È plausibile che il nostro pianeta sia stato abitato in passato da una specie di umanoidi dalle dimensioni eccezionali?
Sicuramente miti, storie e leggende di un’antica stirpe di umanoidi dalla statura straordinaria, li troviamo nel folklore di quasi tutte le culture, in ogni angolo del pianeta, e tutte ci parlano di giganti costruttori di mura e altre megalitiche strutture in pietra, le cui origini storiche sono ancora oggi poco chiare e avvolte da un’aura di mistero.
Questi giganti, secondo le più antiche mitologie, abitavano la Terra prima della razza umana, vivevano in montagna e successivamente sono stati costantemente in guerra con gli dèi e gli uomini.
Le popolazioni dei giganti – tra Bibbia e archeologia
Il Vecchio Testamento si sofferma innumerevoli volte a descrivere giganti come un gruppo o una etnia ben definita.
Il termine ebraico per specificare giganti è Nephilim, ma in antichità gli stessi nomi d’alcuni popoli potevano essere direttamente associati alla caratteristica dell’alta statura.
È questo il caso degli Amorrei, gli Emim, i Refaim, gli Anakim e gli Zamzummim.
Ecco alcune delle citazioni di giganti nella Bibbia:
C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi.
Genesi 6, 4Screditarono presso gli Israeliti il paese che avevano esplorato, dicendo: «Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo notata è gente di alta statura; vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro».
Numeri 13, 32-33Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiati dicendo: Quella gente è più grande e più alta di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto là perfino dei figli degli Anakiti.
Deuteronomio 1, 28Ascolta, Israele! Oggi tu attraverserai il Giordano per andare a impadronirti di nazioni più grandi e più potenti di te, di città grandi e fortificate fino al cielo, di un popolo grande e alto di statura, dei figli degli Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: Chi mai può resistere ai figli di Anak?
Deuteronomio 9, 1-2Il Signore mi disse: Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché io non ti darò nulla da possedere nel suo paese; infatti ho dato Ar ai figli di Lot, come loro proprietà.
Prima vi abitavano gli Emim: popolo grande, numeroso, alto di statura come gli Anakiti. Erano anch’essi considerati Refaim come gli Anakiti; ma i Moabiti li chiamavano Emim.
Deuteronomio 2, 9-11
Nelle Sacre Scritture vengono nominati, oltre a gruppi organizzati, anche singoli personaggi dalle dimensioni colossali.
L’esempio più chiaro è rintracciabile in Deuteronomio 3:11, dove viene descritto il letto del regnante Og, facendo intendere che fosse alto più di 3 metri. Infatti si dice:
Perché Og, Re di Basan, era rimasto l’unico superstite dei Refaim. Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabba degli Ammoniti? È lungo nove cubiti secondo il cubito di un uomo (NOTA: 1 cubito = 44,45 cm).
La fine del regno di Og viene narrata in Numeri 21, 33-35 ed esistono diverse leggende in ambito ebraico a riguardo: la più inusuale raccolta della furia cieca del regnante, una furia talmente poderosa che spinse il titano a sradicare una montagna con l’intento di uccidere tutti gli israeliti ma che, alla fine, gli si rivelò fatale poiché non riuscì a reggere il peso del monte e venne schiacciato.
Ancor più famoso è l’episodio biblico di Davide contro Golia, narrato in 1 Samuele 17, 4-5:
Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. (2,75 mt) Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo (65 kilogrammi).
Volendo analizzare il tutto da un punto di vista biblico, appare evidente come sia la quantità che la stessa altezza di questi anomali colossi vada lentamente diminuendo dopo il Diluvio Universale.
Un elemento a prova è rintracciabile nell’estratto del Deuteronomio 3:11, appena citato, “era rimasto l’unico superstite dei Refaim“, ove lo scrittore probabilmente intendeva Re Og come l’ultimo superstite d’un gruppo di giganti più grandi rispetto agli altri.
Inoltre si può facilmente notare, comparando l’ultimo gigante menzionato nella Bibbia in 1 Cronache 11:23 con i precedenti, un graduale abbassamento. Questa razza si andava ridimensionando?
