terrestre; nella sua immensa pianura centrale, circondata da catene montuose che la proteggevano dagli inverni, gli Atlanti regolavano, grazie a un complesso sistema di canali artificiali, le enormi portate d’acqua che durante l’estate scendevano dai monti e soprattutto dalla calotta polare, situata all’estremo Nord dell’isola in pieno circolo polare artico.
Essi erano grandi navigatori che commerciavano e guerreggiavano con le popolazioni dell’Europa e dell’America, sfruttando la posizione strategica dell’isola tra i due continenti.
La Groenlandia era ricca di pietre preziose, di legname e di animali di tutti i tipi, mentre la pianura riusciva a produrre frutti anche due volte all’anno.
La sua capitale era stata costruita sul cratere ad anelli concentrici di un antico impatto meteoritico, da cui scaturivano sorgenti calde e fredde, in un luogo che si trovava all’imboccatura del fiordo Kangia, nell’unico punto dell’isola in cui la pianura aveva uno sbocco al mare, nella Baia di Disko.
Improvvisamente uno sciame di meteoriti colpì la Terra, impattando principalmente nell’emisfero settentrionale, nel continente Americano e nel suolo della Groenlandia.
Gli impatti colpirono anche il ghiacciaio Laurentide nel Nord del Canada e il ghiacciaio nel Nord della Groenlandia, che si sciolsero immediatamente, il Laurentide versò acqua e fango nell’oceano, mentre le acque del ghiacciaio della Groenlandia, imprigionate dalle catene montuose che circondavano la pianura centrale dell’isola, si riversarono nello spazio di un giorno e di una notte tremenda nell’unico sbocco dove era situata la capitale, che fu sommersa dalle acque che tentavano di defluire nell’oceano.
L’impatto e i vasti incendi che seguirono la catastrofe immisero nell’atmosfera polveri e ceneri che oscurarono i cieli, impedendo per lungo tempo ai raggi del Sole di riscaldare la Terra, la quale precipitò in una sorta di “inverno nucleare” con temperature che scesero di diversi gradi, dando inizio al Dryas recente, che sarebbe durato più di 1000 anni.
Nel frattempo, l’acqua sciolta dal calore dei meteoriti e imprigionata dalle catene montuose non riuscì a defluire tutta nell’oceano e lentamente si congelò; contemporaneamente anche la terra fertile della pianura fu trascinata in mare attraverso il fiordo Kianga, su cui si sarebbe formato il ghiacciaio che ora conosciamo come Sermeq Kujalleq. Inoltre le polveri di cenere scura, i nano diamanti dovuti al calore e le sferule nel corso del tempo precipitarono al suolo, depositandosi in tutto l’emisfero settentrionale, compreso il neonato strato di ghiaccio della Groenlandia, e lì vi sarebbero rimasti imprigionati fino all’arrivo dei nostri studiosi con i loro “carotaggi”, ma il ricordo di questa terra meravigliosa sarebbe rimasto sempre impresso nella memoria dei popoli che ne tramandarono la storia, dapprima attraverso racconti orali e successivamente tramite testi sparsi in ogni parte del mondo!!”
Questa è la conclusione di un lungo viaggio affrontato da Marco Goti nel libro Atlantide mistero svelato – L’isola di Platone nel quale l’autore si affida con fiducia alle parole di Platone, riuscendo, grazie alle sue precise indicazioni ad individuare man mano, attraverso una serie di passi, le varie tappe del viaggio che lo portano ad identificare la Groenlandia come Atlantide.
Egli identifica le Colonne d’Ercole, il punto di partenza per arrivare ad Atlantide, nella regione Gadirica tra l’Irlanda e la Scozia, tra “il piccolo mare” sicuro come un porto e il “vero mare” l’oceano Atlantico, quello pericoloso, anticamente chiamato Cronio. In questo tratto di mare si trova uno dei patrimoni dell’Umanità, inserito nella lista dell’UNESCO nel 1986 con il nome “Selciato del gigante”, formazioni rocciose uniche formate da colonne basaltiche.
Molte leggende sono nate intorno a questo spettacolo naturale dovuto al raffreddamento della lava vulcanica, ma la più diffusa narra la contesa tra un gigante irlandese e un gigante scozzese, uno dei quali avrebbe costruito un selciato di enormi pietre a colonna nel mare per attraversare lo stretto. Infatti il punto di approdo si trova dalla parte opposta, in Scozia, e precisamente nell’isola di Staffa nelle Ebridi, dove è possibile ammirare “la grotta di Fingal” (Staffa viene da una parola di origine Scandinava che vuol dire Pilastro).
