Nel 2012 gli archeologi hanno rinvenuto una necropoli egizia presso Dayr al-Barsha. Sfortunatamente gran parte dei contenuti delle tombe erano stati precedentemente saccheggiati da antichi predatori o mangiati dai funghi e dal tempo, ma alcuni dei sarcofagi nascondevano un importantissimo tesoro sapientemente inciso all’interno.
Un’iscrizione su due pannelli di legno recuperati dagli archeologi è un mix di geroglifici e simboli, noti agli antichi egizi come Il Libro delle due Vie.
Un recente studio apparso su Journal of Egyptian Archaeology suggerisce che il testo ritrovato potrebbe anche essere la copia più antica mai scoperta dei testi dei Sarcofagi.
Questa raccolta (nota anche come “Guida alle vie di Rostau“) è il primo esempio di una mappa del mondo sotterraneo. È un chiaro precursore dei successivi Testi egizi, come “l’Amduat” e il “Libro delle Porte“.
Lo studio rileva che l’elemento grafico all’interno di questo sarcofago è unico, ed è stato usato solo per alcune generazioni. A differenza dei successivi testi, infatti, il libro non inizia al tramonto, ma piuttosto all’alba nell’orizzonte orientale con gran parte del viaggio che si svolge nel cielo, i testi successivi dividono l’aldilà in ore o grotte o includono vignette raffiguranti punti di riferimento o eventi specifici.
La tomba contiene iscrizioni che menzionano Djehutinakht I, un antico monarca tra il 21° e il 20° secolo a.C e risalirebbe ad almeno 4.000 anni fa.
Sebbene in precedenza si ritenesse che la bara contenesse un tempo il corpo di Djehutinakht I, lo studio evidenzia che invece apparteneva a una donna di rango sconosciuto chiamata Ankh.
Il Libro delle due Vie
Come detto Il Libro delle due Vie è concepito come una guida che aiuta il defunto a superare i pericoli dell’aldilà, laghi di fuoco, demoni armati di coltelli, per raggiungere il regno di Osiride e la vita eterna.
Le due vie erano sorvegliate da terribili guardiani ed erano separate dal lago di fuoco che appare come una banda rossa.
La prima (blu) era una via d’acqua sulle cui rive sorgevano parecchie località infestate da ostili geni di fuoco che impediscono il passaggio degli indegni. Alcuni guardiani sembrano relativamente avvicinabili (ad es. “La voce triste”, “colui che ha la faccia coperta” e “faccia di cane”) o un po’ scontrosi (“accigliato”, “colui che ha la faccia calda”), ma altri sono chiaramente considerati spaventosi (“colui che ha la faccia terribile”, “mostro”, “colei del coltello”, “Ippopotamo, mugge di potere”).
I testi descrivono le caratteristiche geografiche come città e campi, e le versioni dettagliate hanno anche immagini dei guardiani o dei demoni armati di coltelli e spade. Sulla strada, c’è una breve tregua quando il defunto si ferma nel Campo delle Offerte dove preparano un pasto (o un raccolto) per Osiride.
All’estremità c’è la “Campagna della Felicità”, posta sotto la sovranità di Osiride. Il defunto percorreva questa via con il dio Thot identificandosi poi con lui; questo viaggio si può considerare come una traversata del cielo notturno anche se non vi è traccia di una barca sul corso d’acqua.
La seconda (più scura) era una via di terra, tracciata in nero, una specie di argine tra le distese liquide, il defunto si muove lungo questa via sulla barca solare insieme al dio Ra, al quali poi si assimila; questa è la traversata del cielo diurno.
Il viaggio del defunto ha come meta finale il territorio di Horus l’Anziano. Solo dopo molte curve le due vie si incrociano in quella che è la prima tappa del cammino: Rosetau. Con questo nome si indicava la necropoli dove il defunto entrava in contatto con il mondo sotterraneo posto ad occidente.
All’ingresso, dove le due Vie si incontravano, vi erano alcuni geni detti “mastiu”, cioè accovacciati, che stringevano tra le mani dei serpenti. Durante la notte il defunto, accompagnato da Ra, entrava nel “Castello della Luna”, una sala enorme con una porta monumentale, portando con sé la dea Maat, che qui appariva come Iside, posta a prua della barca notturna.
La terza e ultima parte del “Libro delle due Vie” descriveva il termine del viaggio del morto, il quale doveva navigare attraverso due regioni separate da un muro di tenebre: la prima con quattro porte, la seconda con tre, ciascuna con i propri guardiani. Ad esempio il custode della terza porta della prima sezione viene descritto come “Colui che mangia gli escrementi delle sue parti posteriori”, ma c’è anche l’affascinante “Colui che vive sui Vermi” (la porta centrale della seconda sezione).
La prima sala, a sinistra, era l’ankh purificato, immortale e dio. La sala a destra mostrava Osiride in un’isola con la sua barca: “Colei la cui vita è duratura”; un’altra isola conteneva invece tutte le parti del dio disperse da Seth. Il defunto, superata l’ultima cioè quella centrale, si trovava nel mezzo della sala principale:
Egli è nel territorio della luce ed essendo scomparse le tenebre, perché “ha rischiarato la notte” e reso nuovamente integro Horus, si trova di fronte a Ra.
Qui il signore supremo è Horus l’Anziano, che si identifica con Ra; la barca di Ra-Horus l’Anziano è preceduta da divinità armate di archi e giavellotti, intenti a respingere il serpente Apophis.
Questo episodio simboleggia la lotta finale contro il male.
Il defunto ha la possibilità nel suo viaggio quotidiano di accompagnare Ra (il sole) o Thoth (la luna). L’importanza della luna era dovuta alla posizione geografica di Deir el Bersha, situata proprio di fronte ad Ermopoli, città sacra al dio Thoth.
Fonti:
– https://infinityexplorers.com/map-of-the-underworld
– https://ancientegyptonline.co.uk/booktwoways/
– https://www.anticoegitto.net/2019/05/07/libro-due-vie/