Ma l’Antico Testamento non è l’unico libro a testimoniare l’esistenza dei giganti: autori come Plinio (23 – 79), Plutarco (46 – 127) ed Erodoto (484 – 425 a.C.) descrivono energumeni che oscillano tra i 2 ed i 3 metri.
In tutte le mitologie/racconti antichi del pianeta è possibile trovare riferimenti a uomini straordinariamente alti e spesso portatori di cultura e civilizzazione, come ad esempio nella storia pervenutaci dal centro e sud America. Insomma buona parte della cultura umana apparentemente non collegata, condivide il ricordo ancestrale o raffigurazioni come in Grecia o in Egitto di uomini giganteschi,.
Viene da chiederci se si tratti di ricordi mitizzati di grandi personalità, di formidabili guerrieri del passato che venivano rappresentati con proporzioni gerarchiche al fine di renderli ancora più magnificenti aumentandone le dimensioni, o siamo di fronte alle memorie di eventi reali, avvenuti in epoche remote?
La domanda chiave è la seguente:
È possibile che il nostro pianeta sia stato abitato da una razza di umani dalle dimensioni eccezionali.
Perché i giganti?
La paleoantropologia non si è mai dimostrata particolarmente aperta nei confronti dell’idea di una razza estinta di giganti.
La ricerca non è facile a causa di tutte le informazioni frammentarie e poco verificabili, spesso, mescolate con notizie fake. Una cosa è certa, sappiamo dagli studi della paleontologia che la Natura, in varie epoche, ha esplorato diverse volte il gigantismo animale in varie forme, prima con i Dinosauri e successivamente con animali ancora presenti sul nostro pianeta, come l’elefante, l’ippopotamo, la giraffa o la Balenottera Azzurra.
Le ragioni sono molteplici:
- L’animale più è grande più è immune dagli attacchi dei predatori o, come nel caso degli erbivori attuali, arriva più facilmente al raggiungere il fogliame più alto, difficilmente accessibile agli altri animali.
- Un’altra ragione, meno ovvia, è il risparmio energetico; il costo metabolico della locomozione diminuisce con l’aumentare delle dimensioni dell’animale.
- Molto importante inoltre, la massa corporea ha un alto valore isolante, infatti è stato provato che i grandi animali subiscono meno gli effetti delle temperature estreme.
La grossa mole però porta anche svantaggi:
- Si è notato che gli animali di grosse dimensioni vivono in branchi meno numerosi e non riescono a nascondersi come i più piccoli, quindi in caso di cambiamenti climatici repentini, per esempio è più facile che si estinguano.
Tutte queste caratteristiche potrebbero essere applicate anche ad un umanoide di grosse dimensioni.
Per rispondere perciò alla domanda bisogna perciò cercare tracce di ritrovamenti fossili che possano suggerire l’esistenza di una antica specie di ominidi giganti.
Scavi archeologici
Ci sono scoperte, che per motivi non del tutto chiari, vengono archiviate nel dimenticatoio del sapere umano. Eppure, si tratta di ritrovamenti che potrebbero far luce sul passato remoto dell’umanità, ancora così avvolto nella nebbia e con non poche contraddizioni cronologiche.
Uno tra i primi ritrovamenti documentati e riconosciuti fu quello di Castelnau-le-Lez, in Francia, nel 1890. Pubblicati i risultati sulla rivista “La Nature“, gli scienziati riuscirono a datare le ossa all’era Neolitica (12.000 anni fa), stabilendo allo stesso tempo l’altezza dello scheletro in 3,50 metri.
Solo 4 anni più tardi, a Montpellier, furono trovati ulteriori resti la cui altezza superava i 3 metri.
Interessante notare nel periodo che spazia dal 1886 al 1909 la grande quantità d’articoli di giornale intenti a riportare notizie su ritrovamenti anomali ed ossa sproporzionate.
Un trafiletto del Mansfield Daily Shield, datato 1904, riporta il ritrovamento d’uno scheletro il cui cranio “è 6 volte più grande di quello d’un caucasico“.
Tra il 1922 ed il 1929 gli scavi archeologici diretti dal Prof. Ralph Gldiden nel suolo americano hanno portato alla luce numerosi scheletri altri più di 2,20 metri appartenenti a nativi americani, alterando di molto la concezione sui primitivi americani sino ad allora consolidata in ambiti accademici.
