La Sartiglia, esibizione equestre dalle antiche origini
Su Componidori è colui che durante la Sartiglia diventa per un giorno un semidio intoccabile, è molto più di un cavaliere, è colui a cui viene affidato il potere di essere uomo e donna allo stesso tempo. In groppa al suo cavallo, contro vento e contro la sorte, deve impadronirsi per primo della stella d’acciaio. Lo fa vestito di una camicia di lino bianco preziosamente ricamata, con la maschera che copre il volto, sotto un velo così simile ad un velo da sposa. Ritmi musicali di trombe e tamburi richiamano lontane magie e riti ancestrali.
Il fascino di Su Componidori è ineguagliabile. Osservandolo si ha davvero l’impressione di trovarsi di fronte a un semidio, innanzi a un’entità astratta, sospesa fra cielo e terra, capace però di racchiudere l’immenso potere di entrambi.
I rituali legati al Componidori, non a caso, parlano di trascendenza. La vestizione è uno dei momenti più importanti della manifestazione.
Il capo corsa, uomo o donna che sia, viene investito di un ruolo che nel corso dello svolgimento della Sartiglia lo trasformerà non solo nel signore della corsa, ma anche in un semidio. Caratteristica, quest’ultima, che comporta una serie di rituali densi di sacralità, che vengono sicuramente da molto lontano nel tempo.
La sua figura è sublime e destinata a incarnare un sacerdote della fecondità. Forza, coraggio, abilità e purezza sono le caratteristiche che deve possedere.
Così, accompagnato dal suono delle launeddas, il cavaliere prescelto, ripeto donna o uomo che sia, sale su sa mesita, una sorta di altare sul quale verrà vestito dalle massaieddas (due giovani donne), da quel momento, affinché possa conservare la purezza e la forza necessarie a sfidare la sorte e ottenere la vittoria, il cavaliere non potrà più toccare il suolo. Ha inizio così il lungo e complesso rito della vestizione che lo renderà inavvicinabile e inarrivabile, dal quale nascerà Su Componidori e che terminerà nel momento in cui gli verrà cucita sul volto la maschera androgina di terra cotta, una maschera senza tempo né nome, bianca se appartiene al gremio dei Falegnami o di San Giuseppe, scura se appartiene al gremio di San Giovanni o degli agricoltori.
Una maschera senza tempo né nome, bianca se appartiene al Gremio dei Falegnami o di San Giuseppe, scura se appartiene al Gremio di San Giovanni o degli agricoltori.
Da quel momento, e per tutta la durata della corsa, su Componidori rappresenterà il semidio sceso in terra per donare agli uomini la fortuna e cacciare gli spiriti maligni e affinché possa preservare le sue qualità, tra cui la forza e la purezza, non dovrà toccare il suolo, pena la perdita dei poteri divini!!
Per questo, tra i numerosi gesti che segnano la sua solenne figura nel corso della manifestazione, non solo c’è quello che lo vede sfidare per primo la sorte, cercando di infilzare la stella d’acciaio posta nella via antistante la Cattedrale, nel pieno borgo medievale di Oristano, ma anche quello della benedizione al popolo attraverso Sa Pippia ‘e Maju, il doppio mazzo di pervinche e viole mammole che simboleggiano l’arrivo della primavera, ossia la stagione della semina a cui seguirà il raccolto all’inizio dell’estate.
La maschera del Componidori: ipotesi sulle origini
La maschera del Componidori ricorda la tipologia di maschere utilizzate durante i riti collettivi comuni a diverse culture primitive.
Non a caso, caratteristica primaria delle medesime era la rigidità espressiva rispetto al volto umano, il che ha indotto gli studiosi a ritenere che originariamente rappresentassero il volto dei morti o entità sovrannaturali.
Bronzetto sardo, guerriero di Capestrano, Su Componidori un’entità androgina, sospesa fra cielo e terra, capace di racchiudere l’immenso potere di entrambi
Un primo collegamento tra il mondo ancestrale sardo e il Guerriero di Capestrano risulta evidente immediatamente osservando il cappello, non solo sono entrambi a falda larga, ma sono identici i 5 cerchi incisi nella falda interna: tre chiari e due scuri, solito disegno che appare ovunque nelle incisioni raffiguranti cerchi.
In queste due foto è possibile notare i medesimi cerchi posti sotto la falda del cappello
Anche gli occhi sono molto simili, ma quello che accomuna di più queste due immagini è sicuramente la rigidità espressiva del volto, caratteristiche molto simili le possiamo notare anche nelle statue dei Giganti di Monte Prama ritrovate nei pressi di Oristano.