L’autore, sempre seguendo le indicazioni di Platone, approda poi ad uno scalo intermedio, l’isola di Thule, “la più settentrionale delle isole britanniche, il limite estremo della terra, là dove il tropico d’estate si confonde con il circolo polare artico dove in estate non vi sono notti, mentre nel solstizio d’inverno non c’è luce diurna“, posta a sei giorni di navigazione dalle colonne d’Ercole, l’Islanda, l’unica isola a nord della Britannia a essere sfiorata dal Circolo Polare artico, dove questo fenomeno inizia a verificarsi. Qui identifica nel fiume Markarfljòt e nell’arcipelago Vestmann, rispettivamente il mitico fiume Eridano, dove Fetonte precipitò dopo essere stato fulminato da Zeus e le isole Eletridi. E di fronte all’Islanda ecco la Groenlandia.
Tutto il percorso è ampiamente documentato e basato su solide argomentazioni, quindi logico e ragionevole.
La sede primordiale degli Atlanti, la Groenlandia, la grande isola nordatlantica posta quasi interamente all’interno del Circolo Polare, soggetta perciò a curiosi fenomeni solari come il “sole di Mezzanotte” che dura sei mesi.
Ma la vera chiave per rileggere in maniera moderna quanto affermato da Platone nel Timeo e nel Crizia, scrive Marco Goti, è il Dryas recente.
Platone nel suo racconto ci informa che Atlantide sprofondò 9.000 anni prima del tempo di Solone a causa di una terribile catastrofe: ciò significa che l’isola sarebbe andata incontro al suo destino all’incirca 11.600 anni fa.
La Groenlandia è la più grande isola del nostro pianeta, attualmente è coperta dai ghiacci, ma intorno all’anno 1.000 fu chiamata dai Vichinghi Greenland ossia Terra Verde per la grande estensione di prati che essi vi trovarono al loro arrivo. Lo stesso avvenne, secondo recenti studi, anche durante l’optimum climatico, il periodo caldo post glaciale, avvenuto intorno a cinquemila e seimila anni fa, quando le favorevoli condizioni climatiche resero il Mar Glaciale Artico sgombro da ghiacci, quindi navigabile, e la terra fiorente.
Un impatto cosmico, coerente con le teorie geologiche, inabissò Atlantide.
La descrizione che Platone fa di Atlantide corrisponde in maniera precisa alla geografia della Groenlandia, ovvero un’isola immensa nell’oceano Atlantico con una pianura altrettanto vasta, circondata da grandi catene montuose che cadono a picco sull’oceano: una sorta di catino ricolmo d’acqua, ora ghiacciata, con il clima decisamente polare e temperature estreme, dove la calotta di ghiaccio raggiunge nell’interno anche tremila metri di spessore. Inoltre tutte le coste dell’isola sono costituite da fiordi scavati dal ghiaccio nel corso dei secoli. Insomma tutt’altro che un paradiso terrestre!
Ma sappiamo, grazie a recenti studi, comparsi anche su “Le Scienze” (nr 188, aprile 1984), che la nostra Terra ha conosciuto diverse era glaciali che si ripetono ad intervalli più o meno regolari, e tra una glaciazione e l’altra, vi sono fasi dette di interglaciazione, in cui è possibile lo sviluppo della flora e della fauna in regioni precedentemente ricoperte da ghiacci.
L’ultima era glaciale è finita 12.000 anni fa. Perché allora la Groenlandia è ghiacciata se l’estremità meridionale si trova alla stessa latitudine della Norvegia, dove durante l’estate si coltiva addirittura la vite?
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica PNAS del Marzo 2012, condotto da sedici ricercatori di varie università, sostiene che vi siano prove geologiche che a provocare il recente Dryas, cioè un periodo breve dal clima arido e freddo avvenuto tra il 12.900 e gli 11.500 anni fa, sarebbe stato un impatto di origine meteoritico.
Possiamo riassumere brevemente gli eventi.
Dopo che circa 18.000 anni fa le calotte polari dell’emisfero settentrionale avevano raggiunto la loro massima estensione iniziò una fase di riscaldamento che causò la progressiva fusione dei ghiacciai. Però tra il 12.900 e gli 11.500 anni fa questa fase fu interrotta da una cometa, un meteorite o uno sciame di meteoriti che entrarono nell’atmosfera impattando con il suolo terrestre presumibilmente, visto le tracce geologiche ritrovate, nell’emisfero settentrionale, l’America settentrionale e parte dell’Europa del Nord andarono letteralmente a fuoco, si ebbero estinzioni di massa, le temperature di abbassarono a causa del fumo, delle polveri e ceneri che oscurarono il cielo impedendo ai raggi del Sole di riscaldare la Terra, iniziò così il Dryas recente, una mini era glaciale che durò più di 1000 anni, poi lentamente il pianeta ricominciò a riscaldarsi e le temperature tornarono miti culminando con l’Optimun climatico post glaciale, e più recentemente con il periodo caldo medioevale.
