La civiltà della Valle dell’Indo, nota anche come civiltà di Harappa, prosperò dal 2.600 al 1.900 a.C.
Insieme all’antico Egitto e alla Mesopotamia, fu una delle tre prime civiltà del Vecchio Mondo.
L’Impero si estendeva dal Mar Arabico al Gange, su quello che oggi è il Pakistan, l’India e l’Afghanistan.
Al suo apice, la civiltà potrebbe aver avuto una popolazione di oltre 5 milioni, pari al 10% della popolazione mondiale a quel tempo.
Nei suoi insediamenti, i ricercatori hanno scoperto i primi servizi igienici conosciuti al mondo, insieme a pesi di pietra complessi, collane con pietre preziose forate e pietre squisitamente scolpite.
Con le sue imponenti piramidi, l’Antico Egitto può sembrare a molti l’emblema di un’antica civiltà avanzata, ma nuove prove suggeriscono che la civiltà della valle dell’Indo, famosa per le sue città ben pianificate e organizzate, preceda l’Egitto e la Mesopotamia.
Un team di ricercatori dell’Arvey Survey of India (ASI), Institute of Archaeology, Deccan College Pune e IIT Kharagpur, per colmare un vuoto critico nelle informazioni sulla civiltà di Harappa nella valle dell’Indo hanno analizzato frammenti di ceramica e ossa di animali provenienti da Bhirrana, un sito situato nel nord del paese, utilizzando sia metodi di datazione al carbonio che il metodo di luminescenza otticamente stimolata al fine di verificarne la datazione e indagare sui cambiamenti climatici avvenuti quando la civiltà era fiorente e prospera.
“In base ai rilevamenti ottenuti dai reperti proveniente da scavi e livelli diversi, l’insediamento di Bhirrana è stato ritenuto il più antico (più di 9.000 anni) nel subcontinente indiano”, hanno scritto gli esperti sul giornale scientifico Nature’s Journal.
Già considerata una delle più antiche civiltà del mondo, gli esperti ora credono che abbia almeno 8.000 anni, 2.500 anni più di quanto si pensasse in precedenza.
Anindya Sarkar, professore presso il dipartimento di geologia e geofisica dell’IIT Kharagpur, ha dichiarato all’International Business Times: “Il nostro studio riporta l’età indietro fino a 8.000 anni fa e tutto questo avrà importanti implicazioni per l’evoluzione degli insediamenti umani nel sub continente indiano.”
Si pensa che la civiltà si sia diffusa in parti dell’odierno Pakistan e nell’India nord-occidentale nell’età del bronzo e, al suo apice, vi vivevano circa cinque milioni di persone in un milione di miglia quadrate, lungo le cittadelle costruite nei pressi del bacino del fiume Indo.
Città molto sofisticate
La civiltà della valle dell’Indo possedeva notevoli capacità di pianificazione e costruzione di città.
Le città di Harappa e Mohenjo-Daro sono disposte in griglie, che confermano una grande pianificazione. Ogni singola casa aveva accesso ad acqua proveniente da pozzi e le acque reflue venivano dirottate verso scarichi coperti. Questo è forse il primo sistema fognario noto al mondo.
Inoltre erano soddisfatte le esigenze tipiche delle città con edifici municipali, mercati, cantieri navali, granai, magazzini e mura protettive per difendere gli abitanti dalle inondazioni e dagli attacchi.
È interessante notare che, diversamente dall’antico Egitto, ad esempio, non è stata trovata alcuna prova di templi o luoghi, ma l’evidenza suggerisce che ci fosse una gerarchia sociale.
Si pensa che la maggior parte degli abitanti delle città fossero commercianti o artigiani, visto il ritrovamento di abbondanti ceramiche elaborate, perle e oggetti in metallo.
Perché questa civiltà è scomparsa
Nessuno sa ancora perché una così grande civiltà, apparentemente fiorente, sia scomparsa.
Una teoria, emersa nel 2012, ipotizza che i cambiamenti climatici abbiano portato al crollo dell’antica civiltà dell’Indo più di 4.000 anni fa.
Ci sono anche molte altre teorie, tra cui un’invasione ariana, inondazioni catastrofiche, cambiamenti del livello del mare, violenza sociale e diffusione di malattie infettive.
Ma ultimamente un team internazionale guidato da Dorian Fuller, archeologa dell’University of London, ha ipotizzato una nuova teoria, risolvendo anche il lungo dibattito sulla fonte e il destino dei Sarasvati, il fiume sacro della mitologia indù.
In cinque anni un team internazionale ha combinato foto satellitari e dati topografici per creare mappe digitali di formazioni modellate dall’Indo e dai fiumi vicini.
Hanno quindi esplorato il campo perforando, carotando e persino scavando i campioni manualmente, al fine di ottenere informazioni il più possibile precise sugli insediamenti, e tutto ciò ha portato nuove informazioni sul processo di spostamento della popolazione verso est, il cambiamento verso comunità agricole molto più piccole e il declino delle città durante la tarda epoca di Harappa.
Lo studio suggerisce che il declino delle piogge monsoniche ha portato a un indebolimento delle dinamiche fluviali e ha svolto un ruolo critico sia nello sviluppo che nel crollo della cultura dell’Indo.
Prove crescenti suggeriscono che, mentre tra i 9.000 e i 7.000 anni fa, gli antichi facevano affidamento su monsoni regolari per innaffiare i loro raccolti, dopo questo periodo a Bhirrana le persone continuarono a sopravvivere, nonostante i mutamenti delle condizioni meteorologiche, ma cambiarono le loro strategie di sussistenza, passando da una coltura di cereali a grana grossa, come grano e orzo, a specie più resistenti alla siccità, con grani più piccoli, come miglio e riso.
Tuttavia, queste colture hanno rese molto inferiori e il grande sistema organizzato di stoccaggio del periodo maturo di Harappa, potrebbe essere stato poco alla volta abbandonato a favore di un sistema di lavorazione e stoccaggio delle colture più piccolo, basato sui bisogni delle singole famiglie, provocando così, non un abbandono repentino, ma una lenta e inesorabile “disurbanizzazione”, cioè un allontanamento dalle città che prima rappresentavano il fulcro della civiltà della valle dell’Indo.