Fra le discussioni che in letteratura hanno interessato il guerriero di Capestrano, un tema molto caldo è rappresentato sicuramente dalla presenza o assenza di una maschera sul viso e soprattutto sul suo significato.
Testa di un “gigante di Monte Prama”, Oristano, e viso del guerriero di Capestrano, stessa rigidità espressiva rispetto ad un volto umano
Osservando con attenzione il suo volto è evidente un profilo continuo che segna il contorno del viso, messo in rilievo anche durante una fase di restauro, quando il copricapo del guerriero, venne smontato per esigenze di restauro.
In realtà un recente studio basato su un approccio multidisciplinare non invasivo chiamato Progetto ARS – Archeometria e Remote Sensing per la diagnostica delle Sculture Italiche dell’Abruzzo, condotto da G. Adinolfi e dal suo team, ha dimostrato grazie alla macrofotografia che il guerriero di Capestrano indossa una maschera.
Il progetto è ancora alle sue fasi iniziali, ma ha già prodotto i primi incoraggianti risultati:
Dalla documentazione fotografica all’ultravioletto, che sfrutta il range del near UV, è stato possibile innanzi tutto confermare la presenza di una maschera bianca sul volto del guerriero, che risulta ben evidente dall’esposizione agli ultravioletti che solitamente esalta soprattutto i bianchi in particolare il carbonato basico di piombo30: il volto rigido e poco particolareggiato del guerriero è dunque in realtà ascrivibile ad una maschera resa da uno strato pittorico bianco. Dalle immagini risulta evidente come la maschera si fermi sulla fronte e non presenti continuità con il copricapo e segua i bordi laterali del volto, mentre l’incarnato è eseguito con minor quantità di bianco.
Come non collegarlo al capo corsa della Sartiglia Oristanese, che cela sembianze umane, di uomo o di donna, dietro una maschera dai tratti androgeni ed eterei che diventa un semidio.
Osservandolo si ha davvero l’impressione di trovarsi di fronte a un semidio, un’entità astratta, sospesa fra cielo e terra, capace però di racchiudere l’immenso potere di entrambi.
Senza volto, né identità il Componidori avanza fiero in sella al proprio cavallo, benedicendo il popolo della Sartiglia, con sa pippia’e maju: il colorato mazzo di fiori che evoca l’inizio della primavera e dalla nuova stagione di semina…
Questo potrebbe essere il Guerriero di Capestrano?!
La pariglia, un’antica tradizione equestre?
Tra le varie tipologie di bronzetti sardi, di squisita fattura e che non lasciano dubbi sulla ricchezza di cui godette per millenni l’isola, al Museo di Cagliari è esposto un arciere in piedi sul cavallo, intento a scoccare il dardo al galoppo.
La pariglia (sa pariglia in sardo) è una particolare corsa equestre praticata al termine della Sartiglia verso sera, i cavalieri si dirigono in Via Mazzini e si esibiscono in evoluzioni acrobatiche e spericolate in groppa ai cavalli lanciati in una corsa sfrenata solitamente due o tre accostati uno all’altro.
Ancora una volta la presenza in pista di cavalli e cavalieri è annunciata dai rulli dei tamburi e dagli squilli delle trombe.
Apre le serie delle evoluzioni la pariglia de su Componidori. La totale salvaguardia dell’incolumità del capocorsa e del suo importante incarico impediscono alla sua pariglia di compiere evoluzioni. I tre cavalieri compiono il passaggio con i cavalli appaiati guidati dai cavalieri laterali mentre il capo corsa affronta il percorso con le mani sulle spalle dei compagni. Seguono quindi gli spericolati passaggi dei cavalieri che si spingono in spettacolari evoluzioni. L’ultimo passaggio sul percorso è ancora una volta affrontato da su Componidori con la sua pariglia.
La chiusura della corsa è segnata dal passaggio del capocorsa che esegue un’altra Remada, o passaggio di benedizione, questa volta affronterà il percorso con i suoi compagni che a gran galoppo guideranno i cavalli mentre lui riverso sulla groppa del cavallo saluta e benedice la folla con sa pippia de maiu.
Il capocorsa raggiunge quindi la compagine dei cavalieri che salutano il suo arrivo con tripudio di applausi mentre lui continua a benedire e salutare con il suo scettro di mammole e viole.
E ancora una volta non diamo risposte, ma cerchiamo stimoli per ipotesi e discussioni. Join the dots… alla prossima!
Fonti:
https://www.eleonoradangelositoweb.com/2019/02/13/simbologia-componidori-maschera-sartiglia/amp/
Grazie per aver indicato la fonte, è indice di grande professionalità da parte della redazione. Buon lavoro a tutti gli scrittori di L’Arazzo del Tempo