La mappa di Bowen realizzata nel 1747 dal cartografo e incisore inglese sulla base di resoconti delle esplorazioni effettuate, sta lì a dimostrarci che in tempi certamente recenti la famosa calotta groenlandese, almeno nella parte meridionale, non c’era!
In questa mappa, come possiamo vedere dalla foto, è riportato un canale che taglia trasversalmente la Groenlandia da Nord-ovest a sud-est, ossia dalla Baia di Disko ai fiordi della costa sud-orientale dell’isola, affacciata sullo stretto di Danimarca, davanti all’Islanda.
Questo canale è molto regolare nel suo tracciato e difficilmente può essere considerato di origine naturale, lungo circa 600 km e di larghezza pressoché uniforme.
Identificazione della sede primordiale di Atlantide
Come già prima sottolineato, per fortuna Platone è stato molto preciso nelle sue descrizioni. Un importante indizio è che la Groenlandia corrisponde perfettamente ad una specifica indicazione di Platone. Egli la definisce sempre isola e mai continente, e afferma che essa era più grande della Libia e Asia insieme.
Per comprendere questa anomalia bisogna ricordare che mentre per noi il concetto di grandezza di un territorio si riferisce alla superficie, per gli antichi la grandezza di un’isola si identificava con la lunghezza del suo profilo costiero. Ciò lo vediamo in Diodoro Siculo quando riporta la grandezza della Gran Bretagna, identificandola con il perimetro costiero. Insomma Platone, o meglio la sua fonte, paragona la grandezza del territorio di Atlantide con il perimetro costiero che effettivamente e molto vicino allo sviluppo costiero della Libia (Africa settentrionale da Gibilterra al Sinai) e dell’Asia minore (Palestina, Libano Siria e costa anatolica fino al Bosforo).
Situata proprio di fronte all’Islanda in direzione Ovest /Nord-Ovest, collocata in una posizione extra Europea ” …l’isola dalla quale i navigatori potevano passare da quella parte alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente opposto che costeggiava il vero mare” scrive Platone
Osserviamo la cartina vista dal Polo Nord per renderci immediatamente conto della veridicità di tale affermazione, dall’isola della Groenlandia andando verso ovest, troviamo le isole che corrispondono all’arcipelago Artico Canadese delle Nunavut, che conducono come ciottoli su un fiume, all’altra sponda, l’altro continente, l’America, circondato dal “vero Mare”, l’Oceano.
La pianura e l’isola intera
La Groenlandia è l’isola che mostra straordinarie corrispondenze sia geografiche che geometriche con l’Atlantide descritta da Platone.
Riassumiamo brevemente:
- È una grandissima isola che si trova di fronte alle Colonne d’Ercole
- Da essa si accede passando attraverso altre isole, al continente che circonda “il vero mare”
- Ha una pianura immensa di 190.104 kmq, circondata da catene montuose che cadevano a picco sul mare, da cui si riversavano durante la primavera e quindi il disgelo, da entrambi i versanti, enormi quantitativi d’acqua.
Platone, per fortuna, ci offre una dettagliata descrizione dell’isola, della fertile pianura, della città che sta al centro della pianura, e lo fa riportando le misure esatte, senza possibilità di errori o interpretazioni personali, utilizzando ovviamente il sistema di misurazione in uso a quei tempi, l’antico stadio greco.
La calotta glaciale di cui è ricoperta la Groenlandia non è un problema, oggi, grazie alle moderne tecnologie, è possibile ricostruire la sua geografia al di sotto dei ghiacci.
La Groenlandia effettivamente possiede tutte le caratteristiche indicate dal Crizia: pianura centrale circondata da catene montuose che arrivano fino all’oceano, “cinta in giro da monti discendenti fino a mare” . Sembrerebbe quasi che Platone avesse avuto sotto gli occhi la figura qui sopra.
Questa conformazione, inoltre, è in grado di dare un senso logico al complesso sistema di canali che gli Atlanti realizzarono sia all’interno della pianura stessa, sia lungo il suo perimetro, dove era stato costruito un enorme fossato quadrangolare che “riceveva i corsi d’acqua che scendevano dalle montagne, faceva il giro della pianura, tornava da una parte e dall’altra verso la città e da lì andava a scaricarsi in mare” (Crizia 118d).