Verso la fine degli anni ’50 alcuni scavi condotti sulle rive dell’Eufrate portarono alla scoperta d’una vera e propria necropoli per giganti: sebbene buona parte dei resti venne trafugata – come è avvenuto anche in altre occasioni – il Mt. Blanco Fossil Museum in Texas riuscì a conservare la riproduzione d’un femore e tutt’oggi espone ai visitatori questo particolare reperto.
Nel corso degli ultimi decenni i ritrovamenti concreti sono stati spesso messi in ombra dai numerosi fotomontaggi presenti sul web.
Vi è inoltre la problematica della quantità: non siamo ad oggi certi riguardo il numero preciso di giganti che vagavano sulla terra e le Sacre Scritture ci suggeriscono d’immaginarci un numero relativamente esiguo. Da questo numero esiguo non ci si può di certo aspettare una grande quantità di reperti archeologici.
Se consideriamo in aggiunta la distanza temporale, le possibilità diminuiscono ancor di più.
Giganti in Sardegna
Secondo il giornalista Antonello Lai, in una intervista trasmessa su TCS, la seguitissima emittente regionale sarda andata in onda il 21 febbraio 2019, gli intervistati, non solo avrebbero visto, tanti anni fa, i resti di Scheletri umani lunghi più di 3 METRI, ma hanno raccontato una leggenda locale secondo la quale una popolazione di 10 MILA abitanti con 10 Re e tante dame, sarebbe vissuta su un rilievo collinare circondato dall’acqua nei millenni passati.
Il tutto è stato scoperto nei vari decenni in un luogo chiamato: Pauli Arbarei. Non uno o due testimoni….ma centinaia di abitanti dei vari paesi del medio Campidano.
Molte sono le testimonianze di persone che sostengono di aver visto, in passato, resti di scheletri dalle misure fuori dal comune, fatti in seguito sparire non si sa da chi.
Le tombe dei giganti
In Sardegna sono presenti numerose tombe definite “dei giganti”, imponenti costruzioni a pianta rettangolare absidata, edificate mediante dei monoliti di pietra di grandi dimensioni conficcati nella terra.
Questi particolari sepolcri consistono essenzialmente in una camera funeraria lunga dai 20 ai 30 metri e alta da 2 a 3 metri. In origine l’intera struttura veniva ricoperta da un tumulo somigliante più o meno ad una barca rovesciata. La parte frontale della struttura è delimitata da una sorta di semicerchio, quasi a simboleggiare le corna di un toro, e nelle tombe più antiche, al centro del semicerchio è posizionata una stele alta molte volte fino a 4 metri, finemente scolpita e fornita di una piccola apertura alla base che – si suppone – veniva chiusa da un masso, e tramite la quale si accedeva alla tomba. In quella età pensavano che il toro e la madre natura si accoppiassero per poi dare vita ai defunti nell’aldilà. Nelle vicinanze dell’ingresso veniva eretto un betilo (o betile) a simboleggiare – si pensa – gli dei o gli antenati che vegliavano sui morti.
Cosa rimane dei giganti?
James Vieira, un ricercatore indipendente, per quasi vent’anni, e prima dell’avvento di internet, ha raccolto migliaia di riferimenti giornalistici sui ritrovamenti dei giganti, scavando negli archivi del New York Times, dello Smithsonian Ethnology Reports, dell’American Antiquarian, e dello Scientific American, scoprendo che buona parte di queste scoperte è praticamente nascosta al grande pubblico.
Tra le scoperte notevoli di Vieira, vi è una foto scovata negli archivi dello Smithsonian Ethnology Reports, scattata durante una lezione del prof. McGee, nel quale si vede uno scheletro gigante dalla statura di circa due metri e ottanta, poi venduto alla Smithsonian Institute per la cifra di 500$.
Lo scheletro apparterebbe alla cosiddetta cultura dei Mounds Boulders (letteralmente costruttori di tumuli), un’antica popolazione del Nord America vissuta circa 5 mila anni fa, in un periodo precedente alla storia dell’Antico Egitto e di tutte le sue dinastie.
