Il seguente articolo costituisce la sintesi di una tesi di laurea magistrale in Archeologia di Valerio Soriani, presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma la Sapienza, e riguarda una particolare categoria di manufatti archeologici dall’aspetto apparentemente semplice, spesso annoverati tra i più problematici per il loro presunto utilizzo e definiti solitamente “bracciali d’arciere”.
Difetto interpretativo
Il plurisecolare problema di questi manufatti preistorici è stato generato per un difetto interpretativo dovuto al posto di ritrovamento e alla forma apparentemente semplice di questi oggetti.
Ulteriori studi, e nuove ipotesi di diversi archeologi, in particolare di fine XIX inizio XX secolo, furono spesso completamente ignorate, generando così, un circolo vizioso orbitante attorno all’ipotesi del “bracciale d’arciere” e creando un dogma archeologico.
Rivelano un progetto ben definito
Questi reperti preistorici, databili dal Neolitico all’inizio dell’età del ferro, sono stati rinvenuti un po’ ovunque in Europa, ma anche in Nord Africa e nel Vicino Oriente, i numeri esigui per territori tanto vasti e la frequente associazione con sepolture singole, farebbero supporre un legame con elementi di spicco della comunità, con particolari credenze/rituali.
Spesso realizzati in pietra, ma anche in osso, dente, madreperla, bronzo o oro, hanno un aspetto apparentemente molto semplice ma preciso, il che permette di scorgervi quasi un progetto nascosto.
Presentano, di solito, poche variazioni formali significative, sono rettangolari o ellittiche, di misura variabile da pochi centimetri a 20 cm, con sezione da biconvessa a rettangolare o concava-convessa. Recano inoltre due o più fori in genere passanti agli angoli, o non passanti lungo il bordo.
Grazie all’introduzione di moderni metodi scientifici, supportati da una vasta ricerca bibliografica e una rigorosa analisi dei reperti messi a disposizione dal Museo Preistorico Etnografico Nazionale “ Luigi Pigorini” di Roma, si è potuta tentare un’interpretazione morfo-funzionale che ha completato i dati lacunosi degli scavi archeologici.
Dagli studi è emerso che l’ipotesi comunemente diffusa in ambito archeologico è stata smentita per la totale incompatibilità della tipologia di tracce.
Misuratori o misure di riferimento
Durante le analisi dei vari reperti sono state riscontrate un ripetersi di misure e di peso dei manufatti, anche fra reperti rinvenuti in siti posti a grande distanza, quasi vi fosse un intento peculiare nel renderli precisi, rispettando un “canone” vigente a quel tempo ed unanimamente accettato, quasi come se gli oggetti, erroneamente definiti “bracciali d’arciere” o “simboli del tiro con l’arco”, fossero in realtà, per lo meno inizialmente, adoperati per misurazioni complesse o calcoli su qualcosa a noi non noto, insomma si sono rivelati dei “misuratori” o “misure di riferimento” comuni a mezzo mondo, quasi come provenissero tutti da un’unica fonte.
Infatti presentano elementi che ne testimoniano un utilizzo differente dal mero tiro con l’arco, per il quale una precisione di realizzazione “maniacale” si sarebbe rivelata inutile.
Si può provare a questo punto ad ipotizzare un legame con osservazioni astronomiche e le costruzioni megalitiche che hanno sicuramente richiesto rilevamenti precisi delle posizioni dei corpi celesti per secoli.
In seguito probabilmente, con il passare del tempo, si perse la capacità di utilizzarli e vennero usati come fibbie o cinghie, come simboli di prestigio.
Brassard di Is Locci Sardegna
La tesi si sofferma particolarmente su questo reperto. Secondo Atzeni (1995), ci informa l’autore dell’articolo sulla rivista Archeomisteri, esso sarebbe di epoca romana, ma in realtà i simboli incisi sul manufatto erano già presenti durante la preistoria e nelle protoscritture vicino-orientali o su reperti neolitici europei, come nei “vinca script” (Gimbutas 2013). Forse si tratta di un oggetto più antico, non più utilizzato, ma conservato a scopo rituale o funerario.
Pedra de Ouro
Particolarmente interessante, al fine di cercare di comprendere il vero utilizzo di questi manufatti, la placchetta di Pedra de Ouro rinvenuta in Portogallo, denominata nella figura come reperto C.
Molto simile al reperto di Is Locci Santus presenta però linee e puntini sui margini, caratteristica che assieme al Sole centrale, porterebbe a ipotizzare ad un calendario Solare.
Insomma segni che fungevano da tacche misuratrici. L’ubicazione stessa dei punti depressi ma non passanti è analoga a quella dei fori non passanti di altri “brassards” analizzati come quella di Fosso Conicchio o di Peschiera del Garda.
Forse la misura a cui servivano i manufatti analizzati era inerente a cicli solari o lunari, oppure alle stelle? Potrebbe essere stato una specie di sestante per misurare l’altezza delle stelle sull’orizzonte?
La ricerca continua, ma una cosa è certa, la conclusione chiara di questa tesi è che è stata appurata una funzione differente da quella imposta senza alcuna prova nel mondo archeologico del secolo scorso. Andrebbe perciò abbandonata la definizione di “Bracciali dell’arciere” simbolo del tiro con l’arco, e potremmo definirli come suggerisce Valerio Soriani, l’autore della tesi di laurea, “misuratori” o almeno ”Placchette litiche forate”, ma soprattutto è imperativo cercare di analizzare concretamente gli oggetti ritrovati con varie tecniche di analisi e nuovi metodi archeologici al fine di formulare ipotesi serie gettando nuova luce sul nostro passato.
Fonte:
Archeomisteri Magazine 5/8/19