Infatti, in quella situazione geografica così particolare, con aree interne che spesso si trovavano anche molto al di sotto del livello del mare, era assolutamente necessario drenare le acque che in primavera scendendo dai monti verso il centro dell’isola, allagavano i territori, specialmente a Nord.
Dunque le straordinarie capacità ingegneristiche che Platone attribuisce agli Atlanti non sono assolutamente un frutto di fantasia, bensì rispondono ad una precisa finalità; inoltre sono perfettamente coerenti con le stupefacenti dimensioni di certi manufatti megalitici che tuttora non cessano di stupirci.
La città
Conosciamo grazie al Crizia, che la particolarissima struttura circolare su cui fu edificata la città di Atlantide, fu progettata dal dio del mare Poseidone. Platone qui ci fa capire che il lavoro di Poseidone fu un’opera sovrumana, insomma degna di un dio e che per i comuni mortali sarebbe stata impossibile da realizzare.
Ricordiamo che per gli antichi i movimenti degli astri, i meteoriti, erano considerati manifestazioni della potenza divina.
A tale scopo riportiamo uno studio del 2005 intitolato “The origin of the Multi-ringered Concentric Morfology of Atlantis Capital and its relations to the Platonic Script” condotto da tre studiosi greci i quali sono riusciti a ricondurre la struttura anelliforme ad una realtà concreta, mettendo in evidenza come le caratteristiche geomorfologiche della capitale di Atlantide, così come descritta dal Crizia, siano in stretta connessione con i processi legati ad un impatto meteoritico.
In particolar modo, al momento dell’urto, la geomorfologia di un ambiente sedimentario costiero con acque poco profonde si adatterebbe in maniera soddisfacente alla descrizione di Platone. Inoltre la pressione dell’onda d’urto avrebbe creato impattiti (rocce alterate o fuse in seguito all’impatto di un meteorite), utilizzate poi per la costruzione della capitale di Atlantide, come ci attestano i colori: infatti nei luoghi d’impatto si possono trovare rocce bianche, nere e rosse, come quelle citate da Platone in Crizia. I discendenti di Platone costruirono con questo materiale il tempio dedicato al loro divino antenato, costruendovi intorno la città.
Dunque Platone con ogni probabilità descrive sotto forma di mito gli effetti di un evento verificatosi in tempi remoti, ossia l’impatto di un piccolo meteorite precipitato su quest’isola che aveva prodotto un cratere centrale di 4,8 km di diametro, circondato da una serie di anelli concentrici che si espandono verso la pianura.
A questo punto avendo constatato che l’apparente fantasiosa struttura anelliforme della città è riconducibile a qualcosa di concreto, Marco Goti ha cominciato a ricercare un sito con caratteristiche simili alle precise indicazioni di Platone, sulla grande isola.
Questo era il luogo: “presso il mare …a distanza di circa cinquanta stadi (8,9km) v’era un monte basso da ogni parte” la collina attorno a cui Poseidone realizza gli anelli concentrici di terra e mare.
Le acque della fossa perimetrale della pianura, provenienti da Nord e da Est, si riversavano nel mare nelle vicinanze della città, collegata al mare da un canale lungo cinquanta stadi ( 8,9 km)
L’unico punto libero da catene montuose, che collegava la pianura con l’oceano, consentendo ai naviganti di allora un agevole accesso verso l’interno, era la Baia di Disko, dove si trova un fiordo chiamato Kangia. Dunque la città di Atlantide dovrebbe trovarsi in questa zona, sepolta sotto la calotta di ghiaccio.
Platone ci descrive una città strutturata ad anelli concentrici con un diametro complessivo paria 4 km e 800 metri; successivamente fu realizzato un canale lungo 9,9 km dall’anello fino al mare e sue canali perimetrali che vanno a gettarsi nei pressi della città.
Ora, osservando con Google Earth la figura qui sopra, proprio nel punto in cui dovrebbe trovarsi la collina, s’intravvede nel ghiaccio una forma circolare che misurata con Google Earth è pari a 4800,64 metri, la stessa misura che Platone attribuisce alla struttura geologica circolare provocata dall’impatto dell’antico meteorite. Le sue coordinate geografiche, ci informa Marco Goti, sono 69°11’54” N, 49°35’10” W.
Fonte:
Tratto liberamente dal libro di Marco Goti: Atlantide: mistero svelato – L’isola di Platone