Secondo i teorici della cospirazione, la Smithsonian Institution acquistò lo scheletro con la volontà di sottrarlo alla conoscenza dell’opinione pubblica, insomma un gigantesco cover up architettato al fine di non “scalfire” la teoria dell’evoluzione: non sarebbe difatti possibile per il darwinismo spiegare un così grande numero di giganti ricorrendo come si fa talvolta, all’anomala condizione del gigantismo.
Il gigantismo per la scienza
Il gigantismo, oggi, è una rara condizione patologica scaturita da una ipersecrezione dell’ormone Somatotropo, l’ormone della crescita, durante l’età dello sviluppo, prima della pubertà. La maggior parte delle volte è provocato da tumori benigni all’ipofisi, la ghiandola responsabile della produzione di questo ormone.
La produzione di tale ormone si stabilizza, normalmente, con la comparsa degli ormoni sessuali, che catalizzano la saldatura delle placche epifisarie, cioè quelle regioni delle ossa che permettono l’accrescimento durante lo sviluppo.
Caratteristica principale del gigantismo è il mantenimento delle proporzioni corporee.
Quando invece l’ipersecrezione dell’ormone della crescita avviene dopo la pubertà, le proporzioni corporee non sono rispettate e in questo caso il gigantismo prende il nome di Acromegalia, cioè crescita delle estremità, che oltre a causare un aumento non proporzionale della statura, porta anche ad una progressiva deformazione delle parti distali delle ossa, essendo impossibile ogni ulteriore incremento in lunghezza. Si sviluppano così lineamenti singolari, ingrossamento delle mani e dei piedi, delle arcate sopraorbitali e della mandibola, accompagnate da gravi problemi cardiocircolatori e scheletrici.
Conoscendo queste poche nozioni è perciò facilmente comprensibile che i giganti delle leggende, descritti come temibili guerrieri o mostri dalla forza prodigiosa, non potevano essere uomini affetti da questa patologia.
Recenti ritrovamenti: “Homo di Denisova”
I Demisoviani rappresentano una specie di ominide di recente scoperta; resti di questi ominidi sono stati scoperti nel 2010 in Siberia e successivamente in Cina al confine con il Tibet.
Datati tra i 70.000 e i 40.000 anni fa, hanno sicuramente condiviso il pianeta per una buona parte del Paleolitico, con la nostra specie e con i Neanderthal. Inoltre, recenti studi apparsi sulla rivista Nature, hanno dimostrato che i Denisova sono una differente specie rispetto all’Homo Sapiens e ai Neanderthal.
È stato individuato il DNA dei Denisova, circa il 4%, nelle popolazioni moderne originarie dalla Cina, Sud- Est Asiatico ed Oceania, questo dimostra che i Denisova si incrociarono con i Sapiens, almeno in quella parte del mondo.
Ma è importante sottolineare, al fine di questo articolo, le dimensioni dei pochi reperti finora trovati:
- una falange
- un paio di molari
- e una parte di mandibola.
Questi ominidi possedevano una struttura fisica decisamente più robusta della nostra e considerando il rapporto diretto tra le dimensioni dei reperti e l’altezza degli individui, gli antropologi hanno dedotto che i Denisoviani fossero molto più alti dell’Homo Sapiens.
La domanda posta all’inizio dell’articolo continua ad affacciarsi alla nostra mente, ora ancora di più…
Fonte:
Studio del Prof. Marco Ragusa, Professore associato di Biologia applicata
Dottorato di Ricerca in Scienze Endocrinologiche (titolo conseguito nel 2007) post-doc all’interno del gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Michele Purrello, in Genomica dei Sistemi complessi. Nel 2008 si è recato alla School of Chemistry di Edimburgo per studiare sistemi di veicolazione degli RNA basati sull’uso di microsfere. Nel 2011 è diventato ricercatore presso il Dip. G.F. Ingrassia, mentre nel 2018 ha assunto il ruolo di Professore Associato presso il BIOMETEC. Dal 2009 insegna “Biologia e Genetica” presso i corsi di laurea di Medicina ed Infermieristica ed è stato coinvolto come docente in numerosi Master Universitari, ed attualmente è membro del Collegio del Dottorato di Ricerca in Sistemi Complessi. La sua attività di ricerca negli ultimi 10 anni si è concentrata sullo studio degli RNA non codificanti nelle patologie umane.